Fabio Liverani resta in sella. Nonostante una sola vittoria nelle ultime otto gare di campionato, nonostante il decimo posto in classifica del suo Cagliari, nonostante una media punti nelle prime tredici giornate di Serie B pari a 1,31 a partita, frutto di 4 vittorie, 5 pareggi e 4 sconfitte.
Avanti
I rossoblù navigano a identica distanza dalla zona playoff e da quella playout. Una situazione che, a prescindere dall’obiettivo finale, non può essere quella attesa. Perché che il traguardo prefissato fosse quello della promozione diretta o del miglior piazzamento possibile nella griglia playoff, di certo diventa difficile credere che il decimo posto sia in linea con le aspettative. Eppure nessun cambio al timone, Liverani saldo alla guida della squadra e la sosta come occasione per provare a lavorare sulle difficoltà. D’altronde il presidente Tommaso Giulini ha scelto in prima persona l’ex tecnico di Lecce e Parma, lasciando fuori dai giochi i due in cima alla lista dell’ex direttore sportivo Stefano Capozucca, ovvero Filippo Inzaghi e Daniele De Rossi. E questa può essere la prima ragione dietro la conferma di Liverani in panchina, per non sconfessare un progetto partito in estate e comunque ancora lontano dall’essere realtà. Dopo il pareggio contro il Pisa, terzo consecutivo, l’incontro tra Giulini e il tecnico ha portato alla decisione di proseguire insieme. Il patron probabilmente convinto dalle parole dell’allenatore, sullo sfondo l’idea nemmeno tanto velata che la promozione sia sì obiettivo concreto, ma non conditio sine qua non(a oggi) per valutarne l’operato.
Tic toc
Tempo, parola chiave nelle conferenze stampa del tecnico rossoblù. Quello che manca da qui alla fine del campionato, quantificabile in 25 partite ancora da giocare e una distanza dal secondo posto ampia ma non incolmabile. O, se l’obiettivo si chiama playoff, di soli tre punti dall’ottavo posto, ultimo valido per provare il salto nella post-season. Tempo che è anche quello che serve per ritrovare alcuni giocatori fondamentali lontani dalla condizione ideale in questo inizio di stagione. Da Rog a Nández, da Falco a Mancosu, passando per Lapadula e Viola. Tutti elementi portanti di una squadra che ha faticato e non poco sia dal punto di vista fisico che mentale. La crescita del centravanti è diventata così la risposta positiva alle ragioni di Liverani, come a dire che, con un po’ di pazienza, tutti i nodi verranno al pettine per poi essere sciolti positivamente. I risultati da una parte, l’interpretazione degli stessi dall’altra. Perché negare le criticità sarebbe ingiusto, ma altrettanto lo è non affrontare la situazione per quello che è. Negativa, senza se e senza ma.
Stabilità
I ma, appunto. Non pochi, nonostante sia sotto gli occhi di tutti che il Cagliari faccia fatica a sviluppare proprio i dettami del suo tecnico. Dalla costruzione dal basso al possesso palla, dalla solidità difensiva attraverso il controllo del gioco a una fase offensiva tutt’altro che spumeggiante. Eppure, in qualche modo, il presidente Giulini deve aver visto nei rossoblù di queste prime tredici giornate alcuni segnali che inducono all’ottimismo. Perché mettendo da parte l’idea di una conferma prettamente economica – leggasi non voler pagare un altro stipendio a un nuovo allenatore – o quella di una rosa di sostituti che non danno garanzie, Liverani deve aver toccato le corde giuste per garantirsi la permanenza in Sardegna, nonostante la sosta spesso porti ad altre decisioni. Più fortunato di Rolando Maran, esonerato dopo 11 partite senza vittoria tra la fine del 2019 e marzo 2020, più fortunato di Eusebio Di Francesco, quindici punti in 23 partite nel 2020-21, senza contare Leonardo Semplici, sacrificato dopo tre giornate con un pareggio e due sconfitte e dopo un’estate che portò a una conferma tutt’altro che convinta. Si parlava di Serie A e non di cadetteria, altro mondo, e non si può dimenticare che il Cagliari di questa stagione arriva da una retrocessione che ha lasciato strascichi non di poco conto, situazione tutt’altro che facile per chi arriva con il compito di ricostruire su macerie.
Loco dixit
“Le valutazioni non devono essere fatte in funzione di ciò che si ottiene, ma in funzione di ciò che si merita. Quando si valuta solamente in base a ciò che si è ottenuto senza averlo meritato, si corre il rischio di interpretare erroneamente il lavoro realizzato. Se non si valutano i meriti, allora, non c’è niente di cui parlare, perché i numeri lo fanno da soli”. Chissà se Tommaso Giulini avrà preso in prestito le parole di Marcelo Bielsa per il suo personale giudizio sull’operato di Fabio Liverani. D’altronde è vero che il Cagliari non ha brillato, ma è anche vero che gli episodi non sono spesso andati a favore dei rossoblù nelle singole partite. E che i demeriti, pur se superiori ai meriti, sono stati pagati forse oltremodo. E anche i giocatori con le loro mancanze, giustificate o meno, non possono essere esenti da colpe. Giocatori che in certi casi sono arrivati su richiesta del tecnico, ma che per la maggior parte sono in rossoblù perché già presenti da prima dell’avvento di Liverani o perché scelti direttamente dalla società. Certo, c’è anche l’altro lato della medaglia se pensiamo sempre al Loco Bielsa. “La colpa nel giocare male è presentata come una responsabilità del giocatore. Questo però è una grande ingiustizia, perché è l’allenatore che è responsabile di far mostrare a ogni calciatore il meglio di sé“. Ed è tutto qui il filo rosso che lega il passato, il presente e il futuro di Liverani. Gli alibi hanno le loro ragioni, ma le colpe non sono da meno. Dimenticare i primi e superare le seconde deve essere l’obiettivo per far sì che la fiducia riposta sia guadagnata sul campo. Non solo con i risultati, ma anche e soprattutto con prestazioni che diano segnali di miglioramenti sostanziali.
Matteo Zizola