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Pepe Herrera con la maglia rossoblù

Pepe Herrera: “Cagliari, per la salvezza servono cuore e fortuna. E su Godín…”

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Nuovo appuntamento con la nuova rubrica di Centotrentuno: una serie di interviste a personaggi e protagonisti dello sport sardo, con un excursus che parte da un evento del passato per poi arrivare a chiacchierare di presente e futuro.


Autogol di Ezio Rossi, raddoppio di Gaudenzi, tris di Napoli, e poker finale per l’apoteosi firmato Francescoli. C’è un precedente tra i tanti sulla strada di Cagliari e Hellas Verona che non può non tornare alla memoria di tanti tifosi rossoblù: è il 4-0 del campionato 1991-92, 23° turno in programma domenica 1° marzo 1992. Sulla panchina rossoblù sedeva Carletto Mazzone, che aveva raddrizzato una stagione partita male con Massimo Giacomini come tecnico scelto per sostituire il vate Claudio Ranieri dalla dirigenza guidata da Tonino Orrù. Quel poker servì a dare una scossa decisiva al campionato di Matteoli e compagni, che superarono in classifica proprio l’Hellas guidata da Fascetti, tornata in Serie A dopo un anno di purgatorio tra i cadetti lanciandosi verso la seconda salvezza consecutiva. Abbiamo parlato di quella gara e non soltanto con uno dei protagonisti di quella domenica al Sant’Elia, Pepe Herrera.


Pepe, ripartiamo da quel giorno di marzo del 1992, con un 4-0 che spianò la strada alla salvezza nella tua seconda stagione in Sardegna. Che ricordi hai di quella partita?
“Sono andato a rivedermi le immagini di quella gara, subito mi son venuti in mente i momenti più importanti: fu una partita che segnò la nostra stagione in positivo e fu decisiva per la salvezza. Marcai a uomo Pixie Stojkovic, che era uno dei calciatori jugoslavi più forti del momento, un avversario difficile da contenere”.

Quello era un Cagliari con due sole anime: da una parte quella italiana, dall’altra il trio di uruguaiani a far da punta di diamante. Quanto fu decisivo questo mix?
“Sicuramente ci aiutò tanto per la salvezza. Per quanto riguarda noi uruguaiani, Francescoli giocava già da tempo in Francia, io ero in Spagna mentre Daniel arrivava dall’Uruguay: il fatto che ci conoscessimo già grazie alla Celeste fu decisivo per il nostro adattamento al calcio italiano. Penso che pure il Cagliari ne beneficiò, specialmente in un campionato difficile come la Serie A dove per gli stranieri adattarsi non era facile, mentre noi parlavamo la stessa lingua sia dentro che fuori dal campo”.

Il tuo amico e connazionale Enzo Francescoli è stato qui proprio per Pasqua e ha ricordato con nostalgia i suoi anni cagliaritani e che il vostro Cagliari dovette lottare con il cuore per ottenere le due salvezze consecutive. Considerando la tua esperienza, pensi che sia la mancanza di questo carattere uno dei problemi del Cagliari attuale?
“Condivido quello che ha detto Enzo, per noi la salvezza del primo anno con quella cavalcata nel girone di ritorno ci diede una grande carica a livello di carattere, che è un aspetto comune a noi uruguaiani e voi sardi, lo abbiamo già nel nostro dna. Relativamente a quest’anno, invece, penso che non sia mancato il carattere quanto il gioco, così come un po’ di fortuna. Si è sentita molto l’assenza di un giocatore importante come Nández e la sua grinta nel caricare i compagni, ma ribadisco: è mancato più un po’ di calcio”.

Nandez e Pereiro sono i superstiti della colonia uruguaiana in rossoblù: un giudizio sulla loro stagione e sull’apporto che potranno dare, specie El León, in questo finale di stagione.
“Dipende da come starà Nahitan e dalla sua condizione fisica: se sta bene può dare molto, il Cagliari ha bisogno di un giocatore come lui. Su Gaston dico che lo conosco molto bene, fin da quando era un ragazzino: è un giocatore di grande qualità, logicamente soffre un po’ il calcio italiano rispetto a quello olandese. Per me forse ha bisogno ancora di un po’ di adattamento alla Serie A per apprendere qualcosa che gli manca a livello di caratteristiche”.

Da pioniere del ciclo uruguaiano a Cagliari pensi che ci sarà ancora un capitolo futuro nel rapporto che lega il rossoblù alla tua terra? C’è un nuovo Pepe Herrera da consigliare al club rossoblù?
“Non penso che una stagione sofferta come questa possa incidere su questo legame, che secondo me durerà per sempre. Noi ci sentiamo parte del Cagliari perché qui c’è sempre stato un posto di riguardo per gli uruguaiani. Per il resto aspetto che ci siano giocatori migliori di Pepe Herrera, con più qualità (risata, ndr). Scherzi a parte, il calcio è cambiato tanto, forse anche troppo: mi piaceva molto di più prima, ora anche gli allenatori cercano un altro tipo di giocatore, specie a centrocampo, specialmente chi sa giocare la palla. Si cerca più un Pirlo che un Gattuso, ma a noi uruguaiani piace più Gattuso che Pirlo (risata, ndr). È difficile nel calcio di oggi trovare un allenatore o una squadra che puntino su un giocatore come potevamo essere io o Bisoli, per capirci”.

Quanto sarebbe servito Pepe Herrera in campo a questo Cagliari? Ti immagino in campo a lottare e a trascinare la squadra…
“Mi sarebbe piaciuto tanto giocare in un momento come questo, per poter dare una mano alla squadra. Ma mi sembra che nel calcio di oggi ci siano troppi stranieri e di nazionalità diverse all’interno dello stesso spogliatoio: prima era più semplice come abbiamo già detto. La nostra squadra era formata da italiani e uruguaiani, che vivevano il calcio allo stesso modo, inseguendo la vittoria a tutti i costi a prescindere dal come si giocava. L’obiettivo era la vittoria e basta. Ora è più difficile trovare l’amalgama e quello che vive il Cagliari lo stanno vivendo anche le altre squadre”.

Non si può non toccare l’argomento Diego Godín. Al di là di tutte le polemiche che ci sono state negli scorsi mesi, ti chiedo: è più il piacere per aver visto tuo genero indossare la maglia che fu anche la tua, o il dispiacere per come si è chiusa la sua avventura a Cagliari?
“Sono due cose diverse. Sono molto contento che Diego abbia indossato la maglia del Cagliari, perché lui e Sofia volevano venire in Sardegna. Anche mio figlio Claudio ha giocato a lungo in rossoblù, tutti noi abbiamo un legame troppo importante e speciale con la vostra terra. La parte calcistica e sportiva non è andata come ci aspettavamo, ma il calcio è così: qualche volta va tutto bene, altre no. Ma sono contento di come sta andando in Brasile, ha già vinto due trofei e sta bene lì. Il Cagliari si salverà senza di lui, soffrendo ma ce la farà. Mi sembra di poter dire che sia andata bene a entrambe le parti”.

L’Italia non si è qualificata ai Mondiali di Qatar, a differenza dell’Uruguay: ai tifosi del Cagliari toccherà tifare ancora una volta la Celeste…
“È proprio così (risata, ndr). Un campionato del mondo senza l’Italia non è completo, è come se mancassero Brasile, Argentina, Uruguay o Germania. Queste nazionali non possono mancare, ma quando questo succede per due volte consecutive ti devi fare delle domande sul perché è capitato: non è certo colpa della sfortuna, ma l’Italia non può restare fuori dal mondiale. Serve cambiare qualcosa perché questo non succeda di nuovo in futuro”.

In chiusura, caro Pepe: quando ti rivedremo nuovamente a Cagliari?
“Ho già preso il biglietto per la sfida contro l’Inter, resterò fino alla fine del campionato, ovviamente con la speranza di festeggiare la salvezza dei rossoblù”.


Francesco Aresu

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