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L’ANALISI | Mazzarri e il suo Cagliari senza paura. Ma i calci piazzati…

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Consapevolezza e furore, il tutto mescolato con il cambio giusto al momento giusto e un Cragno formato azzurro. Il Cagliari corsaro a Torino ha messo in mostra tutto il repertorio delle ultime settimane, incluse le difficoltà nel difendere le palle inattive avversarie.

Ritorno al passato

Se non si considerassero i ritmi elevati e gli spazi ridotti, Torino-Cagliari potrebbe essere descritta come una partita d’altri tempi. Le marcature a uomo a tutto campo, e non solo tra difesa e mediana, sono state la cifra stilistica della sfida tra Mazzarri e Juric. Addio alle scalate, addio alla zona, accoppiamenti sistematici che hanno portato a duelli individuali durante tutta la gara. E da questo aspetto, previsto già nella preparazione della partita, il tecnico rossoblù ha saputo trarre le proprie conclusioni per far soffrire il collega granata.

Chi si aspettava il 3-4-2-1 d’ordinanza è rimasto deluso. I numeri tattici hanno lasciato spazio a uno schema liquido, ma soprattutto a scelte che hanno sparigliato le carte. L’attesa era per il duello tra Joao Pedro e Bremer, ma è rimasta tale. Perché Mazzarri, consapevole della forza del centrale del Torino, ha spostato i suoi tre uomini offensivi togliendo al difensore granata ogni riferimento. Marin una sorta di falso nove, che assieme a Pereiro portava fuori Bremer dalla linea, mentre il capitano rossoblù partiva largo a sinistra costringendo Djidji a più di un fallo.

Il gol del vantaggio siglato da Bellanova è un esempio di come le scelte di Mazzarri creino confusione nella retroguardia granata. La rimessa laterale di Dalbert prende di sorpresa il Torino, ma è nella posizione di Marin e Joao Pedro la chiave della rete del Cagliari. Il romeno è spostato a sinistra assieme al compagno brasiliano, costringendo così Bremer ad abbandonare il centro della difesa. Si aprono così gli spazi per gli inserimenti dei due centrocampisti Deiola e Grassi, con quest’ultimo che approfitta della distrazione di Lukic per prendergli il tempo. Sul lato opposto Bellanova capisce in anticipo l’evolversi della giocata e prende il tempo ad Ansaldi andando a chiudere in rete l’azione. In mezzo è importante anche la posizione di Pereiro che, uscendo dalla zona calda dell’area, evita di portare un uomo a chiudere il buco creatosi con il movimento dei compagni d’attacco.

La miglior difesa

Due momenti lontani nel tempo, ma che danno il peso dell’atteggiamento del Cagliari visto a Torino. La prima occasione con Joao Pedro che di testa si fa fermare da Milinkovic – e il tap-in alto di Deiola – e l’ultima, con Goldaniga che sbatte sull’estremo difensore avversario. La miglior difesa è l’attacco anche quando si è in vantaggio e mancano pochi minuti al fischio finale.

In apertura il Cagliari bussa dalle parti di Milinkovic. L’azione nasce da una palla lavorata da Dalbert sulla sinistra. appoggiata a Marin in supporto e servita – in stile rugbistico – in orizzontale verso il limite dell’area. Sono sei, più il mancino brasiliano, i giocatori rossoblù a supporto dell’azione d’attacco. Entrambi gli esterni di fascia, i due centrocampisti più i tre giocatori del reparto offensivo. Non è dunque un caso che sulla respinta del portiere siano prima Joao Pedro poi soprattutto Deiola ad arrivare per primi sulla sfera.

Il segnale specchio della mentalità del Cagliari arriva quando Goldaniga ha la palla per chiudere il match. Nonostante i gol subiti da Fiorentina prima e Napoli poi – entrambi in ripartenza da situazione di vantaggio – i rossoblù non hanno alcun timore di subire una nuova rimonta anche in quel di Torino. Abbassarsi sarebbe controproducente, meglio attaccare e provare a mettere in ghiaccio il risultato. La dimostrazione è nel calcio d’angolo battuto da Marin che porta all’occasione per Goldaniga, con ben sei giocatori rossoblù a riempire l’area avversaria più Bellanova ai sedici metri.

Transizioni e cambio

Gli uomini di Mazzarri hanno saputo soffrire quando costretti a farlo, con Cragno sugli scudi e decisivo per mantenere il punteggio sull’uno a zero. Nella ripresa, dopo il gol di Belotti – che analizzeremo più avanti – il Cagliari ha avuto più convinzione del Torino nella caccia ai tre punti. Non solo, ma il tecnico toscano ha saputo trovare l’uomo giusto al momento giusto pescando la carta Pavoletti dal mazzo.

Il gol decisivo di Deiola arriva grazie a una transizione rapida, sfruttando una delle armi a disposizione. La velocità di Bellanova, unita alla sua lucidità nel passaggio a Pavoletti sul lato opposto, ha fatto la differenza. Non solo, ma la vicinanza tra loro dei tre giocatori più avanzati ha permesso alla squadra di sfruttare l’occasione. Deiola è salito di livello, la sua corsa verticale è risultata la chiave per arrivare alla rete da lui stesso siglata. Joao Pedro ha attaccato il centrosinistra della difesa granata, aprendo così lo spazio a Pavoletti sul centrodestra. Anche Marin, fuori immagine, corre in verticale per dare ulteriore appoggio. Gol che è una conseguenza anche della lettura del momento da parte di Mazzarri. I continui lanci, da una parte e dell’altra, hanno portato l’allenatore rossoblù a mettere dentro il suo pivot per eccellenza. Pavoletti, con il suo lavoro di fisico e di sponde, ha spaccato di fatto la partita lasciando al Torino e alla sua difesa solo le briciole.

Nota dolente

Non tutte le ciambelle riescono con il buco, non fa eccezione il dolce confezionato dal Cagliari a Torino. Resta sempre aperta la questione dei calci piazzati, vera e propria nota dolente della fase difensiva rossoblù.

Prima del gol di Belotti ci sono stati diversi antipasti che solo Cragno con la sua bravura ha evitato diventassero reti subite. Il primo quando Bremer colpisce da pochi passi. La difesa è schierata in orizzontale al limite dell’area, a zone come doveroso in situazioni di questo tipo. Ma l’uomo libero sul lato opposto Vojvoda – è un campanello d’allarme.

La stessa identica disposizione si ripete quando Brekalo impegna Cragno calciando direttamente in porta. Sul lato opposto è ancora una volta Vojvoda a essere solo e pronto a essere servito in caso di cross lungo.

Quando poi il Torino prova la giocata rasoterra verticale, come nell’occasione che porta Pobega al tiro, il difetto di concentrazione è evidente. È troppa la distanza dei marcatori rossoblù dall’uomo di riferimento, e in questo caso è Altare a lasciare campo libero al centrocampista scuola Milan il cui tiro di sinistro finirà di pochissimo a lato.

Il gol del momentaneo pareggio aggiunge un tocco di negligenza in più a segnali già resi evidenti dalle precedenti occasioni. Perché in questo caso non è Vojvoda a essere libero sul lato opposto alla punizione dalla trequarti, ma è l’uomo più pericoloso dei granata. Belotti è in totale solitudine, Grassi è fin troppo stretto e il resto lo fa la deviazione di testa di Dalbert che allunga la traiettoria sul secondo palo, proprio dove il gallo è libero di colpire indisturbato. Rete che, va detto, nasce proprio da un fallo sempre di Dalbert, perfetto per quasi tutto l’incontro ma colpevole della classica ingenuità a cui ancora non ha saputo porre rimedio.

Tanti aspetti positivi e un vero unico, ma enorme, punto interrogativo. Queste le risposte trovate da Mazzarri nella vittoria di Torino, con il problema dei gol subiti dallo sviluppo dei calci piazzati sempre vivo. Contro la Lazio servirà maggiore attenzione ai dettagli vista la forza sulle palle alte di giocatori come Milinkovic Savic e compagnia. Senza dimenticare l’aspetto mentale, con un Cagliari in salute che non dovrà cullarsi sugli allori. La strada è ancora lunga, distrarsi è vietato.

Matteo Zizola

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