Il 12 giugno del 1967 a Cagliari si tenne un corteo speciale, che cambiò la storia del club rossoblù e della sua tifoseria: Riva non si doveva toccare.
Il 12 giugno di cinquantadue anni fa a Cagliari accadde qualcosa di unico, quantomeno per la storia rossoblù. Quello fu un anno agrodolce per Gigi Riva. L’infortunio a tibia e perone, arrivato nella sfida contro il Portogallo in Nazionale e con quel numero 9 mai più indossato in carriera, non gli impedì di vincere la classifica cannonieri, bensì di partire per la tournée americana del suo Cagliari, costretto a convocare giovani riserve oltre ai titolarissimi come Reginato a Greatti, passando per Martiradonna, Nenè, Boninsegna e Rizzo. Nel mentre, a Cagliari girava voce di una possibile cessione di Rombodituono. Intollerabile per la tifoseria rossoblù, tanto da organizzare una clamorosa protesta per impedirne la partenza.
Chi scrive non era nato allora, per questo ci si affida al racconto del giornalista e scrittore Antonello Deidda, nel suo libro Eravamo giovani nel 1967. Un’opera dedicata a quella tournée dei ragazzi di Scopigno, con il Cagliari diventato per qualche settimana il Chicago Mustangs.
Riva trova a Cagliari la sua terra e i suoi amici. Decide di restare e non andare mai via. Non stupisce dunque se il 12 di giugno del 1967 i tifosi e una città si mobilitano per lui. Vogliono che non vada via. I giornali annunciano la sua cessione e la ripetono come un mantra. Sembra fatta ma all’improvviso parte una voce: “Tutti per strada per salvare Riva”. Si organizza una manifestazione. Roba grossa, mai vista per uno sciopero, una rivendicazione sindacale o una protesta per la casa. Quanto a cortei, tra studenti e lavoratori, Cagliari non è seconda a nessuna città italiana del periodo. Le strade sono spesso occupate da lavoratori e studenti. Niente a che vedere però con quello che succede per trattenere Riva. Il passaparola è immediato. […] In una giornata si mette insieme un corteo come non se ne vedono spesso. Una specie di ratantira d’estate, una sfilata di carnevale fuori stagione in maglietta a strisce, calzoni leggeri e carzoleddas, in zoccoletti. O con le giapponesine. Una corte dei miracoli che si ingrandisce a ogni strada. Quel giorno partono in 50 e arrivano in cinquemila, come minimo. Il lungo corteo inizia in piazza Yenne, dove c’è il bar Centrale di Mario Sardara, noto Marius, il tifoso-zero del Cagliari. […] Alle sei del pomeriggio in piazza si raduna una prima colonna di auto e motorini, con in testa un signore vestito di rossoblù, Marius appunto. […] Tanta gente e di ogni età, per una volta senza distinzione tra matusa e capelloni che si fanno la guerra e che per una sera si uniscono per un’unica missione. Moltissime signore e qualche ragazzina che ama Riva come nessun altro. Tantissimi cartelli. “Riva non si tocca”, “Chi tocca Riva muore”, “Non toglieteci Gigi”, “Gigi sesi su mellus”.
Il corteo del 12 è un avvertimento. Cinque giorni dopo, il 17, la manifestazione pro-Riva si ripete e ha uguale successo. Stesso percorso, ma chiasso e confusione sono maggiori. Una tappa obbligata è il palazzo della Regione in viale Trento, con il presidente Del Rio che interrompe gli impegni istituzionali (si discute dell’economia di una regione in caduta libera) e incontra una delegazione di sportivi. In prima fila c’è Marius, già capo-tifoso. Del Rio rivela: “La Regione farà il possibile perché Riva non venga ceduto e farà pressioni sui dirigenti del Cagliari”.
Pressioni andate a buon fine, come insegna la storia. E assolutamente decisive per il futuro del Cagliari, visto che, a distanza di qualche anno, vincerà il suo unico e storico scudetto. Con Rombodituono all’ala sinistra, ça va sans dire…
Francesco Aresu