Un punto in tre partite per Walter Mazzarri da quando è subentrato a Leonardo Semplici sulla panchina del Cagliari. Tre gare che sono servite poco per la classifica, ma che potrebbero aver dato indicazioni importanti al nuovo allenatore sulla rosa a disposizione. La sfida di Napoli, con la sconfitta per due a zero patita al Diego Armando Maradona, un ulteriore tassello per capire quale strada intraprendere già dallo scontro diretto contro il Venezia all’Unipol Domus venerdì 1 Ottobre alle 20 e 45.
Ahi Faraone
Più che sui numeri, la sfida contro la squadra di Spalletti è stata impostata tatticamente con la scelta degli uomini. Perché il 4-4-1-1 iniziale era sì lo stesso visto nel pareggio dell’Olimpico contro la Lazio, ma le differenze nell’interpretazione sono state sostanziali. Marin in luogo di Joao Pedro come raccordo offensivo e il brasiliano al posto di Keita come terminale. Caceres a sinistra nella linea a quattro arretrata con Lykogiannis davanti all’uruguaiano, mentre a Roma Dalbert faceva coppia con il greco garantendo maggiore spinta. Deiola-Strootman il duo in mezzo al campo, più filtro che inventiva. Tutti elementi utili per il tentativo di non lasciare al Napoli vie di fuga centrali ed evitare di venire sorpresi in contropiede da Osimhen.
Dieci minuti e mezzo, tanto è durato il tentativo di Mazzarri di annullare la squadra partenopea. Che ha nelle verticalizzazioni a premiare gli inserimenti centrali, attraverso l’apertura dello spazio sia di Osimhen che dei trequartisti esterni, la sua arma letale. Il gol del vantaggio siglato dal nigeriano nasce appunto da un classico movimento del Napoli di Spalletti. Uno dei due mediani – Fabian o Anguissa – al lancio in profondità per lo scatto di Zielinski nello spazio tra terzino e difensore centrale avversario, con Caceres portato fuori dalla linea da Politano. Ci sono quattro situazioni da evidenziare nell’occasione. Intanto la posizione di Marin che, più che raccordo tra centrocampo e attacco, ha svolto il compito di schermo su Fabian Ruiz. Il movimento di Zielinski, che sorprende uno Strootman fin troppo statico nel non seguire l’avversario. La decisione di Caceres, che piuttosto che tenere la linea ed evitare l’apertura dello spazio difensivo, decide di andare uomo su uomo su Politano. Una scalata tra l’uruguaiano e l’olandese sarebbe stato probabilmente il movimento ideale. Infine Godín che non legge la giocata avversaria e resta in copertura su Osimhen piuttosto che andare a chiudere il buco tra lui e Caceres, permettendo così a Zielinski di affondare in verticale.
Una volta che il numero 20 napoletano è praticamente arrivato sul fondo, si può apprezzare ancora meglio la scelta errata di Godín. Walukiewicz è infatti abbastanza vicino a Osimhen, Zappa in controllo su Insigne sul lato opposto, mentre il Faraone non solo non ha tagliato in diagonale per chiudere su Zielinski, ma ha anche denotato lentezza nell’andare a schermare la linea di passaggio, unica possibile, del polacco verso il centravanti nigeriano.
Al contrario di quanto avvenuto in occasione del vantaggio del Napoli, Godín legge meglio la giocata tipica degli azzurri in un’altra occasione, quella che porterà poi grazie a un rinvio sbilenco sempre del difensore ex Atletico Madrid alla conclusione di Politano, parata facilmente da Cragno. In questo caso è Di Lorenzo a provare la verticale verso il compagno con il numero 21, Caceres viene attaccato alle spalle e Godín va a chiudere la diagonale corta piuttosto che restare centrale su Osimhen. Se questo stesso movimento difensivo fosse stato effettuato in occasione del gol dell’uno a zero difficilmente il Napoli avrebbe avuto vita facile come effettivamente accaduto.
Incubo Osimhen
In grandissima forma, praticamente immarcabile sia provando ad attenderlo sia provando a prenderlo alto. Victor Osimhen ha rappresentato la croce di Godín – e non solo – per tutta la serata del Diego Armando Maradona. Una spina nel fianco, sempre pronto ad attaccare la profondità così come ad andare a prendere il pallone a metà campo per partire in progressione centrale. Non solo il gol, è sufficiente vedere l’occasione che l’ha portato al tiro nella ripresa per capire il terrore della difesa rossoblù di fronte al centravanti avversario.
Osimhen prende palla a metà campo, liberandosi di Godín di forza e partendo palla al piede verso la porta. L’unico a seguirlo dei compagni è Anguissa, ma nonostante un cinque contro due il centravanti nigeriano riuscirà comunque a calciare verso la porta seminando il panico. Trentacinque metri palla al piede senza che nessuno provi ad affrontarlo per la paura di venire saltato. Un continuo rimbalzare verso la propria area che è, in sostanza, il segno delle difficoltà del Cagliari nella gestione della gara.
E anche in occasione del rigore assegnato da Piccinini per il netto fallo di Godín sul numero nove azzurro, l’azione parte da una verticalizzazione rasoterra verso Osimhen che, spalle alla porta, riesce a liberarsi di forza dell’avversario e a seminare il panico nella difesa del Cagliari. C’è l’errore del Faraone, bravo a trascinare l’attaccante fino al fondo del campo, ma decisamente meno bravo nell’intervento falloso quando ormai Caceres e Walukiewicz erano arrivati a supporto. C’è però anche una difesa che pur in superiorità numerica e ben piazzata non riesce a contenere Osimhen né nell’uno contro uno né con il lavoro di squadra.
Una partita impostata nel tentativo di non prenderle o comunque di prendere meno gol possibili, tattica che ha messo il Napoli in condizione di giocare al gatto con il topo e di far stancare mentalmente e fisicamente il Cagliari. Rincorrere costantemente il pallone, mantenere alta la concentrazione contro avversari in costante pressione, tenere botta per novanta minuti di fronte a giocatori come Osimhen e compagni è estremamente difficile, soprattutto quando chi hai di fronte capisce ben presto di non doversi preoccupare di altro che non sia trovare lo spazio per colpire senza dover mai difendere. Si può dire, legittimamente, che il Napoli a Napoli era sfida quasi impossibile, ma ora che a Cagliari si presenterà il Venezia servirà molto di più sia a livello tecnico che tattico. Al contrario anche la tattica del prima non prenderle contro gli azzurri potrà entrare nel calderone delle responsabilità più che degli alibi e della necessità.
Matteo Zizola