Resettare, ripartire da zero, cancellare tutto quanto fatto finora e provare a costruire dalle fondamenta. Il castello di carta è crollato, nonostante le parole dall’interno e dall’esterno la realtà è diametralmente opposta a quanto sentito e letto dai protagonisti. Il pericolo è che sia troppo tardi, anche se la concorrenza aiuta con la sua andatura al rallentatore.
Segnale
Juventus, sosta e quindi mercato. Chi ha tempo non aspetti tempo, il Cagliari non può più attendere. Serve una scossa, subito, in campo a Torino e soprattutto fuori dal campo quando le porte di uscita e di entrata riapriranno. La gara contro i bianconeri dell’ex Allegri appare quasi come un passaggio da evitare se solo si potesse, per concentrarsi immediatamente sull’anno nuovo e – speranza – una vita altrettanto nuova. La rivoluzione è iniziata, pur se le premesse non lasciano spazio ai mea culpa. Prima Farias, poi Godín e Caceres, un domani chissà chi altro. Il campionato non si ferma e Mazzarri deve fare i conti con un gruppo ridotto all’osso da squalifiche, infortuni e le ultime epurazioni. Il tecnico come unica certezza, parola di Capozucca. E di sicurezza in sicurezza, quasi una contraddizione rispetto alle difficoltà mostrate sul campo, lo sfogo del direttore sportivo rossoblù dopo l’imbarcata senza appello contro l’Udinese dà la prima risposta sui profili che il Cagliari vorrebbe inserire in rosa. Una dimenticanza non da poco nelle passate sessioni diventata stella polare per il futuro.
Affamati più che affermati
Difficile fare nomi, non perché la società rossoblù non abbia una lista di papabili e non abbia già mosso i primi passi, piuttosto per la difficoltà a convincere qualunque prospetto a sposare la causa. Un’impresa da compiere, un ambiente che ha perso di appeal e che nemmeno con l’apparenza riesce più a nascondere i problemi. I casi di Godín e Caceres sono solo la punta dell’iceberg, perché se da un lato non si vuole discutere il valore tecnico degli acquisti più o meno recenti, dall’altro il dito è puntato sulla mancanza di rispetto e amore per la maglia. In una parola sull’aspetto umano, come se fosse un elemento secondario quando si decide un acquisto. Così la nuova direzione, almeno a parole e in attesa dei fatti, sembra essere quella di puntare prima di tutto sulla mentalità e in un secondo momento guardare alle caratteristiche tecniche. La differenza abissale tra ingaggi e prestazioni messa in mostra dal Cagliari negli ultimi mesi dà una risposta chiara e netta sugli errori commessi. Errori da non ripetere, perché le avversarie aspettano sì, ma sembra difficile che lo facciano ancora per tanto tempo.
Il fattore mancante
Una delle frasi più famose del presidente della Lazio Claudio Lotito può descrivere la possibile nuova filosofia del Cagliari. “Noi acquistavamo giocatori in base a tre parametri: potenzialità atletico-agonistica, moralità e compatibilità economico-finanziarie”. Pronti, motivati, utili tatticamente e tecnicamente, capaci di sopportare la tensione, ma soprattutto dotati di moralità. Non aspetti di poco conto, servirebbe una programmazione a lungo termine che il tempo non concede. Le casse societarie non lasciano poi tanto spazio alla fantasia, per di più considerando che più che di vendite, in casa Cagliari si parla di svendite. Godín in direzione Spagna, ingaggio risparmiato e nulla più con il Valencia in prima fila alla finestra. Caceres con il foglio di via, per dove non è ancora dato saperlo. Al loro posto i primi della lista sono Armando Izzo e Matteo Gabbia, il primo in cerca di rilancio e il secondo con la voglia di crescere. E servirebbe anche un terzo elemento viste le assenze, a meno che Mazzarri non decida di mettere da parte la cautela per dare maggior minutaggio a un giovane come Obert, fermo restando la poca considerazione verso Altare. Sugli esterni il buco a sinistra è evidente, tra un Dalbert praticamente mai sui livelli sperati – anche se le ultime stagioni un segnale lo avevano dato – e Lykogiannis con il tema contrattuale a incidere fortemente. Difficile trovare sostituti adatti, i mancini scarseggiano e ancora di più quelli in grado di far alzare il livello. Anche se il possibile ritorno di Nicola Murru non è affatto da escludere, anzi, così come un pallino del presidente Giulini è Aleksandar Kolarov, ai margini con l’Inter e ormai più terzo di difesa che vero e proprio esterno. In mezzo al campo fino a febbraio non ci sarà Strootman, mentre Grassi, Marin e Deiola da soli non bastano e Oliva non è visto da Mazzarri come una carta spendibile. Senza dimenticare i rientri di Faragò e Ladinetti, le cui tempistiche non possono essere quantificate con certezza. L’obiettivo numero uno è provare a trattenere Nahitan Nández, anche perché una sua cessione difficilmente potrebbe portare quel tesoretto che il Cagliari vorrebbe poi spendere per i nuovi innesti. Al momento il León è come la Bella di Torriglia, tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia, alle condizioni della società rossoblù s’intende. E né Inter né tantomeno il Napoli hanno chiuso qualsivoglia accordo con Tommaso Giulini.
Entra così in gioco il modus operandi dalle parti di Via Mameli. Quello di volere la botte piena e la moglie ubriaca per poi, alla fine, non avere nessuna delle due. Tutti cedibili, ma a valutazioni che il mercato non ritiene accettabili. Mentre al momento di comprare, le difficoltà portano a indirizzarsi più verso nomi a prezzo di saldo che verso prospetti affamati e che abbiano voglia di spendersi per la causa. Una costante che potrebbe ripetersi a gennaio, a maggior ragione quando la posizione di classifica non ti dà forza contrattuale e diventa complicato convincere chiunque a scendere verso i bassifondi per sporcarsi in vista di un’impresa. Ed è questo il vero problema del futuro prossimo in casa Cagliari. Avere la capacità di attrarre profili utili senza descrivere una realtà che non esiste, ma con onestà intellettuale e rispetto reciproco fin dal momento della trattativa. Al contrario i nuovi Godín, Caceres o, restando a gennaio, Duncan potrebbero sì sbarcare in Sardegna, ma non con le giuste motivazioni. A quel punto diventerebbe davvero impossibile riportare la barca in acque più calme e la Serie B passerebbe da incubo a realtà.
Matteo Zizola