Un tempo isola felice, oggi semplicemente isola. In senso letterale, il Cagliari società e il Cagliari squadra sono rimasti soli in mezzo alla tempesta. Una terra, un popolo, una squadra recita il messaggio ben in mostra alla Unipol Domus e grido di battaglia del club di Tommaso Giulini. Tre elementi che non erano mai stati così lontani come oggi, la terra e il popolo che hanno voltato le spalle alla squadra e la squadra che, parole del suo capitano, non sembra aver intenzione di fare buon viso a cattivo gioco.
Crollo di consensi
Le presenze allo stadio che diminuiscono di partita in partita e non solo per il blasone inferiore dell’avversario di turno, anzi. Il pubblico nella sua interezza che intona cori contro Fabio Liverani, invitandolo senza troppi giri di parole alle dimissioni. I fischi alle prime avvisaglie di difficoltà, verso i singoli e verso la squadra. L’esultanza contenuta ai gol di Pavoletti, Lapadula e ancora Pavoletti, fino a un’esplosione di gioia che non arriva in seguito ai tre punti raggiunti all’ottavo tentativo negli ultimi due mesi, seconda volta nelle ultime dodici gare. Tutti segnali chiari e inequivocabili di una rottura difficile da riparare, dopo mesi nei quali la retrocessione di Venezia aveva lasciato un segno indelebile e messo con le spalle al muro il presidente Giulini di fronte a sempre più tifosi. Non solo la parte della tifoseria organizzata, assente per 90 minuti ma per motivazioni diverse da quelle strettamente di campo, ma un intero stadio che volta le spalle a squadra e allenatore, con quest’ultimo in testa alla lista dei colpevoli. Un’atmosfera surreale che non si viveva da anni a Cagliari, andando indietro con la memoria da quel Cagliari-Napoli zero a tre che rappresentò il secondo e definitivo addio di Zdenek Zeman alla Sardegna. Ma, in quel caso, il Boemo fu contestato con cori dalla curva, ma senza che lo stadio intero andasse subito a braccetto. Al contrario Fabio Liverani ha dovuto ascoltare per lunghi tratti il suo nome e non per esaltarne le qualità, tutt’altro. E la contestazione non sembra risparmiare nessuno, dalla società al tecnico, dai giocatori ai dirigenti. Scorie che arrivano dal confronto di Terni, scorie che sono diventate enormi nel corso della sfida contro il Perugia.
Botta e risposta
Come da proverbio, a tirarla troppo la corda alla fine si spezza. Anni di delusioni, anni di scelte azzardate e proclami al vento, la Serie B arrivata nel modo ormai noto, una prima parte di stagione che definire imbarazzante non può essere considerato eccessivo. E così dagli e dagli anche i più sereni tra i tifosi sembrano aver perso la pazienza. Chi paga, per andare allo stadio o per vedere le partite alla televisione, ha il sacrosanto diritto di critica. Anche aspra, pesante, senza offese ma ferma. E così è stato durante la sfida contro il Perugia ultimo in classifica alla Unipol Domus. Non è scontato ribadirlo, perché le parole di Leonardo Pavoletti, capitano rossoblù, dopo la vittoria contro gli umbri segnano uno strappo inatteso. Non le classiche frasi di circostanza, i fischi da trasformare in applausi o la comprensione totale verso gli spettatori e tifosi. Tutt’altro. Un contrattacco che rilancia la palla nel campo avverso, che in teoria dovrebbe essere amico e al contrario è diventato amico sì, ma fuoco. “Siamo al livello che non va più nemmeno bene vincere. Io non do colpe al pubblico, ma dopo una vittoria trovare dei tifosi che mi fanno dei gestacci perché festeggio è un po’ troppo. Non me lo aspettavo da Cagliari”. Parole forti, che sicuramente lasceranno un segno altrettanto forte e che, difficilmente, porteranno a una pace e tantomeno a una tregua armata. Certo, una parte dei supporter rossoblù ha comunque atteso i calciatori all’uscita dallo stadio per autografi e incitamenti, ma la maggioranza non sembra avere alcuna intenzione di deporre l’ascia di guerra.
Notte di pensieri?
Resta da capire se potranno bastare i risultati a ricucire lo strappo. La vittoria contro il Perugia farebbe dire che no, non basteranno. Perché la contestazione, i fischi, le rimostranze – parola di Pavoletti – non sono mancate nemmeno dopo i tre punti di oggi. Che, va detto, sono arrivati con la solita prestazione in chiaroscuro e di fronte a una squadra tutt’altro che irreprensibile, peraltro soffrendo fino all’ultimo minuto. E così le due giornate che mancano prima della sosta diventano ancora più importanti per il futuro di Liverani, sempre che la deadline del 26 dicembre – sfida contro il Cosenza – non venga anticipata dopo gli eventi odierni. Perché, in fondo, una contestazione di tale portata non può essere passata inosservata nemmeno al presidente Giulini, presente allo stadio e che su certe dinamiche una certa attenzione non l’ha fatta mai mancare. In un periodo storico che rappresenta il punto più basso del rapporto con la piazza, punto che si abbassa ogni giorno ancora di più. La necessità di una svolta, anche dal punto di vista del marketing sportivo, potrebbe essere non più rimandabile. Per recuperare il pubblico e anche riguadagnare posizioni sul campo.
Matteo Zizola