Tra desideri inespressi e realtà è arrivato il momento per Di Francesco di guardare al materiale a disposizione per mettere in campo il suo Cagliari. Il mercato ha lasciato in dote al tecnico abruzzese una rosa ampia, fin troppo, ma che nel nome della duttilità e delle tante soluzioni può dargli l’occasione di variare il canovaccio tattico all’occorrenza. In cima alle preferenze resta comunque il suo marchio di fabbrica, quel 4-3-3 visto già contro il Sassuolo e parzialmente contro la Lazio.
Partendo proprio dal 4-3-3 non si può non considerare l’importanza degli esterni sia di difesa che d’attacco. Nell’idea di gioco di Di Francesco sono diversi i fattori che guidano la fase offensiva, innanzitutto l’attacco della profondità da parte delle cosiddette ali che devono abbinare corsa verticale alla ricezione della palla tra le linee.
Nel primo caso possiamo vedere due situazioni di gioco nella gara contro il Sassuolo.
In occasione del colpo di testa di Simeone l’azione si sviluppa grazie all’avanzamento del terzino di destra – Faragò – e al posizionamento più centrale che largo degli esterni d’attacco – Nández e Joao Pedro. Grazie al movimento del León, Faragò ha lo spazio per attaccare la fascia e decidere se combinare con il compagno o mettere al centro il cross. La postura degli esterni d’attacco è evidente, rivolti verso la porta avversaria a spingere i propri marcatori in difesa dell’area.
Il gol del vantaggio è un altro esempio di questo atteggiamento volto a spingere in verticale da parte delle ali. Una, Joao Pedro, parte più centrale per poi allargarsi mentre l’altra, Sottil, fa il movimento opposto dall’esterno a chiudere verso il centro dei sedici metri.
La richiesta di alternare verticalità a ricerca dello spazio tra le linee è evidente in questo fotogramma della gara contro la Lazio. Joao Pedro e Sottil infatti non scappano, ma vengono incontro in una zona più centrale trovando tra difesa e centrocampo un’area favorevole per ricevere palla. Gli esterni d’attacco difficilmente giocano larghi, nel caso del numero 10 brasiliano diventa ancora più importante questa richiesta che lo aiuta a giocare più vicino al centravanti e dunque alla zona dove può essere pericoloso. Pensando a un Cagliari con Ounas, la posizione a piede invertito favorisce ancora di più la ricerca di questo movimento dall’esterno verso il centro per poi colpire verso la porta o cercare il taglio del compagno sul lato opposto.
Oltre alla fase offensiva c’è ovviamente quella difensiva nella quale il 4-3-3 si trasforma. Fondamentale diventa il lavoro del regista che più che un play vecchio stampo è chiamato a fare un lavoro di pulizia tra le linee non indifferente. Come si vede nel fotogramma precedente, Marin non è piatto – ovvero non è il linea con i compagni di reparto – ma staccato a formare un triangolo di centrocampo che si ripete anche quando attaccano gli avversari.
Dal 4-3-3 la squadra si trasforma in un 4-1-4-1 che vede gli esterni offensivi ripiegare – ora sì piazzandosi larghi sulla linea di centrocampo – e il mediano regista posizionarsi davanti alla difesa e alle spalle delle mezzali. Proprio queste ultime sono chiamate a un lavoro che ne dovrebbe premiare le diverse caratteristiche. Da un lato Nández, più di aggressività che di inserimento verticale, dall’altro Rog che fa degli strappi in avanti la sua qualità principale. È pur vero che grazie alle loro doti i due compiti possono essere invertiti, l’uruguaiano non disdegna le corse in avanti così come il croato è capace di fare adeguato filtro, un po’ come nella Roma di Di Francesco con Strootman da una parte e Nainggolan dall’altra (fatte le dovute proporzioni). Marin, il frangiflutti davanti alla difesa, deve ancora adeguarsi a un ruolo abbastanza diverso dalle sue abitudini, in questo contesto non sembrerebbe essere fuori posto un elemento come Filip Bradaric che potrebbe assomigliare più al De Rossi giallorosso rispetto al compagno ex Ajax.
Tra le tante richieste di Di Francesco ai suoi giocatori non vanno dimenticate quelle fatte agli esterni di difesa. In attesa della piena crescita di Zappa e Tripaldelli, nelle prime due uscite (quelle con il 4-3-3) la scelta è ricaduta su Faragò e Lykogiannis. Come visto sopra contro il Sassuolo i terzini devono saper sfruttare lo spazio creato dalle ali quando si accentrano e l’occasione citata con Faragò ne è un esempio. Il secondo gol subito contro la Lazio mostra però una criticità che nasce appunto dall’interpretazione del ruolo e dalle richieste di Di Francesco. I terzini devono sapere sia accorciare in avanti sia assorbire (termine caro all’allenatore rossoblù), nel caso mostrato sopra Faragò resta a metà per via di una scelta sbagliata. Invece appunto di assorbire come richiesto dalla giocata avversaria, prova ad accorciare in ritardo lasciando via libera a Marusic. Anche per questo motivo probabilmente sia Zappa che Tripaldelli avranno bisogno di tempo, soprattutto il secondo, per capire quando spingere – anche difensivamente – e quando rinculare verso la propria area.
Matteo Zizola