La discussione sulle tempistiche per la costruzione del nuovo impianto sportivo cittadino è stata inevitabilmente influenzata dall’emergenza Covid-19. Ma cosa ci si deve aspettare nelle prossime settimane?
Parlare di nuovo stadio del Cagliari rischia da anni – almeno quattro, per restare all’era Giulini – di diventare un mero esercizio stilistico. Qualcuno, tra cui i tifosi-lettori-cittadini più caustici, si è spinto a usare la sempre scomoda metafora della barzelletta. Sicuramente, al di là di ogni valutazione soggettiva, il tema è spinoso perché complesso, interessato da dicembre 2015 da una marea di stravolgimenti che fisiologicamente hanno fatto perdere l’orientamento, l’entusiasmo e forse anche l’interesse. Appare inutile tornare su cronistorie che oggi lasciano il tempo che trovano, e chi segue il nostro progetto editoriale può facilmente ricordare e ritrovare in archivio: è più produttivo provare a concentrarci sull’attualità e sugli scenari (teoricamente) dietro l’angolo. L’assist lo hanno fornito di recente e a più riprese i vertici della società rossoblù, prima il patron Giulini e poi il dg Passetti. Non serviva la loro sottolineatura, comunque decisiva, per considerare il progetto stadio (nuovo) di nuovo in bilico, ammesso che sia mai stato davvero solido. In un momento dove i soldi sono più rari dell’acqua nel deserto, a livello privato come pubblico, e le priorità ben altre, non stupisce che tutto sia tornato in discussione.
Le ultime dichiarazioni sull’argomento
“Pianificare ulteriori spazi commerciali ora non sarebbe stato né strategico né opportuno. Siamo in un momento in cui i commercianti ripartiranno con grande fatica e bisogna tenerne conto. Le istituzioni dovranno incentivare chi vuole ancora investire nelle infrastrutture nonostante la crisi economica che verrà. Quando sarà pronto lo stadio? La prossima settimana potrebbe essere quella propizia per Sportium per iniziare la progettazione definitiva. Se mi chiedete quando sarà pronto, ad oggi la data prevista per l’inaugurazione potrebbe essere per la stagione 2023-24”. Queste le ultime dichiarazioni di Giulini al Corriere dello Sport, nell’edizione del 28 aprile. Concetti che confermano la linea dettata qualche settimana prima, in occasione delle celebrazioni dello Scudetto 1970, questa volta alla Gazzetta dello Sport: “Sarà fondamentale che da governo e regioni arrivino sovvenzioni importanti per la costruzione degli stadi. Noi abbiamo già rinunciato al centro commerciale perché nel post covid dobbiamo essere al fianco dei piccoli commercianti […], senza andare a caricare la città con nuovi spazi commerciali che non avrebbero senso nei prossimi due anni. Senza aiuti, anche il nostro stadio si fermerà, come tanti altri italiani”.
Zona commerciale: da fiore all’occhiello a elemento sacrificabile
Una rinuncia pesante, quella al centro commerciale. Ma, al di là delle lodevoli intenzioni nei confronti del già martoriato tessuto commerciale cittadino, il Cagliari Calcio – dal suo punto di vista – si è puntualmente affrettato a ribadire come l’eventuale nuova opera sarebbe pubblica e non di proprietà privata, su un’area in concessione per cinquant’anni, con la costruzione che potrebbe essere demandata anche a terzi, qualora fossero questi e non il club di via Mameli ad aggiudicarsi il bando. Se una costante si può trovare, nel dibattito di questi anni, è sicuramente quella relativa alla famigerata zona commerciale. Un topic tornato d’attualità negli ultimi giorni, tra un’intervista e l’altra, e di fondamentale importanza dato che il Cagliari ha in passato più volte sottolineato come gli spazi commerciali servirebbero al finanziamento dell’opera e non a una mera operazione di speculazione e arricchimento in barba alla passione della gente. Tema del commerciale che ha acceso il dibattito politico, quello sì strumentale e speculativo (da ambo le parti), ogni qualvolta si è trattato di votare nell’Aula consiliare di Palazzo Bacaredda. Difesa di lobby, carezze per manciate di voti, tentativi di difendere lo status quo invece che provare a crescere.
In via Roma si cerca di non perdere l’occasione
Dopo le risposte preparate alle osservazioni del Cagliari Calcio e dell’Arst in merito alle volumetrie, ai parcheggi e al tema dei collegamenti con i mezzi pubblici al piano Sant’Elia, da parte sua il Comune vorrebbe dare una significativa accelerata all’iter che potrebbe portare all’inizio dei lavori della nuova casa dei rossoblù. L’amministrazione Truzzu ha accolto benevolmente le parole di Giulini sulla rinuncia agli spazi commerciali e vorrebbe, il prima possibile, un incontro con lo stesso patron rossoblù per affrontare il tema stadio. Ci sono diversi temi caldi da affrontare in commissione urbanistica, su tutti anche decidere cosa si costruirà tra società, Comune e Regione al posto delle tanto discusse volumetrie destinate inizialmente agli spazi commerciali. Quando avverrà questo incontro tra le parti? Non c’è ancora una data fissata, ma dal 4 maggio in poi anche l’iter del Piano Sant’Elia dovrebbe entrare nella “Fase 2”. Nella prima, o al massimo nella seconda settimana di maggio ci sarebbe, da parte dell’amministrazione, la volontà di fissare un appuntamento con Giulini: non oltre, perché per l’amministrazione lo stadio è una delle priorità e, sicuramente, una delle opportunità da non sciupare per la città durante la ripresa post Covid-19.
Uno stadio il Cagliari già ce l’ha…
Volontà di trovare un accordo, dunque. Ma, messo in un angolo il famoso ritornello dei “negozi, ristoranti e cotillons per vivere lo stadio sette giorni su sette” e visto che all’orizzonte (al limite) c’è solo uno stadio in senso stretto, qualche osservazione ulteriore è possibile avanzarla. Giulini ha parlato di settimana decisiva per la progettazione da parte di Sportium, il partner scelto per l’ideazione del nuovo impianto di via Vespucci. Ha pure parlato di stagione 2023-24, la stessa tempistica – che pare molto ambiziosa, allo stato attuale – ipotizzata nei mesi scorsi da Truzzu. Eppure, nonostante quelle che sembrano ancora una volta parole cariche di ottimismo e speranza, volendo stare al lato pratico il Cagliari, oggi, il suo stadio ce l’ha: funzionale, di dimensioni congrue a quelle che sono le ambizioni – attuali e alla luce del coronavirus, forse, future – e le possibilità societarie, da molti apprezzato e sostenibile. Un impianto in linea col pianeta Italia, sicuramente migliorabile come già hanno fatto altre realtà assimilabili a quella del Cagliari (vedi Spal). Sino a poco tempo fa chi sottolineava che la Sardegna Arena potesse diventare definitivo e non più provvisorio veniva assalito da critiche, insulti e scherno. Oggi lo scenario si è modificato. Non solo: guardandosi intorno, in particolare in Italia (Juventus e Udinese sono i casi di scuola per ovvi motivi), è chiaro come la retorica un tempo agitata sugli stadi città mercato – in grado di far decollare un club dallo status di medio a top – risulti vacua, visto che anche le due bianconere di A non trovano certo dall’infrastruttura il vitale sostentamento. Dato che, da che mondo e mondo, gli stadi si riempiono facendo bene sul campo e non sulla carta: basti pensare, per fare un esempio pratico, agli spettatori delle sfide di cartello contro Napoli (13.535) e Roma (14.848), con un calo delle presenze rispetto al periodo dorato di inizio stagione coinciso con quello a livello di rendimento del gruppo allora guidato da Rolando Maran.
Istituzioni tirate per la giacchetta
Ecco perché il nuovo scenario in salsa cagliaritana va valutato con attenzione e senza drammi, facili e semplicistici. Intanto perché bisogna aspettare passi concreti, in primis dalle istituzioni a tutti i livelli esecutivi – governo, Regione e Comune chiamati in causa da Giulini – ma soprattutto dal privato che deve finalmente produrre un progetto. Staremo a vedere se, veramente, la prossima sarà la settimana scelta da Sportium per iniziare la progettazione definitiva. E poi perché c’è da fare uno stadio. Eppure, se anziché nuovo fosse soltanto rinnovato molto bene con un investimento decisamente inferiore (da parte di tutti) rispetto alla costruzione di una nuova opera, alla fine non ci sarebbe da stupirsi. Perché la pazienza è una virtù davvero preziosa e, proprio per questo, non è detto che sia infinita.
F. Aresu – R. Pinna