La cura si è dimostrata un effetto placebo, nemmeno tanto efficace. Pastiglia dopo pastiglia, brodino dopo brodino i problemi sono rimasti gli stessi. L’apparenza inganna, si dice, e nel calcio l’apparenza serve a poco quando manca la sostanza.
Di male in peggio
Si potrebbe parlare degli errori individuali, delle scelte tattiche, delle difficoltà nel gestire gli avversari e condurre la partita verso la strada che può portare a un risultato positivo. Un’analisi tattica però sarebbe perfettamente inutile, perché il problema del Cagliari di Walter Mazzarri è sì anche un problema di impostazione, ma soprattutto di tante altre cose. E il tecnico toscano, dall’alto del suo essere certezza, non può essere esentato dalle responsabilità. Certo, l’apparenza ha ingannato anche lui, tanto da ripetere più volte la sua sentenza che vale più delle sole parole. “Pensavo fosse più facile, dal di fuori c’era una sensazione diversa”. Ha provato con la carota, ha tirato fuori il bastone, ha tentato con il terrore, ma alla fine i risultati – e le prestazioni – sono stati sempre gli stessi. Ora, con la Juventus alle porte e uno spogliatoio che ribolle, appare quasi scontato finire il girone d’andata con soli dieci punti, gli stessi del Cagliari della stagione 2007-2008 poi salvato miracolosamente dalla cura Ballardini e dagli innesti di Cossu, Jeda e Storari.
Chi è senza peccato
Mazzarri certezza, parola della società. Uno stipendio importante e la consapevolezza che le colpe non siano da attribuire all’allenatore. I giocatori sul banco degli imputati, ma anche un tecnico lasciato solo a dover scegliere proprio tra quegli elementi che ora saluteranno dopo la disfatta contro l’Udinese. Infortuni, mosse di mercato estemporanee, una difesa ridotta all’osso che ha costretto Mazzarri ad attingere proprio da chi ha tradito le aspettative. Quell’apparenza che ha ingannato, da Godín a Caceres e non solo. E il tecnico non ha voluto mettere pressione sui giovani, così come non ha voluto scaricare per primo chi poi ha mancato l’appuntamento contro i friulani. Si sarebbe potuto fare meglio nonostante queste premesse? Decisamente, partendo dai dettagli nei quali proprio Mazzarri è mancato. La prima rete dopo soli tre minuti è sì una leggerezza di Godín – doppia peraltro – ma nasce da una scelta precisa. L’impostazione dal basso può essere messa in pratica se si ha il materiale giusto per farla, al contrario – tra difensori che commettono errori tecnici marchiani e l’assenza di un vero regista – si rischia l’autogol. Come successo, appunto, contro l’Udinese. E come non è successo contro il Verona, quando a Radunovic fu chiesto il rinvio lungo dal fondo per non correre alcun rischio.
Nessuna scossa
C’è poi il secondo gol, quello siglato magistralmente da Deulofeu. Una barriera con un Bellanova che definire impaurito è limitativo, il giocatore secondo del muro allestito da Cragno, la posizione più delicata in una situazione del genere. Chi ha fatto questa scelta? Una gara indirizzata attraverso errori di impostazione, decisioni anche sugli undici che sembrano prescindere da quanto visto in campo nelle precedenti uscite. L’insistenza sulla difesa a tre dopo che il 4-4-2 scolastico aveva dato comunque indicazioni se non estremamente positive, almeno di solidità e di maggiore attenzione. L’aspetto mentale a fare da legame del tutto, un accenno di reazione che si è fermato al tiro di Pavoletti sparato su Silvestri e niente altro. Un gruppo slegato, un allenatore che non ha trovato l’ingrediente giusto per amalgamarlo, restando forse anche lui ancorato a un passato – il proprio – che è, appunto, ormai passato. Basta essere un minimo solidi, aspettare l’attimo giusto, essere squadra per poter battere il Cagliari senza troppo sforzo. E mentre dalle parti rossoblù si parla di atteggiamento, schemi, mentalità, chi affronta Joao Pedro e compagni si può limitare al compitino e vincere senza troppo sforzo partite troppo semplici per essere vere.
In campo ci vanno i giocatori, si dice. E a metterli in campo e prepararli in settimana ci pensa l’allenatore. Verità che però non considerano la situazione totale in casa Cagliari, quella che – come scritto più volte – non ha nella serenità dell’ambiente, leggasi società, la principale caratteristica. E il mantra del tutti responsabili spesso porta alla conclusione del nessun responsabile. Un tutti contro tutti che rischia di far perdere di vista la visione d’insieme che elimina dal campo tutti gli specchi nei quali guardarsi. La salvezza non è lontana nei punti, è lontanissima però nelle aspettative. E non si raggiunge con l’apparenza, con i giri di parole, con le capovolte lessicali. Vale per i giocatori, vale per Mazzarri, vale per la società. Al netto di certezze che, per quanto uniche, certezze non dovrebbero essere.
Matteo Zizola