Un passo avanti nell’atteggiamento, un altro nella gestione difensiva di una gara complessa, nessun nella classifica. La sconfitta del Cagliari contro la Lazio ha dato segnali tattici importanti e per certi versi positivi, anche se sono stati quelli mentali a prendere la scena pur nel negativo del punteggio. Mentalità che si è riflessa nell’attenzione pur non mancando problemi fisiologici e per certi versi accettabili.
Difficoltà Ninja – Nainggolan da uomo in più arrivato nel mercato di gennaio si è trasformato all’Olimpico in nota dolente. Comprensibile l’aspetto fisico che ancora latita, meno quello tecnico che ha portato a errori non da lui.
L’esempio della gara del Ninja è tutto nell’azione che porta alla prima occasione della Lazio formata Luis Alberto. Il Cagliari porta avanti una transizione interessante, Lykogiannis – in alto a sinistra – asseconda la manovra spingendo sulla fascia mentre Joao Pedro prova a portare via Lazzari. Nainggolan, però, sbaglia la misura del taglio in diagonale.
Nasce così il contro-contropiede degli uomini di Inzaghi. Lazzari approfitta di un Lykogiannis fuori posizione per attaccare lo spazio, fino ad arrivare sul lato corto dell’area rossoblù e crossare sulla parte opposta verso Luis Alberto. Nández, in ritardo su Correa dopo aver supportato l’azione offensiva, pone Walukiewicz di fronte al due contro uno. Seguire l’argentino o accorciare su Luis Alberto? Quest’ultimo arriverà alla conclusione al volo, bravo Cragno a mettere in angolo. Resta un’azione che nasce da un errore di un Nainggolan quasi mai preciso e presente.
Palla verticale e gol – Il vantaggio biancoceleste arriva con un doppio classico. Offensivo, perché Milinkovic Savic è maestro nell’andare a cercare lo spazio in verticale tra centrale e terzino, in questo caso Rugani e Tripaldelli, per poi usare il fisico come grimaldello per servire il compagno a rimorchio o concludere lui stesso. Difensivo, perché il Cagliari fatica sui palloni lunghi nei quali la difesa non riesce a scappare con i tempi giusti, ma soprattutto il centrocampo – e l’attacco – manca nell’aggressione al portatore palla.
Acerbi ha la massima libertà per poter calibrare il lancio a tagliare il campo, né Pavoletti né Nainggolan accorciano per tempo dando così al centrale laziale la possibilità di salire, prendere la mira, e calibrare il pallone per Milinkovic Savic.
Il Cagliari è ben disposto, la Lazio è però brava ad attaccare la parte debole della difesa con tre uomini, tenendo Lazzari largo per creare ulteriore spazio. Si crea un tre contro due, Rugani resta a metà tra aiutare Tripaldelli e seguire Immobile, mentre il giovane terzino deve chiudere la diagonale su Correa e Milinkovic Savic. Scontro fisico improbo quello con il serbo che fino a quel momento aveva trovato in Lykogiannis un avversario meglio piazzato come prestanza.
Si è imputata anche a Walukiewicz la poca marcatura di Immobile, ma il polacco ha come riferimento più Luis Alberto. Godín è su Correa, staccatosi dal duo Rugani – Tripaldelli che invece prova a contrastare Milinkovic. C’è anche da accettare la bravura altrui, se poi si volesse trovare un’imperfezione è forse Marin a non essere rapido nell’accorciare verso la linea difensiva.
Il vero problema del Cagliari a Roma non è stato però di natura tattica e tantomeno di gestione difensiva. Prendere un gol all’Olimpico, peraltro non subendo nessun assedio, è nell’ordine delle cose. La vera pecca è stata non capitalizzare le diverse occasioni avute, quella mancanza di cinismo che ormai latita da tempo. Da Marin e il pallonetto a Reina a Pereiro e la conclusione alta, passando soprattutto per Pavoletti e il tiro su Lazzari i rossoblù avrebbero dovuto mettere in rete una delle occasioni capitate. Solo così si può pensare di strappare punti ovunque e contro chiunque. Andare a Roma, avere tre occasioni nitide e mancarle tutte non può che portare a una sconfitta seppur di misura.
Matteo Zizola