Trovare il modo di limitare le caratteristiche offensive dell’avversario e, di rimando, provare a colpire sui limiti. Coprirsi per ripartire, calcio di transizioni più che di costruzione. E così la settima giornata di Serie A ha finito per essere quella con meno gol segnati nella storia del campionato a venti squadre e in quella con i tre punti in palio per vittoria. Non ha fatto eccezione il Cagliari visto contro il Bologna nell’ultima sfida giocata alla Unipol Domus, non tanto per lo 0-2 finale e i zero gol segnati, quanto per impostazione e piano tattico. Con distinguo importanti, perché anche giocare per chiudere gli spazi può essere un’arma per aprirli sul lato opposto. E perché, in fondo, sono episodi e palle inattive spesso e volentieri a segnare la differenza tra una strategia ben riuscita e una meno efficace. Insomma, il risultato, oltre il quale è però necessario andare.
Piano
Il piano gara scelto da Fabio Pisacane è stato chiaro fin dai primi minuti. Difesa a quattro con il rientro di Zappa a destra e quello di Luperto sul centrosinistra, più Mina e Obert a completare il reparto. In mezzo al campo Prati come vertice basso, ai suoi lati Adopo a destra e Folorunsho a sinistra, quindi Esposito come terminale offensivo atipico supportato sugli esterni da Palestra a destra e Felici a sinistra. Una base ovviamente mutabile e che si disegnava a seconda della posizione degli avversari in fase di non possesso, mentre in quella di possesso – più verticale che di gestione – provava a sfruttare i movimenti di Esposito come falso nove per aprire il campo agli inserimenti delle due ali e degli interni di centrocampo.

Il Cagliari in costruzione ha messo in atto il classico 4+1, con Prati a dare l’opzione centrale e i due terzini ad aprirsi per dare soluzioni esterne ai due centrali di difesa. La pressione del Bologna, però, ha portato a due conseguenze fisiologiche: o il lancio lungo di Caprile per cercare le spizzate di Folorunsho oppure, più frequentemente, il passaggio attraverso i terzini per poi andare in verticale sulle ali e cercare la triangolazione con gli interni di centrocampo.

In caso di uscita dalla pressione del Bologna o di recupero del pallone in zona difensiva, i rossoblù di Pisacane hanno cercato le transizioni verticali rapide con Folorunsho come chiave per il supporto della manovra offensiva. Il centrocampista, di base interno alla sinistra di Prati, andava ad affiancarsi se non a superare Esposito attaccando lo spazio in verticale e dando così un’ulteriore opzione di giocata sul lungo.


La strategia scelta da Pisacane ha visto come costante tattica l’abbassamento di Esposito con l’intenzione di far rompere la linea ad almeno uno dei centrali del Bologna, così da creare lo spazio in verticale sia centrale che laterale per l’attacco della profondità di Folorunsho, Palestra, Felici e quando possibile anche di Adopo. Con Prati a svolgere il compito di equilibratore senza particolari funzioni di supporto della manovra offensiva.

Un piano gara che ha creato diverse occasioni potenziali, mancate per difetti nelle scelte o per errori tecnici nell’ultimo passaggio (o nel cosiddetto third pass, ossia l’assist che precede l’assist), ma che ha anche portato al possibile gol del pareggio con Felici, arrivato a tu per tu con Ravaglia proprio grazie ai movimenti dei compagni. Con Esposito e Folorunsho entrambi pronti ad abbassarsi verso la propria metà campo aprendo la difesa del Bologna, i due centrali Heggem e Vitik rompevano contemporaneamente la linea permettendo a Prati una verticalizzazione immediata nello spazio per l’attacco della profondità di Felici.
Strategia difensiva
Recupero immediato del pallone in zona offensiva, uno dei difensori che a turno viene dentro il campo diventando, di fatto, un centrocampista aggiunto, esterni bassi e alti che lavorano in simbiosi scambiandosi e provando a creare superiorità e uno contro uno. Le caratteristiche del Bologna di Vincenzo Italiano sono note e su queste basi Pisacane ha provato a mettere in campo una strategia che potesse limitarle per tentare, allo stesso tempo e come visto in precedenza, di colpire alle spalle e in profondità .


Se in fase offensiva il Cagliari ha impostato la gara su una sorta di 4-1-2-3 con Prati vertice basso e con Folorunsho e Adopo a sostenere Esposito, Palestra e Felici, in quella di non possesso i rossoblù si sono sistemati con un 4-5-1 con Folorunsho che si abbassava maggiormente al lato di Prati e Adopo a fare altrettanto, così come i due esterni offensivi andavano a supportare i due esterni bassi Zappa e Obert nelle zone laterali.

Un 4-5-1 comunque non statico, perché per contrastare il tentativo del Bologna di creare densità in zona centrale Pisacane ha previsto compiti precisi soprattutto per Palestra. Schierato da esterno alto, il classe 2005 del rossoblù doveva seguire quasi a uomo Miranda, fino ad aggiungersi quasi come mediano davanti alla difesa a Prati. Una costante che ha chiuso sia le linee di passaggio in zona di rifinitura e allo stesso tempo ha evitato l’isolamento di Cambiaghi contro Zappa sull’esterno, con Adopo che era così libero di andare a raddoppiare sull’attaccante di sinistra del Bologna.

La strategia del Cagliari ha funzionato tranne che nella fase centrale della prima frazione. Quando, nel giro di due minuti e frutto dell’abbassamento del baricentro, il Bologna ha preso campo arrivando a concludere in due occasioni verso Caprile prima del vantaggio arrivato da palla inattiva. I rossoblù sono sì rimasti ben strutturati e corti, ma hanno chiamato verso la propria area gli avversari che hanno provato così a mettere in difficoltà la fase difensiva anche con conclusioni da fuori area. Prima Ferguson con un tiro centrale, poi Bernardeschi – tentativo dai 20 metri con risposta di Caprile dal quale è nato l’angolo del vantaggio – hanno rappresentato un campanello d’allarme chiaro.
Distrazione
A cambiare le sorti della gara è arrivato il gol di Holm su azione da palla inattiva. Mostrando i limiti di concentrazione della difesa rossoblù, con un impatto ancora maggiore se si considera lo schieramento a zona sui calci d’angolo a sfavore.

Il Bologna ha puntato in quasi tutti i calci d’angolo sul pallone a rientrare verso il palo più lontano, lasciando libero il primo palo e concentrando tutti gli uomini sul secondo. Il Cagliari, al contrario, con il castello difensivo copriva tutto lo spazio, con però il limite di un Obert costretto al mismatch fisico con Odgaard.

Se da una parte la scelta di tempo errata dello slovacco nel contrasto aereo con l’avversario è un errore, dall’altra l’immagine dal retro della porta evidenza ancora di più lo schieramento imperfetto della retroguardia, spezzata di fatto in due tronconi con il centro completamente vuoti di maglie rossoblù. La torre di Odgaard trova così liberissimi davanti a Caprile sia Heggem che Holm, con Zappa e Mina fermi a guardare il pallone senza andare ad accorciare verso gli avversari. Solo successivamente, quando il Bologna ha provato nuovamente la stessa soluzione, il difensore colombiano si è posizionato più centrale andando così a coprire lo spazio lasciato libero in occasione dello svantaggio.
Cambi
Dopo dieci minuti della ripresa Pisacane ha scelto di non modificare l’assetto tattico in fase di possesso – sempre 4-3-3 – ma di cambiare sia due pedine e soprattutto strategia offensiva. Con Palestra abbassato nel ruolo di terzino al posto di Zappa e Luvumbo (subentrato a quest’ultimo) come ala e con Borrelli come riferimento davanti ed Esposito al posto di Felici, sostituito appunto dal centravanti classe 2000.

La modifica sostanziale è stata dunque quella di avere un centravanti più di sostanza e peso fisico, eliminando dunque lo svuotamento della linea avanzata per favorire l’inserimento delle mezzali e degli esterni offensivi. In alternativa, con Borrelli a fare da perno meno mobile, Esposito e Luvumbo agivano nella zona tra le linee, con il primo che spesso si scambiava di posizione con Folorunsho che, una volta che il compagno veniva dentro il campo, si allargava a dare l’opzione sulla sinistra. In questo contesto restava leggermente più bloccato Adopo, mentre Palestra, partendo da più lontano e venendo coperto dal francese, cercava combinazioni laterali con Luvumbo.
In situazione di svantaggio e con un riferimento avanzato più presente il Cagliari ha guadagnato predominio territoriale pur non creando occasioni concrete dalle parti di Ravaglia. Alcune potenziali che comunque lasciavano la sensazione di una squadra più propositiva e, allo stesso tempo, equilibrata. Una volta conquistato campo, la tentazione è stata quella di aggiungere un ulteriore giocatore di qualità e dalle caratteristiche più offensive per cercare di raggiungere il pareggio, ma ottenendo di fatto il risultato opposto.

L’ingresso di Zé Pedro al posto di Mina è risultato ininfluente dal punto di vista prettamente tattico, mentre altro discorso quello di Gaetano per Prati. Con il trequartista partenopeo al posto del mediano, infatti, il Cagliari ha tolto la “barriera” davanti alla difesa e, come conseguenza, perso equilibrio. Il passaggio al 4-2-3-1 ha lasciato in mediana la coppia Adopo-Folorunsho che, per caratteristiche, è meno portata al contenimento e alla chiusura delle linee di passaggio, ma soprattutto a quel lavoro di equilibrio e di copertura quasi totale della trequarti offensiva avversaria che ha permesso al Bologna di trovare maggiore spazio tra le linee.

A questo punto oltre ai due esterni offensivi Cambiaghi e il subentrante Orsolini e al trequartista Odgaard, tra le linee poteva trovare maggiore spazio per gli inserimenti senza palla uno dei due mediani del Bologna che fosse Ferguson o, soprattutto, Freuler. Le soluzioni per ovviare all’uomo in meno davanti alla difesa sarebbero potuta essere due: la prima l’arretramento di Gaetano in fase di non possesso, con però la discriminante negativa di un centrocampo senza un vero e proprio mediano per caratteristiche tecniche e tattiche; la seconda la rottura della linea difensiva di uno dei due centrali, Luperto o Zé Pedro, con la controindicazione di lasciare l’altro nell’uno contro uno in profondità contro Castro. Insomma, una sorta di coperta corta che è nata dalla scelta di rischiare e che dimostra quanto l’equazione più uomini offensivi uguale maggior possibilità di attaccare non sia così automatica.

Da questa strategia nella fase di non possesso nasceva dunque anche un terzo problema, quello delle seconde palle con la zona di rifinitura diventata territorio di conquista per il Bologna. Da una di queste situazioni è nato il secondo gol firmato da Orsolini, preceduto da una respinta centrale di testa di Zé Pedro che ha trovato in Dominguez il destinatario con tantissimo spazio per gestire l’azione immediata d’attacco.

Con Adopo e Folorunsho che erano andati in pressione a inizio azione (e, di nuovo, senza il mediano equilibratore), quando la palla arriva a Orsolini sulla corsia di destra d’attacco il Cagliari è in inferiorità , con un sei contro cinque in favore del Bologna. La situazione ideale sarebbe dunque stata quella di condurre il capocannoniere della Serie A verso l’esterno, sia per portarlo sul piede debole sia per ritardare l’azione e far così ripiegare almeno uno dei giocatori rimasti avanzati. Obert, però, disturbato dalla sovrapposizione di Holm, lascia l’interno a Orsolini senza che Luperto – attirato anche lui da Holm oltre che dall’inserimento di Odgaard – rompa la linea per andare in pressione sull’azzurro. A quel punto lo stesso Orsolini ha potuto caricare il sinistro con tempo e spazio per la giocata, il resto lo ha fatto la tecnica e la bravura del giocatore che, però, è stato agevolato dalla poca se non nulla pressione della difesa del Cagliari.
Matteo Zizola















