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L’Analisi Tattica: isolamento e Adopo, Pisacane e la mossa che regala la vittoria al Cagliari

Adopo e Deiola esultano dopo il gol dell'1-0 contro il Saint-Etienne | Foto Valerio Spano
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La strada è tracciata, la direzione chiara. Ci possono essere piccole deviazioni, curve, cambi di percorso, ma la meta finale resta sempre la stessa. Senza inversioni, senza ripensamenti, senza paura di fare un passo ulteriore verso l’obiettivo finale. La vittoria del Cagliari di Fabio Pisacane a Lecce è una nuova conferma non tanto per i tre punti, non tanto per il rigore di Belotti che ha riportato i rossoblù in Sardegna con il bottino pieno, quanto per un’idea di gioco che va avanti al di là di moduli e numeri, che è chiara nella sua versatilità. Il noi davanti all’io, i centrocampisti che fanno i difensori, gli attaccanti che fanno i registi, i terzini che fanno le ali. E viceversa.

Approccio
Un inizio complesso, l’approccio alla sfida del Via del Mare non dei migliori. Pisacane, dopo la prima vittoria in campionato con il 2-0 sul Parma, ha scelto di confermare lo stesso canovaccio tattico visto già contro i gialloblù. Alcune modifiche negli uomini, ma di fatto la sostanza della strategia di base rimasta intatta. Caprile in porta, linea a quattro in possesso che diventa quasi a cinque in non possesso, centrocampo a quattro in fase offensiva e a tre in quella difensiva, Esposito come numero dieci con libertà di comandare lo spazio tra le linee e Belotti terminale avanzato. Queste le fondamenta, poi c’è tutto il resto. Fatto di scambi di posizione, di densità da una parte e isolamento dall’altra, di verticalità e di supporto alla manovra offensiva.

Inizialmente il Cagliari ha faticato e la costruzione ha mostrato alcune difficoltà in fase di uscita. La presenza di Palestra come terzino destro ha portato a un primo possesso con, nei fatti, un 3+1 che vedeva Obert completare la linea a tre con Mina e Luperto, mentre sul lato sinistro Folorunsho completava la mediana con Palestra sul lato opposto, Prati vertice basso (il +1, appunto) e Adopo e Deiola come interni. Una gestione che ha mostrato crepe soprattutto sul lato destro, dove la coppia Sottil-Gallo ha creato problemi sfruttando lo spazio lasciato libero da Palestra in avanzamento. Oltre a mancato sfogo della manovra proprio sul lato del giovane esterno di proprietà dell’Atalanta, troppo spesso chiuso nelle linee di passaggio.

Il tentativo di andare in verticale, soprattutto nella zona sinistra d’attacco, ha trovato nella primissima parte della gara un Lecce in controllo, con gli spazi chiusi e con Palestra aperto sul lato opposto e sostanzialmente ignorato dai compagni. Questa dinamica ha costretto il Cagliari a forzare la giocata su Folorunsho, senza peraltro trovare Esposito tra le linee e con Adopo che riempiva eccessivamente la zona del centrodestra non permettendo i cambi di gioco rapidi in orizzontale.

Cambio
Dopo il primo quarto d’ora Pisacane decide di mettere in atto un accorgimento che diventerà decisivo per la crescita del suo Cagliari. Una mossa che crea tre conseguenze: la prima quella di dare alla costruzione uno sfogo anche sulla destra; la seconda quella di ribaltare la preoccupazione di Palestra per Sottil trasformandola in preoccupazione di Sottil per Palestra; la terza di liberare lo spazio tra le linee per Esposito.

Una mossa tattica e di posizione di un singolo, tanto semplice quanto efficace. Adopo, infatti, diventa improvvisamente l’ago della bilancia di tutta la strategia del Cagliari. Non più interno di centrocampo, bensì esterno basso di destra in costruzione (e in copertura preventiva) che libera Palestra nelle avanzate e che allo stesso tempo svuota la zona centrale lasciando campo aperto tra le linee a Esposito. Dal 3-5-1-1 a un 4-2-3-1 flessibile, nel quale le capacità dinamiche di Adopo diventano fondamentali e, soprattutto, nel quale la densità cercata sul lato sinistro attraverso Folorunsho e i movimenti di Esposito a riempire quel lato creano l’isolamento proprio di Palestra sul lato opposto, diventato improvvisamente quello debole del Lecce.

La scelta di abbassare Adopo non cambia a prescindere dalla zona di possesso, sia essa in costruzione dal basso o più alta. Il 4-2-3-1 diventa quindi evidente con il Cagliari in controllo del gioco ed Esposito che prende possesso della zona di rifinitura, diventando il regista avanzato che può spaziare orizzontalmente e decidere le sorti delle uscite verticali.

Freccia
Il cambio tattico esalta le qualità di corsa e tecniche di Palestra che, abbinate all’equilibrio dato da Adopo a destra e Folorunsho a sinistra, diventa la chiave della crescita del Cagliari. Un dominio territoriale che porta come logica conseguenza a una maggiore presenza offensiva, anche grazie al lavoro di Belotti che alterna uscite dalla linea per abbassarsi – e creare lo spazio per gli inserimenti dei centrocampisti – ad attacco della profondità per ricevere l’ultimo passaggio dopo aver aperto il campo.

Diventa dunque chiara la strategia di Pisacane. Pallone verticale o per Esposito o per Belotti, protezione e apertura verso l’esterno destro dove, in preparazione alla giocata, è stato isolato Palestra grazie alla densità creata a sinistra nella costruzione della giocata. Non è finita qua, perché poi arriva l’attitudine all’attacco dell’area avversaria con il supporto dei centrocampisti, della seconda punta e dell’esterno opposto (Folorunsho), con copertura totale dei cinque corridoi verticali tra zona centrale, esterni e mezzi spazi.

Una strategia che si ripete con continuità nella seconda parte della prima frazione, quando Palestra diventa l’arma per creare costantemente pericoli alla porta di Falcone. Un’arma che però ha anche uno scudo di protezione nei due mediani Prati e Deiola e soprattutto in Adopo, abile ad alternare corsa verticale di supporto alla manovra offensiva a ripiegamenti alle spalle del compagno come un vero e proprio terzino.

La rete del pareggio firmata da Belotti diventa così la conseguenza tangibile di un cambio tattico che ha messo il Cagliari nelle condizioni di colpire senza, allo stesso tempo, soffrire come nel primo quarto d’ora. La giocata parte dalla difesa del pallone da parte di Esposito che, liberata la zona centrale per portare densità sulla sinistra, crea lo spazio per l’attacco dell’area di rifinitura da parte di Folorunsho. Quest’ultimo raccoglie la sponda del compagno e in conduzione taglia il campo, con Palestra isolato sul lato opposto a dettare la verticale grazie anche alla protezione di Adopo su Sottil in marcatura preventiva.

Centralmente Belotti tiene occupati i due difensori giallorossi, salvo poi liberarsi per andare a raccogliere il passaggio orizzontale dentro l’area da parte di Palestra. Tempi perfetti, automatismi che appaiono collaudati, qualità tecniche che permettono di portare a dama un’idea di gioco basata su velocità e movimenti senza palla. E, ripensando al Cagliari visto contro il Parma (e non solo), l’utilizzo della zona sinistra d’attacco non come costante per creare pericoli, ma per attirare la difesa avversaria così da aprire il lato opposto isolando Palestra per l’uno contro uno e andando a chiudere da dove si è partiti.

Testa alta
Dopo un primo tempo che, escluso l’approccio, ha rappresentato la migliore versione del Cagliari nelle prime quattro giornate di Serie A, la ripresa ha visto il Lecce sistemare la fase difensiva con cambi che hanno limitato la corsia destra (Palestra) e alzato il baricentro della manovra. Se in passato ci si sarebbe potuti aspettare un indietreggiamento dei rossoblù, con Pisacane anche le modifiche degli uomini in corso d’opera hanno ormai insegnato che l’idea resta quella di andare in avanti. Testa alta, la paura lasciata alle spalle e voglia di prendersi la vittoria, queste le caratteristiche di Deiola e compagni.

I primi due cambi sono il segnale del ribaltamento di fronte. Non più la fascia destra come sfogo, ma un ritorno a sinistra. Gaetano al posto di Esposito regala alla squadra un trequartista puro, capace di legare e allo stesso tempo di aiutare maggiormente la mediana. Ma è soprattutto Felici per Prati a cambiare nuovamente il corso degli eventi. Folorunsho passa al centro con Deiola, mentre il nuovo entrato – con caratteristiche più offensive – diventa il Palestra del primo tempo. Densità a destra e isolamento di Felici a sinistra, uno contro uno da sfruttare e che porta al gol del definitivo vantaggio.

Si parla spesso di come la costruzione dal basso sia il viatico per palloni persi e transizioni degli avversari a punire gli errori in uscita. Cose che possono capitare, ma allo stesso tempo la costruzione dal basso può creare i presupposti per colpire. Come accaduto, infatti, in occasione del raddoppio del Cagliari, con un rigore che arriva da un’azione partita da Caprile, passata per Obert, quindi in verticale per Felici. L’esterno è bravo nel trovare Gaetano, arrivato in sua prossimità a supporto, e così il trequartista è altrettanto bravo a gestire il pallone e trovare i tempi perfetti per la verticale verso il compagno con una triangolazione con i tempi giusti. Il resto è nella conduzione palla al piede di Felici in campo aperto, nel supporto che arriverà da parte di Adopo e Folorunsho e nel controllo di Belotti che subisce fallo.

Sacrificio
La fase di non possesso del Cagliari, oltre alla mossa Adopo descritta, ha visto in Folorunsho l’esempio perfetto dello spirito di sacrificio. Teoricamente trequartista di supporto al duo Belotti-Esposito al momento della lettura delle formazioni, di fatto l’ex Napoli ha giocato da esterno di centrocampo che si trasformava in quinto a sinistra non appena il Lecce avanzava.

Un 5-3-2 nel quale Folorunsho copriva il corridoio di sinistra, aiutando Obert che passava a terzo di difesa con Luperto centrale e Mina centrodestra, linea chiusa da Palestra come quinto di destra. In mezzo al campo Prati rimaneva il vertice basso, Deiola sulla sua sinistra e Adopo sulla sua destra, con Esposito e Belotti come uomini più avanzati. Una delle caratteristiche del Cagliari diventava così il cambio non solo nel modulo, ma anche nella strategia. Uomo su uomo quando la palla arrivava negli ultimi 40 metri, ma difesa più di posizione nella fase iniziale della manovra del Lecce, con i due braccetti pronti ad attaccare gli avversari diretti e i due quinti pronti a scivolare alle loro spalle, mentre Prati in mezzo controllava l’area di competenza senza accoppiamenti designati.

Novità
Una caratteristica del Cagliari arriva dalle palle inattive laterali. Una tendenza tutta italiana, una novità che ha preso strada nelle ultime due stagioni e che anche Pisacane ha implementato. Ossia la linea difensiva non più all’altezza del limite dell’area – se non più alta – ma ben dentro i sedici metri. Con pro e contro, basti pensare nel secondo caso alla rete del pareggio siglata da Luperto contro la Fiorentina e la linea viola molto vicina alla propria porta a favorire il terzo tempo del difensore del Cagliari.

Come descritto dall’analista Michael Cox (autore, tra gli altri, di Zonal Marking), in Serie A è ormai sempre più standardizzata la difesa sui calci piazzati laterali con una linea molto bassa e molto vicina alla propria porta. Gli aspetti positivi sono tre: intanto la posizione della difesa sembrerebbe mettere in difficoltà chi batte che, non abituato a tale posizionamento, calcia spesso e volentieri troppo sul portiere; il secondo, più importante, è che i difendenti sono in posizione più frontale quando arriva il cross e dunque favoriti nell’attacco del pallone aereo; il terzo risiede nell’efficacia della respinta, non più con il rischio di deviazioni verso la propria porta o in angolo – dovute alle corse all’indietro date da una linea più alta in partenza – bensì con colpi di testa in avanti, spesso e volentieri in diagonale verso la zona esterna e lontano dall’area. Ci sono però anche degli aspetti negativi, primo tra tutti il traffico nei sedici metri che rende più complesse le uscite del portiere. E, in questo caso, fondamentale la qualità di Caprile, tra coraggio e tempismo. Il secondo aspetto – ad esempio proprio De Gea contro il Cagliari – è che qualora fosse un attaccante a deviare ecco che per il portiere i tempi di reazione devono essere più rapidi e diventa più complicato respingere l’eventuale colpo di testa più ravvicinato. Il terzo, infine, è quello che per certi versi ha portato al gol del vantaggio del Lecce, per quanto in quel caso la linea del Cagliari era più alta rispetto al resto delle situazioni della gara.

La linea bassa sulle punizioni laterali crea uno spazio ampio sull’esterno che può essere attaccato. Aspetto che può essere valido anche con la linea alta – si veda appunto il vantaggio del Lecce – ma che con una linea bassa diventa ancora più rischioso perché “avvicina” maggiormente ai sedici metri e alla porta l’attaccante. Sul gol di Tiago Gabriel il Cagliari è poco reattivo, la combinazione Ramadani-Sottil approfitta dell’area esterna, Esposito rimane isolato nell’uno contro uno (senza essere un difensore) e non viene aiutato da Palestra che resta nella terra di nessuno.

Una volta che Sottil riceve c’è ancora il tempo per Palestra di andare ad aiutare il due contro due Sottil-Esposito e Ramadani-Prati, ma manca la comunicazione con Adopo su chi deve occuparsi dell’altro giocatore del Lecce in zona più centrale. L’uno contro uno vinto da Sottil in dribbling apre al successivo cross.

Quando Sottil arriva sul fondo ci sarebbe ancora modo di difendere propriamente la propria area. Il problema è che mancano gli accoppiamenti corretti, con Luperto lasciato in mezzo tra Gaspar e Tiago Gabriel, mentre Deiola non capisce per tempo la necessità di accorciare verso il centro per aiutare il compagno. Luperto “scommette” su Gaspar – pericolo più noto – ma il pallone lo scavalca andando a trovare liberissimo Tiago Gabriel, con Deiola e più indietro Obert a occupare entrambi la zona del secondo palo senza che il primo scali a dovere.

Matteo Zizola

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