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Olbia, a Pescara una lezione da imparare: per la salvezza servirà più coraggio

Leandro Greco durante Olbia-Pineto | Foto Sandro Giordano
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“Poco da dire e molto da lavorare”. Leandro Greco ha preferito essere netto al termine della sfida persa 4-0 contro il Pescara dal suo Olbia. Poche parole, perché il campo ha parlato e ha indicato l’unica via per risalire una china che al momento appare molto ripida.

Disattenzioni

L’Olbia arrivava alla sfida con un carico di alibi dal peso specifico. Quella giocata contro gli uomini di Zeman era la terza sfida in sei giorni, il turnover è stato necessario, con gli infortuni e gli acciacchi a limitare le scelte in attacco e a centrocampo. Senza dimenticare poi la forza offensiva di un Delfino che al di là di alcuni passi falsi resta una squadra che ambisce alle posizioni alte di classifica. Ma allo stesso tempo è impossibile non guardare alla sfida dell’Adriatico per quello che è stata. Perché i bianchi dopo aver sfiorato il vantaggio con Contini hanno cominciato a sbandare sin dal primo gol siglato da Cuppone. Poca la reattività nell’uscire su Dagasso sul tiro che poi si è trasformato nel 2-0, prontezza poi totalmente assente sul 3-0 in cui il Pescara ha punito una zona su corner che non ha saputo rispondere alla battuta rapida dalla bandierina. L’interruttore che si stacca improvvisamente, la luce che manca senza un vero e proprio trascinatore in campo e la squadra che si sfilaccia. Fino a subire la propria condizione e a fare troppa fatica nel rialzare il proprio baricentro, con i reparti schiacciati nella propria metà campo. Un leitmotiv visto anche a inizio secondo tempo quando Aloi con troppa facilità è riuscito a siglare il poker. E che soprattutto rende lontano il ricordo dell’Olbia coraggiosa e a tratti anche cinica vista fino a poche settimane fa.

Timidezza

I diciassette punti finora raccolti non sono stati un caso. Il pareggio raggiunto nel finale di Sestri appena due settimane fa racconta di come il carattere faccia parte di una squadra piuttosto giovane, ma che deve imparare a conoscere il modo di reagire dentro i 90’ della stessa partita con una certa continuità e al di là dell’avversario. Contro il Pescara invece la timidezza è stato uno dei tratti evidenti della gara. Le difficoltà contro la squadra di Zeman sono sì nate dalla disparità di qualità delle due rose, ma anche da un atteggiamento in cui lo scoramento figlio del momento non positivo è sembrato prendere il sopravvento. Una mancanza di fiducia che in fase di possesso ha preso i tratti di una gara con poche idee, con Zanchetta e i centrali spesso costretti a tornare indietro nelle prime fasi d’azione ed esporsi alla pressione avversaria e il tentativo di offendere lasciato a lampi estemporanei. Troppo poco per recitare un ruolo da protagonista in una corsa salvezza che vista anche la presenza di squadre inattese, dalla Spal alla Juventus Next Gen, sarà ancora più complessa da affrontare.

Futuro

La zona rossa vicina, così come le parole di Greco a fine gara, sono un messaggio per la squadra intera. Guardare in faccia la realtà l’unico modo per venire fuori dal pantano e chiudere il 2023 in maniera differente rispetto all’andamento dell’ultimo mese in cui l’Olbia ha subito troppo – 11 gol nelle ultime 5 –  fatto soffrire troppo poco – 3 reti appena, di cui due nella stessa gara – e raccolto due punti. Dall’infermeria, tra Biancu e Nanni e in attesa dei responsi su Scapin e soprattutto Cavuoti, e dai propri senatori Dessena e Ragatzu poco arruolabili nelle ultime settimane, Greco attende buone notizie che potrebbero essere la base per preparare la partita contro il Pontedera. La sfida contro gli uomini dell’ex Max Canzi non sarà solo l’ultima gara nel 2023 di fronte al proprio pubblico, ma potrebbe trasformarsi anche nella gara giusta per lanciare un segnale di presa di coscienza del gruppo. Perché per arrivare pronti al match-salvezza in casa della Spal il 23 dicembre prossimo servirà essere consci di come ogni partita possa essere quella giusta per raccogliere punti. Anche quelle che sembrano complesse, anche quando la luce in fondo al tunnel non si riesce a scorgere.  

Matteo Cardia

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