“Io avevo smesso di allenare. Solo in due casi sarei potuto tornare: o per la Roma o per il Cagliari, nel caso qualcosa fosse andato male. Quando sono arrivato a Cagliari ho detto che lì sarebbe iniziata la mia carriera e lì sarebbe finita, ma evidentemente il fato, o qualcosa, mi ha portato qua a iniziare la mia carriera da giocatore alla Roma e finire da dirigente della Roma. Volevo specificare queste cose per completezza, Cagliari mi ha accolto come uno di loro e ci tenevo a dire questo”. Con le sue prime parole ufficiali da nuovo allenatore della Roma Claudio Ranieri ha voluto sgombrare subito il campo da dubbi e voci incontrollate sulle ultime giornate.
Una excusatio non petita che però, c’è da credergli, lungi è dall’essere una accusatio manifesta. Perché da Sir Claudio era logico aspettarsi un “Sì, arrivo” in caso di chiamata alle armi dalla “sua” Roma. Impossibile dire di no per chi, nel dicembre 2022, fece lo stesso quando dall’altra parte del telefono non c’era la famiglia Friedkin, proprietaria del club giallorosso, ma Tommaso Giulini. Il patron del Cagliari, di fronte a una situazione sportiva al limite del collasso (con i rossoblù a un passo dalla zona retrocessione dopo la disastrosa discesa in Serie B di qualche mese prima), decise di affidarsi all’unico allenatore in grado di rimettere in piedi una stagione nata male e proseguita peggio. “Sfida più grande? Credo sarà la più particolare, la sento mia e mi ribolle dentro. Altrimenti non sarei tornato”, così disse Ranieri il 3 gennaio 2023 durante la conferenza stampa di presentazione alla Unipol Domus. Ben 682 giorni dopo i concetti espressi nella sala stampa di Trigoria sono simili, anche se per forza di cose diversi. Dall’appello ai tifosi – “Stateci vicino. Giocare a casa propria con i fischi fa male” è un’altra declinazione di “Soffiateci dietro” – alla frase sui sistemi di gioco, da utilizzare in base alla situazione contingente. La conferenza è stata l’ennesima masterclass di Sir Claudio, che a 73 anni compiuti in pochi giorni è passato dalla standing ovation del Teatro Lirico in occasione della festa per Gigi Riva all’entusiasmo della piazza romana e romanista, che riaccoglie sì un figlio della Lupa, ma anche un padre e nonno per tanti lupacchiotti.
In tanti però si staranno chiedendo: ma Ranieri non aveva detto che avrebbe smesso di allenare, dopo la salvezza tribolata di Cagliari? Così era, senza dubbio, fino a qualche mese fa. I primi segnali di un possibile cambio di programma si erano avuti a fine settembre, quando il tecnico di San Saba intervenne a Loreto Aprutino nella due giorni dedicata alla memoria di Gigi Riva. “Mi auguro di non dover tornare ancora una volta a Cagliari, perché non c’è bisogno di un cambio di allenatore”, disse dal palco abruzzese commentando il suo possibile ritorno sulla panchina rossoblù, forse nel periodo più nero vissuto dal suo successore Davide Nicola, dopo le tre sconfitte di fila tra Lecce, Napoli ed Empoli che, in assenza di vittorie, avevano fatto vacillare la sua posizione più agli occhi della piazza che della società. Chissà, ma probabilmente già quella frase era un segnale di disponibilità da parte di Sir Claudio: “Se serve, torno”. Come se i mesi di stacco successivi alla gioia di Reggio Emilia con la salvezza anticipata e la festa finale di Cagliari dopo il 2-3 con la Fiorentina, con tanto di passerella finale e giro di campo con nipotini a seguito non rappresentassero più l’ultimo capitolo della sua carriera sulla panchina di un club, ma che ci fosse spazio per altre pagine. L’anno e mezzo vissuto in Sardegna sempre a mille è stato certamente usurante per Ranieri, comprensibilmente non più intenzionato a simili ritmi.
Eh, ma allora perché ha detto sì alla Roma, che vive un momento forse ancora più complesso di quello affrontato a Cagliari? Banalmente la risposta è una: perché è casa sua. Letteralmente. La distanza dell’Isola dalla Capitale – soprattutto dal punto di vista degli affetti – ha pesato certamente sulla scelta fatta a maggio dal nuovo allenatore giallorosso. Che riteneva sinceramente chiusa la sua avventura in panchina, tanto da non cedere alle lusinghe del Cagliari e del suo presidente Giulini, che non a caso nella conferenza stampa di Reggio Emilia dopo lo 0-2 sul Sassuolo disse: “Sul futuro di Ranieri dico: siamo andati a cena con lui e Bonato, abbiamo parlato insieme. Sicuramente ci starà pensando con sua moglie, come ha fatto dopo Bari. Ma lui sa quanto vorremmo che rimanesse, e dico anche più di qualche anno. Perché l’unione che si è creata in questo anno e mezzo è veramente forte e ho visto a fine partita qualche giocatore convinto di poter fare ancora meglio l’anno prossimo. E questo non mi era più successo. Credo che il mister ci penserà per bene prima di lasciare adesso, ne sono convinto”. Dichiarazioni nette e inequivocabili da parte del patron rossoblù, che auspicava la permanenza di Ranieri a Cagliari ancora per diverso tempo. Fosse in panchina o dietro la scrivania, ma la disponibilità era totale. Carta bianca, insomma. Ma Roma e la Roma sono il sangue, per Ranieri. E dire di no alla squadra del cuore, peraltro vivendo ormai h24 nella Capitale, sarebbe stato un affronto quasi verso se stesso.
In estate il Sir decise di tirare dritto per la sua strada, con il famoso video sullo sgabellino sul palco del Teatro Massimo in cui annunciava l’addio. Il modo più magico di chiudere un cerchio, che però evidentemente non era del tutto sigillato. La voglia di campo si è percepita quasi da subito, con dichiarazioni di apertura per la panchina di una nazionale. Non necessariamente l’Italia, ma l’ennesima sfida di una carriera in cui forse la macchia più grossa è arrivata proprio quando Ranieri ha allenato la Grecia: 4 gare da luglio a novembre 2014, con 3 sconfitte e un pari più l’addio al veleno della stampa ellenica (con il famoso titolo insultante “Ma che ca…”, dopo il ko con la Romania nelle qualificazioni agli Europei 2016). Dopo le ferie estive, insomma, la voglia di tornare in panchina si è fatta sempre più forte. Qualche “no” lo ha detto in questi mesi, aspettando la grande occasione. Quando le cose a Roma hanno iniziato a precipitare il sospetto di tanti è stato lecito: “Ma perché non chiamano Ranieri? È perfetto per questa situazione”. E così, effettivamente, è stato. L’occasione di tornare a rimettere il proprio ombrello a protezione dell’intero ambiente giallorosso era troppo forte per un allenatore ambizioso come Sir Claudio, che nella difficoltà riesce sempre a tirare fuori il 120 per cento (frase utilizzata, non a caso, anche nella conferenza di Trigoria). Una scelta presa anche perché sul fronte Cagliari non c’è stata nessuna apertura a un ritorno in panchina, con il club rossoblù che ha scelto di puntare dritto sul dare fiducia a Nicola che ha iniziato a ingranare curiosamente proprio dopo le parole di Ranieri a Loreto Aprutino, con i 7 punti tra Parma, Juventus e Torino. Eppure i bene informati sanno quanto il Sir mordesse il freno, tanto da fare in via indiretta qualche timido sondaggio su eventuali aperture del Cagliari, come detto inesistenti. Ognuno per la sua strada, insomma, senza cancellare quanto fatto tra gennaio 2023 e maggio 2024. Una cavalcata che resterà per sempre nella storia del Cagliari e di Ranieri, con qualche inevitabile errore di valutazione (come alcune scelte del mercato 2023-24), ma l’impresa finale non si può scalfire in alcun modo. Ora per il tecnico romano e per il club rossoblù inizia un nuovo capitolo, in una Serie A da vivere come avversari. Con un solo rendez-vous ancora da giocare, in programma allo stadio Olimpico e valido per la 29esima giornata. Ma da qui a marzo, per fortuna, c’è ancora molto tempo.
Francesco Aresu