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L’Analisi Tattica | Cagliari pareggio d’orgoglio, ma i gol di Idrissi e Felici non sono casuali

Mattia Felici esulta dopo il gol in Verona-Cagliari | Foto Valerio Spano
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Un pareggio strappato con orgoglio, una prestazione che ha lasciato diversi dubbi e che, allo stesso tempo, ha regalato spunti positivi almeno potenzialmente. Il Cagliari che è tornato da Verona con un 2-2 in rimonta può guardare con il sorriso il punto guadagnato, ma deve necessariamente rivedere alcuni dettagli alla voce scelte. Non tanto quelle a sorpresa della formazione iniziale scelta da Fabio Pisacane, nemmeno quelle in corsa, quanto in alcuni particolari (concentrazione e svolgimento dei compiti nelle palle inattive, ad esempio) e in una certa ripetitività all’interno di una stessa partita delle opzioni in fase offensiva.

Di nuovo a cinque
Una formazione iniziale con scelte a sorpresa, alcune senza particolari risvolti tattici e altre (una su tutte) dettata probabilmente da un piano gara definito. La difesa a cinque ha visto Palestra a destra, come tre centrali Zappa, Zé Pedro e Obert e a sinistra Idrissi. In mezzo al campo Prati e Liteta, quindi Gaetano e Folorunsho a supporto di Borrelli. Difficile capire (al netto della spiegazione turnover con tre partite in otto giorni) la rinuncia a Luperto, mentre la presenza di Liteta e Idrissi hanno avuto la loro giustificazione alla prova del campo.

In fase di non possesso il Cagliari si è schierato con un 5-2-2-1, cercando così di limitare le corsie esterne del Verona (soprattutto quella di destra con Belghali) e di creare densità nella zona di rifinitura dove l’attacco leggero del Verona porta diversi interpreti. La scelta di Idrissi nasce dalle caratteristiche dell’esterno destro gialloblù, veloce sul lungo e allo stesso tempo possibile punto dolente se attaccato. Una caratteristica già presente nel Verona di Zanetti della passata stagione, l’asimmetria offensiva spostata a destra con un esterno rapido (Tchatchoua l’anno scorso, Belghali in questo) e una seconda punta sempre rapida che va a creare densità nella stessa zona (Giovane oggi e spesso Sarr nella stagione passata). Da qui il duo Obert-Idrissi (con l’aiuto di Liteta) sulla corsia mancina rossoblù.

Uno dei possibili problemi, però, sarebbe potuta essere la fase successiva a un’eventuale giocata di Giovane partendo dall’esterno. La zona davanti alla difesa, infatti, senza un vero e proprio mediano centrale lasciava parecchio spazio tra le linee, spazio che ha permesso – seppur raramente – lo scambio nello stretto che ha portato poi grazie a un rimpallo alla grande doppia occasione per il Verona con Serdar e Giovane.

I padroni di casa, per filosofia, non utilizzano la costruzione dal basso, puntando maggiormente sul pallone lungo e la caccia alle seconde palle in mezzo al campo. La prima pressione del Cagliari non poteva essere dunque alta e aggressiva, ma quando possibile gli abbinamenti sono apparsi chiari. Borrelli con il doppio compito di schermare il play Serdar e di attaccare il centrale della difesa a tre, Prati con quello di sostituirsi su Serdar a accorciare la squadra quando il compagno si spostava su Nelsson, mentre Folorunsho e Gaetano curavano rispettivamente i due braccetti difensivi.

Costante e ripetitività
Dalla trasferta di Verona arriva un segnale chiaro dal punto di vista tattico. Il Cagliari, a seconda dell’avversario, sceglie dove e come cercare di colpire e poi prova la soluzione designata in maniera quasi maniacale. Fino a risultare eccessiva, con poche alternative e con una certa difficoltà nel capire i momenti in cui insistere con la stessa opzione o quelli, al contrario, nei quali provare ad aprire altre vie.

Una delle soluzioni provate dal Cagliari non solo a Verona è quella della verticalizzazione rapida sul lungo per l’attaccante che attacca la profondità, con l’altro giocatore offensivo che si stacca andando verso la propria metà campo per portare via un avversario. Opzione che al Bentegodi si è vista praticamente subito e poi quasi mai. In questo caso, l’occasione iniziale di Borrelli, da segnalare la giocata di personalità di Liteta che con un passaggio apparentemente semplice esce dal tentativo di pressione del Verona trovando Prati libero. Poi il lancio proprio di Prati che a memoria cerca sul lungo Borrelli mentre Folorunsho corre verso la propria metà campo per liberare lo spazio.

La vera costante della fase offensiva del Cagliari, però, è stata la ricerca delle vie centrali. Non tanto con i lanci per sfruttare la fisicità di Borrelli per poi attaccare lo spazio dopo il lavoro del centravanti nel pulire il pallone, opzione vista come alternativa, quanto con un giro palla in attesa dell’imbucata per il duo Gaetano-Folorunsho, più il primo che il secondo, ma comunque entrambi in costante movimento alle spalle e intorno a Borrelli. In questo contesto importante la posizione di Idrissi ad allargare il campo e a dare ulteriore profondità, schiacciando così sia Belghali che il braccetto del lato sempre destro della difesa.

Una novità vista al Bentegodi è stata la posizione di Prati, non riferimento ed equilibratore davanti alla difesa, ma con maggiori compiti di incursione tra le linee. Un terzo trequartista per certi versi, situazione create dalla scelta di Liteta come compagno di centrocampo senza peraltro abbassare Folorunsho come interno. Con Liteta, infatti, Pisacane ha scelto un giocatore più votato alla copertura davanti alla difesa, ma allo stesso tempo con tecnica che potesse permettergli un minimo di compiti di regia. Al contrario di Adopo, più votato alla corsa verticale e meno costruttore-mediano, con lo zambiano Prati ha giocato diversi metri più avanti nel primo tempo, salvo poi (come vedremo) tornare ai compiti più da mediano con l’ingresso di Adopo.

Perché la scelta di andare per vie centrali? Una delle possibilità è che Pisacane, creando densità nella zona di rifinitura, volesse sfruttare la filosofia difensiva del Verona a proprio favore. Zanetti, infatti, non chiede ai singoli di andare uomo su uomo e rompere così la linea – aprendo spazi alle proprie spalle – se non al giocatore che segue il riferimento centrale (Borrelli nel Cagliari). Al contrario la fase di non possesso del Verona mantiene una struttura definita, un blocco che difficilmente si apre con marcature fuori dalla propria zona di competenza. Per questo il Cagliari è riuscito ad arrivare con discreta facilità (o direttamente da verticali dei tre centrali di difesa o passando da Prati) sulla trequarti, salvo poi finire nell’imbuto gialloblù con i difensori che aspettavano al limite dell’area aiutati dai vari Akpa Akpro, Serdar e Gagliardini. Il poco sfogo sulle fasce laterali, ma soprattutto le difficoltà tecniche di Folorunsho hanno dato vita facile al Verona nel difendere questa soluzione.

Uno dei tanti esempi che possono spiegare le difficoltà del Cagliari nel capire come sviluppare quanto preparato è arrivato quando Prati, in gestione del pallone, ha scelto il pallone lungo in profondità invece che quello tra le linee con un passaggio chiave per Gaetano. Un sistema di medio-lungo che ha dato troppa predominanza all’uno o all’altro nei momenti sbagliati, con un problema di scelta che ha penalizzato una strategia altrimenti non del tutto errata, anzi.

Cambi
Al rientro dagli spogliatoi e con Adopo per Liteta, il Cagliari non ha modificato le proprie posizioni sostanziali, ma allo stesso tempo le diverse caratteristiche dei due centrocampisti hanno cambiato e non poco la gestione della zona mediana del campo.

Intanto Adopo si è piazzato sul centrodestra con Prati spostato sul centrosinistra, una scelta che con Gaetano sullo stesso lato del ravennate non ha migliorato, anzi, la linearità della manovra. In più, aspetto non da poco, le caratteristiche del francese hanno fatto sì che fosse lui ad attaccare lo spazio tra le linee del Verona e non più Prati – prima protetto da Liteta – ad alzarsi di quindici-venti metri.

Solo con i successivi due cambi Pisacane ha cambiato realmente la strategia del suo Cagliari. Non solo come modulo, con il passaggio al 4-2-4 in fase di possesso e al 4-4-1-1 in quella di non possesso, ma soprattutto come interpretazione delle due fasi. Una squadra più avanzata, con la stessa compattezza ma diversi metri più avanti, situazione figlia anche del doppio svantaggio, ma che potrebbe (o dovrebbe) essere ripetuta anche dall’inizio. Soprattutto il 4-2-4 è stato la chiave per trovare nuove soluzioni offensive, con maggiore copertura dei cinque corridoi verticali e il tentativo (prima con Luvumbo, poi con Felici) di sfruttare anche la fortuna del cambio chiesto da Belghali e di un Cham non proprio attento in difesa.

La rete di Idrissi che ha dimezzato lo svantaggio arriva proprio grazie al cambio tattico. Obert in conduzione da braccetto, Luvumbo fondamentale nell’uscire dalla linea offensiva e liberare la propria zona per Idrissi, l’esterno di Sadali che partendo largo attacca il mezzo spazio del centrodestra della difesa del Verona sorprendendo Cham.

Ad aggiungere ulteriori elementi, da rilevare i movimenti della coppia d’attacco pesante Borrelli-Pavoletti. Il livornese esce dalla linea d’attacco per andare incontro all’eventuale appoggio, portando con sé uno dei tre difensori e liberando ulteriormente il mezzo spazio, mentre l’ex Brescia attacca la profondità per dare l’opzione del pallone orizzontale a Idrissi e per, ancora di più, attirare la marcatura dell’altro centrale.

Ancora più significativa la disposizione del Cagliari in attacco quando arriva il 2-2. Già da diversi minuti, con l’ingresso di Felici a sinistra e Luvumbo spostato sul lato opposto al posto di Palestra, la costante cercata dai rossoblù è stata quella di isolare Felici sull’esterno per l’uno contro uno con Cham. Contemporaneamente è interessante vedere i compiti richiesti a Pavoletti e Idrissi, uno a occupare il mezzo spazio e l’altro una zona più centrale (in questo caso addirittura il terzino che diventa punta), con Borrelli che ha preso il mezzo spazio opposto e Luvumbo a chiudere il quintetto. Una strategia che ha portato così all’uno contro uno in ogni corridoio e permesso a Felici di non essere raddoppiato o triplicato se non in ritardo.

Errori
Palla inattiva, transizione negativa, Caprile che copre una distrazione individuale su tutte. Queste le difficoltà principali del Cagliari a Verona non solo come episodi singoli e determinanti (o quasi), ma anche come tendenza che solo alcune imprecisioni dell’Hellas hanno evitato diventassero altre reti.

Come già segnalato in tutte le gare precedenti, la difesa del Cagliari sulle punizioni esterne dalla trequarti si sistema con un blocco basso che arriva a circa dieci metri da Caprile. Una strategia nata in Serie A ed esportata anche all’estero da allenatori italiani (esempio Ancelotti) e che punta a dare più spazio frontale ai propri difensori, con però il lato negativo di far avvicinare tanti uomini alla propria porta. Il Verona, consapevole di questa disposizione scelta dai rossoblù, ha cercato non solo in occasione del gol, ma anche in diverse altre, il pallone frontale per una deviazione che potesse ingannare Caprile, anche perché la distanza dalla porta del blocco difensivo rende situazioni di questo tipo difficili da leggere per un portiere. Fondamentale, dunque, che la linea arretrata attacchi il pallone, cosa che non avviene nel gol di Gagliardini con Prati troppo leggero e che si fa anticipare dall’avversario.

Tra le grandi parate di Caprile spicca quella su Giovane nella ripresa, con il brasiliano che si ritrova solo a pochi passi dalla porta. Cagliari ancora con la difesa a cinque, ma con Idrissi che compie forse l’unico vero errore del pomeriggio. Sul cross dal lato opposto, infatti, il mancino non copre la diagonale, non accorcia su Giovane e lascia troppo spazio tra sé e l’avversario. Attenzione troppo su pallone e linea e poco o niente sull’uomo, un difetto che anche altre volte i difendenti del Cagliari hanno manifestato in questa prima parte di stagione.
Il secondo gol del Verona, invece, arriva da una transizione negativa che ha poco da raccontare. Cham che parte in progressione e che Borrelli non riesce a fermare con il fallo, Giovane che sfrutta la propria velocità contro Obert, Orban che va in verticale senza palla scegliendo la traccia tra Zé Pedro e Zappa senza che quest’ultimo riesca a tenerne la corsa. Insomma, tanta bravura dei singoli più che una situazione tattica correggibile.

Matteo Zizola

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