Due moduli alternativi dai quali tirare fuori quello da mettere in campo a Firenze, o almeno così sembrava dalle parole di Di Francesco nella conferenza stampa prepartita. Che sia per la mancanza di uomini a centrocampo o per una certa volontà dell’allenatore alla fine tra i due litiganti ha goduto il terzo. Non 4-2-3-1, non 4-3-2-1, ma di nuovo uno schieramento a specchio con l’avversario – o comunque simile – e dunque il 3-5-2 visto nella sconfitta contro la Fiorentina.
Atteggiamento – A prescindere da numeri e lavagne tattiche c’è un aspetto che è stato confermato nella serata del Franchi e che va al di là di tutto. Lo si è notato fin dalle prime battute, è stato nascosto da un avversario non di certo in salute, è tornato a galla prepotentemente non appena Nainggolan – e non solo – ha finito presto la benzina. Parliamo della mentalità, dell’atteggiamento, di un linguaggio del corpo che spiega più di mille parole le difficoltà del Cagliari di Di Francesco.
Pronti via e Pisacane esegue due passaggi orizzontali in serie che teoricamente sarebbero vietati a qualsiasi livello calcistico. Quando il pallone passa dall’esterno all’interno due aspetti sono fondamentali. Il primo è l’avere l’assoluta sicurezza di non correre alcun rischio, il passaggio deve essere deciso e senza il minimo dubbio che un avversario possa inserirsi. Il secondo è che i compagni proteggano il destinatario del pallone. Nel caso specifico Pisacane effettua un alleggerimento verso Cragno con poca convinzione, Godín dal canto suo non si frappone tra il portiere e Vlahovic, anzi, consegna il lasciapassare al centravanti viola.
La Fiorentina nella ripresa inizia a salire di giri e a trovare le pecche di un Cagliari sempre meno reattivo e che non copre adeguatamente gli spazi. Nella prima immagine è leggibile il movimento di Callejon a dare la soluzione in verticale al compagno, i rossoblù sono uomo su uomo eppure Oliva non segue lo spagnolo creando i presupposti per l’occasione successiva di Caceres. Nella seconda immagine è evidente come manchi la copertura delle linee di passaggio sia da parte delle punte sia soprattutto a causa di un centrocampo che via via si è andato sfilacciando. La mancata lettura del primo movimento crea una reazione a catena, ogni correzione è in ritardo di un tempo e Biraghi alla fine può arrivare a concludere – alto – davanti a Cragno.
Di male in peggio – Il Cagliari ha un difetto che ritorna a ogni gara, un difetto che unisce atteggiamento e poca cura dei dettagli. Parliamo della totale assenza di marcature preventive, ovvero quel posizionamento che anticipa l’eventuale transizione offensiva avversaria su una palla persa in attacco. Il gol di Vlahovic è un esempio lampante di questo problema mai risolto e per il quale non si vedono passi in avanti.
Joao Pedro chiama l’uno due a Marin, il romeno viene attaccato con aggressività da Quarta. Si può notare come ogni singolo giocatore del Cagliari (tranne i due che provano la giocata) sia sulle gambe, lontano dall’avversario diretto e osservatore quasi disinteressato di quanto accade in campo. Non solo, ma la decisione con cui Quarta toglie il pallone a Marin più che evidenziare la fragilità del rossoblù sottolinea la mancanza della stessa grinta da parte della difesa del Cagliari in occasioni simili.
A quel punto parte il contropiede, il tre contro tre diventa una logica conseguenza, giustamente i difensori scappano all’indietro cercando di dare il tempo alla mediana di recuperare posizioni.
C’è un momento in cui sia Walukiewicz che Lykogiannis in rimonta possono mettere quella aggressività con cui Quarta ha tolto la palla a Marin. Un fallo, un’entrata anche da giallo, una scelta che non sia quella dell’attesa quasi impotente del destino scelto da Callejon. In mezzo, nel frattempo, il due contro due di Godín e Pisacane contro Vlahovic e Bonaventura sì preoccupa, ma non sembra così pericoloso da poter determinare quanto avviene poco dopo.
Arriviamo così all’errore di Godín. Dalle immagini “normali” Pisacane appare altrettanto colpevole, ma non appena si cambia prospettiva e sparisce lo schiacciamento è difficile chiedere al napoletano la diagonale. Al contrario Godín è concentrato sul pallone, sembra scegliere la chiusura della luce correttamente finché, all’improvviso, esita quel secondo decisivo che permette al pallone di Callejon di passare e a Vlahovic di riceverlo. Sguardo esclusivamente sul pallone, avversario che può prendere alle spalle il marcatore, gol.
La rete della sconfitta arriva dunque con la ormai classica reazione a catena che nasce dall’errore padre di tutti gli errori, quello dell’atteggiamento. Una costante, quando il Cagliari attacca manca il collettivo, chi è vicino al pallone è attivo mentre resta sconcertante la passività del resto della squadra. Blackout mentali che determinano quelli del risultato e che hanno come colpevoli tutti, dai calciatori poco concentrati al tecnico che sembra non curare questi particolari – o se lo fa non incide nella testa dei giocatori.
La soluzione non può arrivare solo dal mercato perché appare abbastanza evidente che ciò che manca è la mentalità e quella, purtroppo, non si compra né si scambia.
Matteo Zizola