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Cagliari, Deiola: “Insulti sui social? Difficili da vivere, ho pensato di smettere”

Alessandro Deiola al termine di Cagliari-Milan | Foto Luigi Canu
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Alessandro Deiola è stato il protagonista della prima puntata del nuovo “Podcasteddu“, il podcast ufficiale del Cagliari Calcio: vi riportiamo alcune dichiarazioni del numero 14 rossoblù.

Rifiuto da bambino
“Ho iniziato a giocare a 4 anni. Il calcio è una passione che mi sono sempre portato dietro, giocavo in giardino, in strada. Con gli amici si era formato un gruppo, eravamo una squadra forte e avevamo vinto diversi tornei. Il mio allenatore decise di portarmi a fare il provino al Cagliari. Al tempo si facevano tre provini: ogni volta selezionavano meno bambini, alla fine da 300 bambini ne prendevano 30. Era molto difficile. Io passai i tre provini da difensore, ma facevo anche il centrocampista e l’attaccante. Io però decisi di non andare perché non c’era nessuno che conoscevo, preferivo continuare a giocare con i miei amici. Il mio allenatore diventò una bestia. L’anno dopo, ai provini, portò tutta la squadra (Sangavinese, ndr) tranne me. Grazie ai contatti dell’anno prima, riuscii comunque ad andare ai provini. Alla fine presero me e il portiere della mia squadra. Questa volta accettai e iniziò la mia esperienza.”

Sulla retrocessione del 2022
“Fa tanto male. È stata un’annata molto sfortunata. È un ricordo che brucia perché, per come era andata la stagione, disastrosa, avevamo comunque la possibilità di salvarla all’ultima giornata. Prima della partita era stato chiesto a quelli in panchina di non dirci il risultato, per non condizionarci, metterci ansia o frenesia. Dopo 25 minuti però esce una palla vicino alla nostra panchina, incrocio lo sguardo con una persona e mi dice: ‘La Salernitana perde 3-0’. Quando siamo rientrati nello spogliatoio ci siamo detti di crederci, che dipendeva solo da noi. Ma le gambe non rispondevano, gli episodi non ci venivano a favore. Una partita molto strana, dove puoi stare due giorni a tirare in porta ma non segni neanche se si toglie il portiere e tiri con le mani. Era stregata e alla fine ci siamo rassegnati. Ho pianto per una settimana, la sofferenza è stata tanta. In battello, per tornare dallo stadio, tutti piangevano, non si sentiva il minimo rumore.”

Su Bari e Ranieri
“Quella notte è stata il momento opposto alla tragedia dell’anno prima. Anche quella stagione non era stata semplicissima, avevamo fatto un girone d’andata discreto ma non eravamo neanche in zona playoff. Poi abbiamo fatto una cavalcata incredibile. Ci sono tanti aneddoti che hanno portato al risultato finale. Io avevo già vissuto una promozione a Bari, e in quella settimana pensavo ‘Pensa un po’ il destino dove mi ha portato, mi gioco la Serie A di nuovo a Bari’. La sera prima della partita, tra di noi si respirava un clima di festa. Nella riunione iniziammo a giocare al gioco del soldato, poi dissi a tutti che dipendeva solo da noi e che dovevamo andare a prenderci quel risultato. Lo stadio (il San Nicola, ndr) era incredibile, raramente ho trovato stadi simili anche in Serie A. Mister Ranieri, con una tranquillità disarmante, ci disse: ‘State tranquilli, più la portiamo avanti più va a favore nostro. Non preoccupatevi, se all’80’ siamo 0-0 ci penso io’. Nel tunnel, prima di entrare, l’arbitro ci disse che c’erano 5 minuti di ritardo. Noi eravamo tranquilli, pensavamo a quello che dovevamo fare in campo, mentre loro (i giocatori del Bari, ndr) erano molto tesi, molto nervosi. Nel primo tempo, Caprile fece due miracoli. Nel secondo tempo loro iniziarono a spingere e c’era un’atmosfera surreale. All’87’ tutti cantavano alla Serie A. Poi iniziò a piovere. Quando Pavoletti segnò, guardai i loro tifosi e vidi che erano diventati neri. Tutta l’aria di festa era sparita, si sentivano solo i nostri tifosi. Nessuno ci credeva, tranne noi e Ranieri. I playoff sono stati incredibili. La semifinale d’andata con il Parma ci ha permesso di avere lo slancio finale per andare in Serie A.”

Critiche
“È sempre stato difficile viverci, ho anche pensato di smettere. Pensavo di non meritarmelo per quello che avevo fatto in campo. Ci sono state partite dove mi sono chiuso in uno stanzino a piangere. Fa male pensare che stai cercando di dare tutto e questo non viene percepito da fuori. L’errore tecnico succede, alla prossima azione ci riprovi. Ma ci sono tante dinamiche che possono variare. In campo la partita si vive in verticale, non in orizzontale. Ci sono tante cose che da fuori non si vedono. Sui social tante persone non si limitano più a commentare solo l’aspetto tecnico o tattico. Quando inizi a leggere insulti alla famiglia, o ti augurano di farti male o morire, capisci che quello è odio. Io non leggo più nulla. Mia moglie mi ha aiutato tanto a superare le critiche sui social. Quella non è più una critica costruttiva, è solo odio. Anche noi calciatori abbiamo sentimenti, non siamo supereroi. Noi calciatori siamo persone come tutte le altre. Spesso chi insulta poi ci chiede la foto o l’autografo. Vedere però il genitore, che il giorno prima ti ha insultato, avvicinarsi con il figlio per una foto e poi vedere il piccolo andare via felice, per noi è motivo di orgoglio. Abbiamo sempre bisogno del sostegno, ci aiuta la positività. Se al primo errore sentiamo fischi e insulti poi arrivano le difficoltà.”

La Redazione

 

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