La vittoria che passa dal cambiamento, l’adattarsi che vince sull’intransigenza altrui. Da una parte Di Francesco, dall’altra Giampaolo, in mezzo un passato accomunato dal fallimento che diventa desiderio di riscossa. Un derby abruzzese vinto da chi arrivava dai problemi genovesi, proprio contro chi grazie ai risultati ottenuti sotto la Lanterna aveva ottenuto il pass direzione Milano sponda rossonera. Dai fallimenti alla voglia di ripartire senza modificare le proprie idee di fondo, Di Francesco e il 4-3-3, Giampaolo e il rombo, i giocatori da adattare allo schema e non viceversa. Poi arriva la pausa per le nazionali, il mercato chiuso, una rosa da analizzare e un bivio davanti, proseguire sulla strada tracciata ché indietro non si torna oppure cambiare per poter far esprimere al meglio il materiale a disposizione.
I numeri servono a dare un’idea di fondo, parlare di 4-2-3-1 aiuta a capire le linee generali del Cagliari visto ieri a Torino. Eppure c’è di più, perché la squadra messa in campo da Di Francesco è andata oltre lo schema fisso che l’analisi numerica impone. Certo, con i Granata in possesso la linea difensiva a 4 risultava chiara, il resto è stato un 4-1-1 con Joao Pedro a fare da collante e a scambiarsi l’interesse verso il regista avversario con Simeone, mentre gli esterni Nández e Sottil arretravano a dare manforte alla mediana. Un remake della gara di Bergamo, che però ha preso una forma totalmente differente quando la squadra attaccava.
Un Cagliari camaleontico
Zappa a briglie sciolte, Nández che da esterno d’attacco liberava lo spazio per il giovane terzino accentrandosi. Questo movimento è stato la chiave di volta di tutta la prima frazione di gioco. Il rombo di Giampaolo ha sofferto tantissimo sul lato sinistro della difesa tra un Linetty che doveva occuparsi sia di Nández che di un Marin pronto a proporsi e un Rodriguez lasciato alla mercé dell’avversario diretto. In tutto questo non va sottovalutata l’importanza del doppio ruolo di Lykogiannis, capace di passare da esterno della difesa a 4 quando chiamato in proiezione a supporto di Sottil a terzo di sinistra in quella a tre quando la squadra, come accaduto sovente, spingeva sul lato opposto.
L’evoluzione della manovra sulla fascia destra non si fermava all’apertura dello spazio per Zappa da parte di Nández. Sia sul gol del raddoppio di Simeone sia sull’occasione capitata tra i piedi di Sottil l’azione ha lo stesso sviluppo. Il León che dopo aver creato i presupposti per la discesa del giovane compagno tagliava per dargli supporto e creare la superiorità numerica sull’esterno, il triangolo tra i due a liberare l’uruguaiano dentro l’area avversaria, Joao Pedro e Simeone a dividersi i sedici metri granata, Sottil a chiudere sul lato opposto. Una situazione di gioco che non ha visto Giampaolo cercare contromisure adeguate, ricordando le gare del Cagliari di Maran quando il rombo andava in difficoltà sulla doppia spinta degli esterni avversari e la mezzala chiamata a un lavoro importante e decisamente eccessivo.
Tre punti, buon gioco, ma… – È tutto oro quello che luccica? Sarebbe eccessivo descrivere la vittoria rossoblù contro il Torino come una gara perfetta. Certo, Sottil e Marin sono cresciuti sensibilmente rispetto alle prime uscite, Lykogiannis sembra aver trovato nuova linfa dall’arrivo di Di Francesco, Simeone ha confermato la propria vena realizzativa, Joao Pedro ha tratto giovamento dalla posizione più centrale, infine su tutti il duo Nández – Zappa che ha fatto vedere i sorci verdi a Rodriguez e Linetty. Eppure proprio il terzino ex Pescara ha dimostrato quanto ci sia da lavorare su alcuni aspetti della fase difensiva.
Belotti ha avuto difficoltà contro Walukiewicz e da attaccante navigato qual è ha scelto Zappa come suo avversario diretto nella ripresa, spostandosi più sull’esterno per poi tagliare verso l’area. L’azione del gol del 2 a 2 nasce da un ritardo di Sottil nell’accorciare su Vojvoda, lasciando così Lykogiannis di fronte alla difficile scelta tra lasciare scoperta la linea o permettere il cross dalla trequarti. Resta però decisiva la mancata chiusura di Zappa sul Gallo, che come si vede nell’immagine sopra parte proprio dalla sinistra offensiva per poi prendere il tempo al terzino rossoblù. Una situazione che si è poi ripetuta più volte, dal colpo di testa finito alto all’ultima occasione con la rovesciata parata da Cragno all’ultimo minuto di gioco. Aspetto da limare e che fa parte della crescita del calciatore e anche figlio delle richieste di un atteggiamento offensivo da parte di Di Francesco al suo giovane esterno.
Un altro punto negativo del Cagliari visto a Torino è stato l’approccio ai due tempi, prima con il rigore su Lukic poi con il gol di Belotti in apertura di ripresa. Non solo un fatto di concentrazione, soprattutto la massima punizione causata a inizio gara ripropone un errore di base già visto contro l’Atalanta nella rete di Muriel. Come si vede nell’immagine sopra, Walukiewicz segue come un’ombra Belotti che libera così lo spazio per l’inserimento del trequartista. Godín ha almeno due metri di vantaggio su Lukic quando la giocata sta per partire, eppure si fa fulminare dall’avversario sul pallone verticale del terzino svizzero. Con il campo aperto e il compagno chiamato fuori dalla linea, Godín avrebbe dovuto leggere la situazione con più anticipo andando a tagliare prima verso la propria area, mentre come indica la sua postura l’idea sembra più quella di chiudere in orizzontale piuttosto che assorbire. Il resto lo fa Cragno con un’uscita leggermente fuori tempo, ma di quel tanto decisivo da tramutare un possibile miracolo in un errore.
Matteo Zizola