Fabio Aru ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport all’indomani dell’ufficialità della firma con la sua nuova squadra, la Qhubeka-ASSOS.
“Io finito? A me ciò che pensano gli altri non interessa. Già al primo Giro d’Italia mi davano per finito. La mia bussola è dare il massimo in quello che faccio. Ma troppo spesso si guarda il risultato e basta, senza andare a capire quello che c’è dietro. Ci sono errori, miei ma non solo, problemi fisici, tempi di recupero affrettati”
“Il ritiro al Tour? Avrei dovuto essere capace di andare oltre la situazione emotiva dopo la morte di nonno Antonio. Lo ammetto e le dico che mi vergogno di quello che è successo. Non basta un solo evento in anni di carriera per mettere la discussione la professionalità. Capisco che Gianetti o Matxin siano rimasti delusi, ma non le accuse a caldo di Saronni: le sue sono state parole dette solo per fare male. Non ne sapeva niente. Chi mi giudica da quella giornata non capisce nulla di ciclismo. La figuraccia l’ho fatta io”.
“Ritiro? A volte c’è stato un accanimento esagerato nei miei confronti, ho fatto i miei errori quando va male va accentuato tutto. Mi fanno anche i conti in tasca, lo trovo squallido. Resto il Fabio di sempre, umile e generoso. Futuro? Sarà la strada a parlare per me, vivrò questa esperienza con tranquillità e spensieratezza”
La Redazione