Ogni cambiamento ha bisogno di tempo per essere assimilato, ma già dai primi passi verso la nuova dimensione si può capire se la strada intrapresa è quella giusta. Tre partite sono poche per avere un quadro chiaro anche se possono rappresentare un segnale. Roma non è stata costruita in un giorno, lo sa bene chi dalla città eterna è passato lasciando un segno tangibile per poi essere allontanato al primo soffio di vento contrario. Non è facile peraltro ripartire quando si trovano fondamenta non esattamente solide e l’abitudine a un certo tipo di gioco è cristallizzata dopo anni sempre uguali a se stessi.
C’era una volta il rombo – La rivoluzione di Di Francesco non può che partire da un colpo di spugna al quale deve far seguito la pazienza di chi analizza e giudica. Da Rastelli a Maran con l’interim di Lopez prima e quello di Zenga poi il Cagliari ha vissuto prevalentemente di pane e 4-3-1-2. Sprazzi, pochi, di difesa a tre che confrontati con le tante partite con il rombo di centrocampo protagonista non possono essere indicativi, la stella polare del Cagliari giuliniano – e non solo – è stata prima dell’arrivo di DiFra il tre-uno in mediana, il regista, due mezzali e un trequartista a costo di adattare quello che passava il convento tra le linee nel ruolo di numero 10. Con l’arrivo in panchina del tecnico abruzzese si è tornati al primo Cagliari di Giulini, quello zemaniano e del 4-3-3, non una fissazione da portare avanti senza se e senza ma, piuttosto una linea guida sulla quale costruire il futuro.
Palla a terra e pedalare – Se il buongiorno si vede dal mattino. L’unico punto conquistato nelle prime tre gare non fa brillare il sole sui rossoblù, ma oltre la classifica si può comunque intravedere la luce. Intanto un calendario che non ha aiutato, pronti via e subito un Sassuolo dai meccanismi oliati, una Lazio che come i neroverdi ha cambiato poco se non nulla e un’Atalanta sulla quale ogni parola risulta superflua. Un mattone su nove disponibili, un primo piccolo passo per la costruzione di una casa che va tirata su con calma per evitare il collasso delle pareti al primo scossone. Ci sono dati che per quanto possano contare dopo sole tre gare – e un mercato in corso in mezzo – lasciano la sensazione che il cantiere aperto stia procedendo verso il progetto scritto su carta. Il Cagliari del passato difficilmente rinunciava al lancio lungo, tolto il periodo d’oro con l’apice del gol da playstation di Rog contro la Fiorentina anche la migliore versione rossoblù presentava difficoltà nella costruzione dal basso. Contro Sassuolo, Lazio e Atalanta il Cagliari ha sì utilizzato i palloni lunghi, ma meno degli avversari diretti e in quantità accettabile rispetto al passato. Di fronte al Sassuolo 25 volte, contro Lazio e Atalanta 19 a gara, questo il computo dei lanci in avanti.
I cross un lontano ricordo – Con o senza Pavoletti il Cagliari ha sempre cercato più la soluzione dei cross che quella delle incursioni palla a terra in territorio nemico. Non è così con Di Francesco che pur se da due traversoni ha trovato due dei tre gol segnati – il terzo su azione d’angolo – è tra le ultime in classifica per quantità di cross tentati siano essi utili o sbagliati. Sette i primi, nove i secondi per un totale di sedici che pongono i rossoblù al sedicesimo posto in graduatoria. La curiosità è che il Cagliari assieme allo Spezia è l’unica compagine del campionato ad aver segnato due reti di testa, tutte le altre si fermano a non più di una. La causa può essere ricercata nelle caratteristiche degli esterni offensivi, Sottil e Joao Pedro amano puntare la porta, allo stesso modo il nuovo arrivato Ounas non ha nelle sue corde il cross, ma più il portare palla e cercare il dribbling o la combinazione nello stretto.
Verticalità rapida – Le avversarie incontrate non hanno favorito il possesso palla, ma il dato a riguardo vede comunque il Cagliari al penultimo posto nella speciale graduatoria assieme allo Spezia e davanti al solo Benevento. Il calcio di Di Francesco è fatto di verticalità, pochi passaggi rapidi e ancora meno gioco orizzontale, utilizzo degli esterni e attacco degli spazi senza troppa attesa. Al netto di chi ha trovato di fronte in queste prime tre gare, difficilmente si vedrà una squadra fare del possesso palla il proprio punto di forza e i primi segnali confermano questa idea.
Parate e corsa – Andando a osservare i dati individuali sono tre i giocatori rossoblù a spiccare nelle speciali classifiche. Intanto è da rimarcare l’importanza di Alessio Cragno che guida la graduatoria alla voce parate con 20 salvataggi, il secondo è Silvestri del Verona con 14, ben 6 di differenza. Il Cagliari subisce, ma la presenza tra i pali di un portiere di livello ha evitato conseguenze più gravi di quanto accaduto in campo con gli 8 gol subiti nelle prime tre uscite. Un aspetto sul quale lavorare, soprattutto se non compensato da una presenza nelle zone alte alla voce tiri nella porta avversaria. Cambiano gli allenatori, ma non cambiano i corridori in mezzo al campo. Nahitan Nández guida la graduatoria dei chilometri percorsi a partita non solo tra i rossoblù, ma nell’intera Serie A e al quinto posto è presente Marko Rog. Due giocatori tra i primi cinque, elementi fondamentali nello scacchiere di Di Francesco e che lo saranno ancora di più non appena Marin crescerà togliendosi di dosso le paure dettate dalla nuova dimensione. Se poi il León riuscirà a unirà alla quantità anche la qualità di corsa – spesso fine a se stessa più che utile in assoluto – e il croato migliorerà nella pericolosità offensiva, allora il percorso del 4-3-3 di Di Francesco potrà affidarsi al 100% alle sue mezzali titolari designate, vero punto di forza della squadra.
Matteo Zizola