Un pareggio che dà continuità e che porta insegnamenti anche dal punto di vista tattico. Un Cagliari aggressivo ma impreciso, contro un Torino arcigno e pronto a fermare anche con le cattive i tentativi dei rossoblù. Mazzarri ha ricevuto risposte positive dalla prima ora di gioco, per poi trovare segnali in ottica futura dalle difficoltà dell’ultimo quarto d’ora.
Chi troppo vuole
Continuità di risultati – quattro pareggi – e continuità tattica. Il Cagliari sceso in campo con il 3-5-2 dimostra di aver scelto una strada che verrà difficilmente modificata e che segnerà il passo anche in chiave mercato. Una tattica che fa dell’elasticità di Nández e Marin l’elemento di diversità, con il costante passaggio dallo schieramento a cinque in mezzo al campo a quello a quattro. I due interni di centrocampo, infatti, sono liberi di alzarsi a turno per supportare Joao Pedro e Keita, a loro volta chiamati ad alternarsi come trequartista e terminale offensivo.
Il Cagliari ha però perso il filo della gara non appena Mazzarri ha mescolato le carte. Non tanto il cambio di Keita con Pavoletti che, per quanto il livornese abbia sbagliato tanti appoggi, non ha di fatto modificato la disposizione in campo. A dare invece problemi alla fase difensiva è stata la scelta di rimpiazzare Grassi – obbligata dalle condizioni del centrocampista – non con un pari ruolo ma con Gastón Pereiro. Perso l’equilibratore davanti alla difesa la squadra di è allungata, lasciando uno spazio troppo ampio per le incursioni sulla trequarti dei granata. Il conseguente 3-4-3, con Marin e Nández stanchi a fare da centrali di centrocampo, non ha dato né frutti in fase offensiva né solidità in quella difensiva.
Il Torino è riuscito così a prendere possesso dello spazio tra le linee, costringendo spesso Caceres a lasciare il proprio avversario diretto per andare a chiudere centralmente come una sorta di mediano occulto. Va da sé che il difensore uruguaiano si ritrovava spesso fuori tempo, nella classica terra di nessuno, lasciando così in balia dell’uno contro uno i compagni di reparto.
Con il passare dei minuti e con le distanze che si ampliavano, Marin e Nández hanno perso il controllo della mediana mentre la difesa, di riflesso, ha cominciato ad abbassarsi pericolosamente. Questo ha lasciato lo spazio al Torino per trovare sbocchi centrali, fino a pericolosi fraseggi stretti che partivano dal limite dell’area per portarsi spesso vicino alla porta di Cragno come in occasione dell’incursione di Baselli. In sostanza, l’aggiunta di un giocatore offensivo come Pereiro, più che dare maggiori chance di vittoria al Cagliari, ha portato più occasioni agli uomini di Juric. Come spesso accade, infatti, più elementi d’attacco non hanno come conseguenza maggiore pericolosità, mentre il mantenere l’equilibrio trovato avrebbe potuto, chissà, dare più possibilità ai rossoblù di incidere nell’ultimo quarto d’ora.
Un esempio è arrivato dalla rete spettacolare messa a segno da Joao Pedro. Il gesto tecnico è solo una parte dell’azione. Sono diversi infatti gli elementi chiave che hanno portato alla segnatura, dal supporto di Caceres – che così facendo ha spostato l’attenzione dal possibile raddoppio sull’esterno dei difensori granata – alla capacità di Bellanova di puntare l’uomo piuttosto che ripartire con un passaggio all’indietro e il conseguente giro palla. Infine la presenza nell’area del Torino di quattro giocatori che impegnano tutta la difesa di Juric.
Non solo Cragno
Che il gol del vantaggio del Torino sia arrivato soprattutto a causa della respinta centrale di Cragno è lapalissiano. L’alibi del pallone visto all’ultimo e del rimbalzo pochi centimetri davanti a sé non toglie responsabilità all’estremo di difensore di Fiesole. Nonostante ciò, il portiere rossoblù è stato bravo a recuperare l’errore con una parata importante su Sanabria alla quale ha fatto seguito la sfortunata carambola con protagonista Carboni.
L’azione però parte da una mancanza di squadra, nello specifico del centrocampo. L’attacco della sfera sull’esterno, con quattro giocatori a stringere il Torino sulla fascia, ha fatto sì che una volta arrivato lo scarico su Pobega ai 40 metri il centrocampista granata avesse tanto spazio davanti a sé per preparare la giocata. Marin, preoccupato dalla presenza di Brekalo alla sua sinistra, non accorcia sull’avversario che ha così la possibilità di avanzare fino al tiro.
Una volta che Pobega sceglie la conclusione dalla distanza, è Carboni a sbagliare fidandosi troppo della probabile parata di Cragno. Probabile, ma non sicura. Il centrale di Tonara segue solamente la zona della palla perdendo il contatto con Sanabria, suo avversario diretto. Non avendo tagliato fuori il centravanti granata – senza dimenticare di un Dalbert anch’egli poco reattivo – Carboni si ritrova in ritardo sulla respinta di Cragno creando i presupposti per l’autogol che ha portato in vantaggio il Torino.
Oltre l’aspetto tattico è da notare l’imprecisione del Cagliari alla voce passaggi. I rossoblù hanno infatti segnato un 69% di passaggi riusciti, con Caceres (49%), Nández (59%) e Dalbert (59%) ampiamente sotto la media di squadra. Un dato frutto anche della tipologia di gara, basata sugli uno contro uno e su un’elevata intensità, come dimostrato anche dal 70% segnato dal Torino. Abbinare aggressività a pulizia deve essere l’obiettivo di Mazzarri per il futuro, anche solo alzando di qualche punto la percentuale di passaggi riusciti potrebbe fare la differenza tra un pareggio e una vittoria.
Matteo Zizola