Nel Cagliari che ha sbancato Napoli, terza vittoria consecutiva, seconda su due in trasferta, c’è un giocatore che in silenzio, con sacrificio e cuore, ha scalato le gerarchie diventando un punto fermo dell’undici titolare. Oltre i nomi, Nández, Rog, Simeone, l’ingresso decisivo di Castro, c’è Fabio Pisacane da Napoli, una garanzia di professionalità e di costanza.
Un derby per lui, nato e cresciuto nelle difficoltà di una città complicata, la malattia combattuta a indicare la strada del guerriero, Genova sponda rossoblù, il giro d’Italia della Serie C, fino al 2013 e all’incontro con il suo mentore Massimo Rastelli. Assieme arrivano a Cagliari, stagione 2015-2016 e una Serie B da affrontare da protagonisti dopo la retrocessione zemaniana dell’anno prima: entrambi napoletani in una città che non ama, rivalità sportiva, chi arriva dal teatro dello spareggio perso contro il Piacenza ormai vent’anni fa. L’etichetta di raccomandato, figlioccio di un allenatore ben presto contestato, Pisacane non ha i mezzi tecnici del campione, nemmeno il fisico roccioso dei difensori più rinomati, in più è costretto a giocare terzino destro, ruolo che non ne premia le caratteristiche.
A 30 anni debutta in Serie A, 3 a 0 all’Atalanta, un sogno coronato per chi è davvero partito dal basso e ha sempre giocato secondo le regole: il rifiuto di partecipare a una combine ai tempi del Lumezzane gli diede in premio l’invito di Prandelli al raduno della nazionale italiana, il Guardian lo elegge giocatore dell’anno 2016, Blatter lo inserisce fra gli ambasciatori Fifa. Pisacane gioca secondo le regole anche quando è in campo, duro, ma mai cattivo, pronto ad affrontare ogni avversario con le braccia rigorosamente dietro la schiena, uno dei primi a comportarsi come il regolamento chiede così da evitare falli di mano sempre più all’ordine del giorno. La gara di ieri a Napoli è stata la ciliegina, ennesima, di una torta fatta di orgoglio e amore per una maglia che ormai sembra essere la sua seconda pelle: ogni anno Pisacane è dentro le voci di mercato, ogni anno resta in Sardegna come rincalzo, ogni anno senza troppe parole, ma solo con il lavoro scala le gerarchie e prende posto al centro della difesa con il compagno di turno di fianco che ci sia in panchina Rastelli, Lopez o Maran.
Ci sono dei fotogrammi della serata vittoriosa del San Paolo che descrivono pienamente quanto sia importante Pisacane per il Cagliari: il primo, chiusura della prima frazione, Mertens serve Lozano dentro l’area, tiro a botta sicura e lui che si immola, braccia rigorosamente dietro la schiena, salvando così Olsen da un gol praticamente certo.
L’assalto del secondo tempo, il secondo fotogramma, un cross che arriva sul secondo palo, la sponda di Llorente, Olsen scavalcato, Mertens pronto a ribadire in rete da pochi passi non fosse per l’acrobazia del guerriero rossoblù che spedisce il pallone in calcio d’angolo.
Terzo fotogramma, il belga partenopeo prova la soluzione da fuori, Pisacane si para davanti a lui, deviazione e palla sul palo esterno: anche gli episodi sono dalla sua parte.
Nel Cagliari che cresce, che alza il livello delle ambizioni, c’è un giocatore al quale nessuno avrebbe dato credito, ma che con la grinta e la dedizione si è saputo ritagliare più di uno spazio in una squadra sempre più sudamericana, lui, tifoso del Boca Juniors che sembra incarnare da napoletano quella garra famosa oltreoceano. Fabio Pisacane, una bandiera inaspettata.
Matteo Zizola