L’ex dirigente di Cagliari Calcio (con Cellino) e Cus Cagliari (basket femminile) ai nostri microfoni.
La vita nel Cagliari Calcio, quella nel Cus Cagliari, la brutta vicenda Is Arenas e il rapporto con Massimo Cellino, ma anche un occhio al club rossoblù di oggi, alla vicenda stadio e al calcio dei giorni nostri. La chiacchierata con Marcello Vasapollo, personaggio certamente importante nella vita (sportiva e non) del capoluogo isolano, scorre via serena tra molti temi, con lo sguardo tridimensionale su passato, presente e futuro.
Che esperienza fu quella nel mondo cestistico? “Assolutamente positiva. A parte il forte legame e i ricordi da atleta (calciatore, dove ha partecipato anche al Mondiale universitario), penso che con il Cus sia stato un successo arrivare e mantenere la Serie A1 femminile, livello che oggi è lontano anni luce”.
L’ex presidente cussino Adriano Rossi nel cuore (“Una figura fondamentale per la società e per la mia storia di dirigente, cestistico e calcistico”) e pochi rimpianti: “C’è tanto orgoglio per quanto fatto con molti amici e persone competenti, vedere il basket femminile sardo in questo stato dispiace, ma è frutto dello scarso interesse generale (cosa che vale anche per la Cagliari Dinamo Academy, aggiunge), oltre che dell’assenza di fondi privati e pubblici”. E chissà che il capitolo basket non possa riaprirsi… “Mai dire mai, anche se nell’immediato è difficile. Il Cus Cagliari ha 80 soci e ogni 4 anni vengono fatte le elezioni – spiega – Nelle ultime il mio gruppo non è riuscito ad essere rieletto al vertice, ma della questione se ne riparlerà in futuro”.
Vasapollo è stato anche ai vertici del Cagliari Calcio. Un’epopea legata a Massimo Cellino che ha avuti risvolti positivi, negativi, esaltanti e anche tragici. “Ci sono stati momenti bellissimi, penso al gol di Daniele Conti contro il Napoli, quando nel 2008 iniziò la cavalcata salvezza con Ballardini in panchina. Ho un rapporto speciale con la vecchia guardia rossoblù, che secondo me è stato il segreto dei successi di quel periodo”. Con una precisazione: “Mi vanto di non essere mai retrocesso…”, afferma col sorriso.
Per lui che lavora nel settore edilizio, parlare di stadio e impiantistica sportiva è pane quotidiano. “Conosco personalmente l’architetto milanese a capo del progetto, devo dire che da spettatore e tifoso esterno non mi ha colpito particolarmente l’idea che si è vista sinora. Il nuovo stadio sarebbe un vettore importante per il club e per la città, speriamo di averlo pronto in tempi brevi. La Sardegna Arena non può bastare per una piazza come la nostra”. Is Arenas (“Quello che oggi è la Sardegna Arena“, precisa con un pizzico di amarezza mista ad orgoglio) fu vicenda davvero tremenda. “Essere coinvolti in vicende penali (abuso edilizio, nda) non è mai bello, per usare un eufemismo, dico solo che noi volevamo il meglio per la società e i tifosi, e in principio notammo una generale disponibilità a portare avanti l’iter, poi è finita come tutti sappiamo”.
Meglio, allora parlare di campo. “I vari Conti, Agostini, Cossu, Lopez erano l’asse portante in quegli anni. Mi piace, però, ricordare la trattativa che portò da noi Antonio Chimenti (decisivo per due salvezze nel 2006 e nel 2007, nda), perché ero suo amico da prima e ci misi una buona parola”. Che tipo era Cellino sul mercato? “Era restio ai giovani in prestito, non voleva valorizzare i calciatori di altri; eravamo amici già prima che entrassi nell’organigramma, ci sapeva fare a 360 gradi, a cominciare da gestione degli stipendi e dell’età media della rosa”.
Nessun dubbio sulle cose positive e negative sul Cagliari odierno. “Mi piace il cambio di passo nel settore marketing e dei media, c’è sicuramente un maggiore appeal e una visibilità più rilevante, cosa che ai tempi di Cellino, anche per il suo carattere particolare, era più complicata. Mi piacerebbe vedere una squadra più giovane, in linea con la tendenza del calcio di oggi, e più progettualità. Secondo me in passato lo scouting era migliore e più fruttuoso, pensiamo al lavoro di Matteoli o al valore di Barella che viene certamente dalla precedente gestione”.
La chiusura è dedicata al momento generale del pallone italico. “La Juventus fa la differenza con lungimiranza sul piano tecnico e aziendale, e torniamo al tema stadio… Una decina d’anni fa eravamo più accreditati a livello internazionale, e l’orizzonte mi sembra lasci intravedere un allargamento della forbice tra bianconeri e resto d’Italia. Bisognerebbe arrivare sui livelli del calcio spagnolo, quello inglese mi pare troppo lontano. La polemica Napoli-Frosinone? Sono d’accordo con De Laurentiis; le clausole di salvataggio per le squadre retrocesse non aumentano la competitività dei campionati”.
Edoardo Ladu