Può un singolo calciatore essere così determinante all’interno di un collettivo? Una domanda più o meno simile ce la siamo posti, da queste colonne, sette mesi fa nel parlare del suo impatto con la maglia del Cagliari, che a gennaio aveva chiesto il suo aiuto per rinforzare una retroguardia malandata e in evidente difficoltà. In quel momento a Claudio Ranieri serviva un leader forte, con un pedigree di tutto rispetto e che non avesse alcun timore reverenziale, nemmeno nelle situazioni più difficili. Oggi quel giocatore dall’impatto devastante sul mondo Cagliari, che è valsa una grandiosa cavalcata salvezza nella scorsa annata, è diventato sinonimo di certezza pressoché assoluta anche sotto la guida di Davide Nicola. E quel riferimento dalle parti di Asseminello ha un nome e cognome ben precisi: Yerry Mina.
Duello
Definirlo solamente un leader dal forte carisma e dal grande fisico, visti i suoi 195 cm d’altezza, sarebbe fin troppo riduttivo o comunque rappresenterebbe soltanto una parte della storia. Il numero 26 del Cagliari è un qualcosa che va oltre la semplice interpretazione tecnica e tattica del ruolo. Sangue latino, sguardo sorridente che fin da prima del calcio d’inizio comincia a scrutarti e a leggerti dentro, che cerca di innervosirti da subito, prima ancora che a parlare sia la legge non scritta del campo. In tanti, dall’arrivo di Mina in Sardegna, sono entrati, senza trovare spesso la via d’uscita, nel suo mondo di giochi psicologici – sportivamente parlando – che ti costringono a sbagliare o a rendere meno di quanto ci si possa attendere. L’ultimo duello, acceso e senza sconti come da attese, è stato quello che ha visto lo stesso Mina protagonista contro il centravanti serbo della Juventus, Dušan Vlahović, nella gara della settima giornata di campionato pareggiata 1-1 il 6 ottobre scorso contro i bianconeri di Thiago Motta. Una sfida, quella tra i due ex giocatori della Fiorentina, che si è ripetuta per la terza volta da quando Mina ha messo piede in Serie A, così come quella contro la Juventus, che è la squadra che il colombiano, tra Firenze e Cagliari. ha affrontato di più in massima serie (3) e contro cui ha segnato lo scorso anno uno dei suoi due gol realizzati finora nel campionato italiano. Duello tra titani quindi quello tra Mina e Vlahović ma che ha visto emergere nettamente e con distacco il numero 26 del Cagliari che, quando vede attaccanti di stazza, si esalta a tal punto da mandarli in tilt. E se si guardano le statistiche individuali, Mina e la parola duello sono praticamente un tutt’uno. Secondo i dati della Opta, infatti, il 30enne originario di Guachené è quello che ne ha vinti di più in alta quota tra i giocatori del Cagliari mandati in campo da Nicola nei novanta minuti dello Stadium (2). Bene anche il dato sui duelli complessivi (3), dietro solo a Michel Adopo (5) e Adam Obert (4), così come nei passaggi positivi (36). Ma è sulle palle recuperate che Mina è stato il re incontrastato della gara tra le fila del Cagliari (7, dietro di lui Viola con 4).
Facce
Mina, tuttavia, potrebbe essere benissimo la reincarnazione calcistica del trasformismo, tante sono le facce che il colombiano riesce a mettere in ogni partita. Nella gara contro la Juventus, al centro della difesa del Cagliari, c’era il Mina che ha dato tutto sé stesso nei duelli individuali contro gli attaccanti di turno e quello che ha parlato e tanto con i propri compagni, tenendoli costantemente sul pezzo fino all’ultimo secondo. “Parlo tanto e questo aiuta a migliorare me e i miei compagni di squadra”. Così ha risposto il numero 26 rossoblù ai microfoni di Dazn dopo l’1-1 contro la Juventus, motivando il suo continuo dialogare durante il corso della gara. Aspetto questo che è stato confermato anche da Răzvan Marin nella medesima intervista post gara. “Yerry ci rompe le scatole anche in allenamento ma fa bene perché così ci tiene concentrati al 100%”, ha affermato il centrocampista rumeno, che ha portato in Sardegna un prezioso punto dallo Stadium con il rigore dell’1-1. Tuttavia, tra il Mina leader e il Mina sergente, c’era il Mina esperto e saggio, che sa leggere le situazioni decisive nelle gare che contano. A Torino, infatti, lo stopper classe 1994 ha consegnato palla proprio a Marin per il tentativo di realizzazione dagli undici metri e ha tranquillizzato nel contempo Piccoli, che quel calcio di rigore se l’era guadagnato dopo il contrasto in area di rigore juventina con il brasiliano Douglas Luiz. E dopo la gioia per la rete dell’1-1, ecco che a stretto giro di posta è arrivata l’ultima faccia di Mina, quella dell’uomo che non dimentica. In particolare non è passato inosservato il gesto polemico di messa a fuoco della curva della Juventus da parte del centrale del Cagliari in occasione dell’esultanza del gruppo rossoblù. Reazione, punita dall’arbitro Marinelli con cartellino giallo, che lo stesso Mina ha spiegato poi al termine della gara. “Sono molto amico di Juan Cuadrado (oggi all’Atalanta n.d.r.) e non mi è piaciuto il modo in cui è stato mandato via dalla Juventus. Per questo mi sono un po’ incazzato”, ha dichiarato il difensore colombiano. Insomma diversi volti che rendono Mina ancora una volta uno dei leader di questo Cagliari. Perché il 30enne con la 26 rossoblù sulle spalle è tutto questo: essere un uomo squadra che, nonostante le proprie difficoltà, rende migliori anche i compagni, che tiene alta la tensione, che non si tira mai indietro e che prende per mano il reparto nel momento del bisogno. Con la quadra del cerchio che sembra essere stata trovata, con una rinnovata difesa a quattro utilizzata contro Parma e Juventus, Mina può esaltarsi ancora di più. Il viaggio verso la permanenza in Serie A è ancora lungo e pieno di insidie e nulla è stato raggiunto. Ma con un Cagliari in crescita e un bad boy sorridente come Mina nella retroguardia, Nicola può guardare al futuro con un minimo di serenità in più.
Fabio Loi