Un pareggio è sempre meglio di una sconfitta, ottenerlo con ordine, cuore e voglia di aiutarsi a vicenda può renderlo un risultato positivo. Nonostante i dati, nonostante la strada da percorrere per passare dalla malattia alla completa guarigione sia ancora tanta.
Ritorno all’antico
Walter Mazzarri era consapevole delle difficoltà della gara di Verona. L’Hellas, d’altronde, con Tudor in panchina aveva collezionato solo vittorie al Bentegodi, con scalpi importanti come quelli della Roma e della Juventus. Sempre in gol tra le mura amiche, il Verona è rimasto a secco nella sfida contro il Cagliari. Per i rossoblù il terzo pareggio consecutivo ha un valore importante, più di quello dato alla classifica. Continuità, nonostante tutto, e una reazione di carattere al pareggio contro la Salernitana nell’ultima uscita alla Unipol Domus. Il tecnico di San Vincenzo ha preparato la gara per minimizzare i rischi dati dal gioco degli avversari, abbastanza noto e ben controllato da una disposizione difensiva ben organizzata.
Le posizioni medie del Cagliari nell’arco dei 90 minuti danno l’idea della scelta di Mazzarri. Linea a cinque più che a tre davanti a Radunovic, Grassi a fare da mediano puro davanti alla difesa, Nández e la sorpresa Dalbert davanti al numero 27 con compiti sia di rottura dei due registi gialloblù, sia di avanzata verticale non appena si recuperava il pallone. Obiettivo chiudere le linee centrali, evitare i triangoli tra esterni rapidi come Faraoni e Lazovic e i due trequartisti Barak e Caprari, controllare la profondità data da Simeone, coordinarsi nelle avanzate del braccetto di destra Dawidowicz pronto a creare superiorità numerica sulla fascia destra.
In fase di possesso gli uomini di Mazzarri si sono disposti spesso e volentieri con una sorta di 4-1-4-1 asimmetrico. Lykogiannis scalava a terzino sinistro, mentre Caceres scivolava a destra. Dalbert faceva altrettanto nella mediana sul lato opposto, mentre Bellanova supportava l’azione come esterno di centrocampo. Con Grassi a fare da perno basso, Nández e Joao Pedro fungevano da trequartisti con libertà di movimento, mentre Keita era il terminale offensivo pronto a scambiarsi posizione con il brasiliano.
In fase di non possesso, invece, ben più netta la disposizione scolastica di un 5-1-2-2 con la difesa stretta, Grassi a equilibrare al centro davanti alla retroguardia, Nández e Dalbert allineati davanti a lui e Keita e Joao Pedro che restavano più alti per tenere in guardia la difesa del Verona.
Attenzione difensiva
La disposizione a cinque si è basata su due dettagli fondamentali. Il primo è la marcatura uomo nella zona, con giocatori dedicati ai rispettivi avversari diretti ma pronti a scambiarsi con buoni sincronismi a seconda delle situazioni. Proprio la comunicazione tra i compagni è il secondo dettaglio, con un Cagliari decisamente migliore in questo aspetto rispetto alle precedenti uscite. Scalate, scambio di marcature, aiuto reciproco sono stati aspetti importanti in tutti i 90 minuti, al netto di alcuni attimi fisiologici di difficoltà.
L’approccio alla gara non è stato facile, come dimostrato dall’occasione in apertura sventata dal duo Caceres-Ceppitelli. È però importante notare sia la disposizione del Cagliari con la difesa a cinque, sia altri dettagli chiari nella situazione specifica. Intanto Grassi che segue Barak senza lasciargli spazio, mentre Carboni indica al compagno di restare attaccato al numero sette avversario. Spesso e volentieri, infatti, quando proprio Barak andava in verticale diventava compito del centrale di Tonara scalare su di lui. E proprio Carboni è risultato fondamentale nel doppio ruolo di centrale aggressivo in uscita e “libero” vecchia scuola pronto a supportare i compagni nel chiudere le triangolazioni sull’esterno o sull’interno dell’Hellas.
Mazzarri style
La tattica pensata da Mazzarri ha dato buone risposte soprattutto nel primo tempo, mentre nella ripresa le difficoltà di gestione sia del pallone che delle ripartenze sono state evidenti. Nella prima frazione, però, il Cagliari più volte è stato bravo a chiudersi senza abbassarsi troppo per poi provare a ripartire in verticale non appena recuperata palla.
Grazie agli strappi di Nández e al supporto di Bellanova, al restare abbastanza alti di Joao Pedro e Keita, ma sopra ogni cosa alla prima vera versione mazzarriana dell’attacco verso la zona della palla. La squadra provava infatti a chiudere il Verona verso la linea laterale, per poi stringere i reparti e serrare la zona del pallone. Dalbert più centrale, Caceres, Grassi e Ceppitelli pronti alla pressione, Keita e Bellanova alla caccia del pallone, Nández e Joao Pedro attenti per l’eventuale ripartenza rapida.
Pericoli
Il Verona, dal canto suo, ha creato nel secondo tempo pericoli importanti. Bravo Radunovic, fortunata la squadra sul palo d’azione d’angolo, pronti i difensori nei recuperi all’ultimo su attaccanti lanciati a rete. Tenere le posizioni, restare stretti, mantenere alta l’attenzione non è facile quando il possesso palla è spesso e volentieri in mano agli avversari (il dato finale parla di un 69% a 31% per l’Hellas). Se poi manca la precisione nei passaggi, 61% quella dei rossoblù, allora la pressione del Verona diventa una logica conseguenza e la perdita delle distanze in alcuni momenti comprensibile.
L’occasione forse più ghiotta per i gialloblù è quella capitata sui piedi di Simeone, il cui tiro a tu per tu con Radunovic è stato fiacco e facilmente parato dal portiere del Cagliari. L’azione nasce dall’uscita alta di Ceppitelli sul Cholito che, a quel punto, ha gioco facile nel prendere il tempo all’ex compagno andando in profondità. In questa occasione manca la pressione stretta di Carboni su Faraoni, entrato nel campo dall’esterno proprio per liberare la corsia per Simeone. Il triangolo lungo Barak-Faraoni-Simeone è una giocata provata più volte e che solo in questa occasione ha trovato lo spazio per essere completata.
Spazio che, però, si sarebbe potuto chiudere se Lykogiannis avesse interpretato bene la situazione venutasi a creare. Occhi sul pallone e poca attenzione su quanto accadeva ai suoi lati, il greco si è fatto attrarre dalla verticalizzazione di Barak e ha deciso di provare ad aiutare Carboni piuttosto che ragionare sulla linea di passaggio verso Simeone. La scelta più corretta sarebbe stata infatti quella di arretrare verso lo spazio in verticale alle proprie spalle, provando a tagliare la strada all’attaccante argentino. Al contrario Lykogiannis resta nella classica terra di nessuno, a metà tra due opzioni senza prendere nettamente una delle due strade, di fatto preso in mezzo dal triangolo del quale finisce per diventarne il perfetto baricentro.
Contro il Torino di Juric si vedrà probabilmente una gara dalle stesse caratteristiche tattiche. I Granata e il Verona sono due squadre simili nell’impostazione e nello stile di gioco, Mazzarri probabilmente – fermo restando possibili cambi di uomini – cercherà di importare la partita sulla stessa falsariga di quella del Bentegodi. Sicuramente ci sarà da lavorare sulla precisione dei passaggi, troppi gli errori tecnici e di scelta dei suoi giocatori. L’assenza di Marin ha pesato in questo aspetto, mentre quella di rinunciare alla costruzione dal basso e lanciare lungo sui rinvii dal fondo ha pagato visti i rischi pressoché nulli corsi dal Cagliari in uscita dalla difesa. L’ultimo posto è stato salutato, ora però è necessario tornare alla vittoria.
Matteo Zizola