Come gioca il Cagliari? Una domanda la cui risposta non è nello schieramento tattico, quanto nei principi di Claudio Ranieri. Il tecnico rossoblù ha confermato una squadra che non si basa sui numeri, con la difesa a tre utilizzata quanto quella a quattro, i due centrali di centrocampo più i due esterni quanto la linea a cinque, le due punte a volte diventate tre – attacco leggero contro il Torino, ad esempio. Cambi tra gara e gara e all’interno degli stessi novanta minuti, utilizzo quasi totale della rosa a disposizione, giocatori sfruttati in diversi ruoli. Dopo quattro gare, a prescindere dallo schema scelto, sembrano invece più chiari i principi di base del Cagliari di Ranieri, con i dati della Lega Serie A che aiutano a confermare le sensazioni date dal campo.
Dettami
Sir Claudio lo ha dichiarato più volte sia dal ritorno in Sardegna che durante l’arco di tutta la sua carriera. Il possesso palla non è l’arma scelta, puntare più a un calcio fatto di transizioni rapide, verticale, diretto la filosofia da portare avanti. Non è dunque una sorpresa il penultimo posto nella speciale graduatoria del possesso, con il solo Genoa alle spalle dei rossoblù con 19,03 minuti contro i 21,03 di Pavoletti e compagni. In testa, per dare un’idea dell’enorme differenza, il Napoli di Garcia con una media di 35,13 minuti a partita. Non è nemmeno un caso che il numero di chilometri percorsi per 90 minuti sia inversamente proporzionale a quello del possesso palla. Il Cagliari, infatti, tende a “inseguire” più che comandare, con la logica conseguenza di una maggiore corsa rispetto agli avversari. I rossoblù sono quarti in questa speciale classifica con quasi 113 chilometri percorsi a partita, con Makoumbou quarto in quella individuale con una media di 12,2 chilometri a gara. Il franco-congolese è secondo nella graduatoria dei recuperi con 33, al primo posto Dossena con 37. Non solo nel Cagliari, ma in tutta la Serie A, a conferma di un Ranieri che punta sul recupero palla per poi agire con ripartenze rapide. Non un calcio difensivo, i zero gol subiti in due delle quattro giornate arrivano più per la compattezza delle linee e per l’attenzione degli interpreti che per un atteggiamento improntato al prima non prenderle. Seppur il vero nodo dei rossoblù resta comunque l’attacco, con dati che confermano le difficoltà in fase offensiva.
Nodo
L’assenza di continuità dei singoli, tra infortuni e condizione da ritrovare, è una delle spiegazioni per l’unico gol segnato in quattro giornate, quello di Luvumbo contro il Bologna. Due punti arrivati con due pareggi per 0-0, segnale inequivocabile di elementi da correggere. Una rete come la Salernitana, solo l’Empoli ha fatto peggio nella fase iniziale del campionato. Un Cagliari che tira poco – 37 totali, terz’ultimo davanti ai soli Verona e Genoa e appaiato alla Salernitana – e che come conseguenza guadagna pochi calci d’angolo – 13 come il Milan, quart’ultimi nella graduatoria. Un problema che la sfida contro l’Udinese ha confermato, pur se rispetto alle precedenti uscite a mancare non è stata il creare opportunità, quanto il convertirle in gol. Le quattro occasioni di Deiola, il colpo di testa di Dossena, il palo di Luvumbo, quella potenziale con Shomurodov: tutte situazioni che hanno dimostrato una crescita sostanziale nella fase offensiva, attraverso sia le transizioni rapide che i cross dalle fasce. Esempi del primo caso il pallone recuperato da Wieteska al limite dell’area avversaria che ha portato al legno colpito dal numero 77 angolano, oltre allo strappo di Shomurodov che è poi mancato soltanto al momento della scelta finale. Del secondo le due occasioni di testa per Deiola, oltre ai tanti cross messi dentro da Augello e Zappa.
Futuro
Il dubbio dunque è quanto il Cagliari voglia spingere sulle transizioni rapide attraverso la palla a terra in verticale e quanto, invece, voglia puntare sui cross dalle corsie. A fare la differenza sembrano essere due fattori: l’avversario e la carenza di centravanti di ruolo. La disposizione a specchio vista contro l’Udinese sembra portare a una squadra rossoblù più propensa al gioco diretto, sfruttando sia il trio di centrocampisti con su tutti Prati, sia la presenza di Luvumbo davanti più che quella di Pavoletti per i cross. Il livornese ha infatti svolto un ruolo da regista offensivo, sponde che hanno prodotto risultati opposti tra errori in appoggio e altre più funzionali. E così contro l’Atalanta potrebbe vedersi lo stesso canovaccio, con Gasperini e il suo 3-4-2-1 che porterebbe a un Cagliari simile a quello visto contro l’Udinese per principi di gioco. Diverso il discorso qualora Ranieri dovesse recuperare Petagna e scegliere l’attacco pesante e, magari, il 4-4-2 pensato a inizio stagione. A quel punto con due esterni per fascia e due centravanti abili nel gioco aereo i rossoblù giocoforza punterebbero alla soluzione dalle fasce piuttosto che alle percussioni dirette centrali. Con tanti cross per le due punte, ma anche il rischio dell’inferiorità in mezzo al campo. Oltre al dubbio su Luvumbo, a oggi il più efficace nella metà avversaria. Il calendario non dà tregua e accelerare nell’apprendimento della filosofia di Ranieri – e nel recupero degli assenti – darà soluzioni diverse e utilizzabili a seconda dell’avversario di turno, cercando piano piano di portare il Cagliari dall’essere altrista al diventare maggiormente noista, ossia avere una propria idea che si modelli sì anche su chi c’è di fronte, ma senza perdere di vista i propri principi. Intravisti contro l’Udinese, ma da confermare nelle quattro sfide terribili che aspettano Nández e compagni. Dall’Atalanta fuori alla Roma in casa, passando per la visita del Milan alla Unipol Domus e la trasferta di Firenze, un poker complesso ma che potrà dare risposte importanti a Ranieri.
Matteo Zizola