Specchio riflesso senza ritorno, un vecchio modo di dire tra bambini che riassume la sfida tattica tra Ranieri e Palladino nell’1-1 della Unipol Domus tra Cagliari e Monza. Da una parte i rossoblù, pronti a rispondere al gioco dei brianzoli andando a contrastare gli avversari con una fase di non possesso ad hoc, dall’altra i biancorossi che hanno mantenuto la propria fisionomia a prescindere dalle scelte del tecnico romano. Il risultato è stato un pareggio figlio di due diverse gare, un primo tempo tutto dalla parte dei padroni di casa e una ripresa che ha visto gli ospiti comandare per lunghi tratti.
Ritorno alle origini (a metà )
Ranieri ha, come sempre, sorpreso. Di nuovo la difesa a tre, poi una mediana a quattro e un attacco con Viola e Luvumbo a supportare Petagna. Ma non uno schieramento cristallizzato, tutt’altro. La fase di non possesso differente rispetto a quella di possesso, con sprazzi evidenti di retroguardia a quattro in costruzione grazie alla duttilità di Zappa, Augello e Goldaniga. Una scelta nata dalla volontà di avere un controllo quasi totale sulle mezzepunte del Monza, con Colpani da una parte e Mota dall’altra resi praticamente inoffensivi da Hatzidiakos e Goldaniga, con l’ottimo supporto a tagliare le linee di passaggio da parte di Prati e Makoumbou.


Come rilevato dalle posizioni medie all’interno del report della Lega Serie A, infatti, i rossoblù quando hanno attaccato gli avversari nei primi 45 minuti si sono disposti spesso e volentieri con un 4-2-3-1 più offensivo. Goldaniga il braccetto deputato a trasformarsi in terzino, Augello l’esterno pronto a scivolare da quinto a quarto di difesa. Prati e Makoumbou come equilibratori, Zappa da quinto a trequartista di destra, Luvumbo da trequartista più centrale a esterno d’attacco a sinistra, Viola libero di svariare e Petagna come riferimento davanti. Atteggiamento rimasto tale fino ai primi cambi di Ranieri che, con Oristanio e Jankto in luogo di Goldaniga e Viola è passato a un classico 4-4-2 diventato ancora più evidente con gli ingressi di Pavoletti e Lapadula nel finale.

Proprio gli ultimi minuti, grazie alla spinta di Azzi – subentrato nel frattempo ad Augello – hanno messo in mostra il Cagliari desiderato da Sir Claudio per il futuro. Il doppio centravanti, uno di peso e di manovra e l’altro più d’area. Un 4-4-2 che punta sulla corsa dei terzini e dei laterali di centrocampo, questi ultimi pronti ad accentrarsi per dare spazio ai compagni alle loro spalle. E tanti cross, non solo da palle inattive, ma anche come sviluppo generale del gioco. Pavoletti e Lapadula – o chi per loro – a dividersi l’area di rigore come nell’occasione capitata nel finale al numero 9 che avrebbe potuto regalare i tre punti ai rossoblù.
Chi di corner ferisce…
I dati avevano chiaramente raccontato fin dalla vigilia quanto sarebbero state importanti le palle inattive nella sfida tra Cagliari e Monza. E così, come contro la Juventus, anche nella gara contro i brianzoli sono state due azioni da calcio d’angolo a creare le due reti, senza dimenticare le innumerevoli occasioni capitate sempre da calci da fermo durante tutti i novanta minuti.

L’avvisaglia già dal primo calcio d’angolo del pomeriggio della Unipol Domus. Il Cagliari si è difeso con la classica zona mista, alcuni giocatori deputati alla marcatura a uomo e altri a coprire la zona di competenza con il compito di attaccare la sfera. Ma, come a Torino, anche contro il Monza il problema è arrivato dal lato opposto, con un controllo dei singoli troppo largo e che ha permesso il terzo tempo dell’avversario diretto. Nel caso specifico è D’Ambrosio a prendere il tempo ad Augello, ancora una volta anello debole sui calci d’angolo come accaduto contro la Juventus.

D’Ambrosio che è libero sul palo più lontano anche quando arriva il gol del pareggio di Maric. Nell’occasione che ha portato all’1-1, però, è Hatzidiakos a perdere il contatto con l’attaccante del Monza, facendosi sovrastare per un difetto di impostazione di base. Il greco, infatti, salta da fermo, mentre l’avversario gli prende il tempo in maniera quasi cestistica.

Angoli che sono stati croce, ma anche delizia. Nel primo tempo, infatti, grazie alle qualità di Viola sono arrivate tantissime situazioni pericolose dalle parti di Di Gregorio. Con il Cagliari che ha provato a sfruttare un posizionamento e successivi movimenti che sono risultati chiari ogni volta che si è presentata l’occasione. I rossoblù, infatti, hanno approcciato la battuta del numero 10 schierandosi in diagonale, partendo dal primo palo fino ad arrivare al vertice opposto della lunetta dell’area di rigore e passando per il dischetto degli undici metri.

Se da una parte i giocatori più vicini alla battuta erano pressoché statici, quelli che proseguivano la diagonale andavano ad attaccare l’area piccola fino a creare una linea orizzontale che occupava tutta l’area da destra a sinistra, con tanta densità e una sorta di caos organizzato. Il gol di Dossena nasce da questi movimenti, così come le altre occasioni della prima frazione.
PratalitÃ
Si scrive Prati, si legge verticale. Un accenno merita il regista ravennate, protagonista positivo della sfida contro il Monza. Per presenza tattica, per lucidità tecnica, per intelligenza. E, soprattutto, per quella qualità che piace tanto a Ranieri di saper vedere il campo in verticale e non in orizzontale, con uno massimo due tocchi a imprimere velocità alla manovra. Un calcio diretto alla Sir Claudio, insomma.

L’esempio su tutti è nell’azione che porta all’angolo dal quale è scaturito il vantaggio del Cagliari. Stop e palla in avanti nello spazio, assecondando la ricerca della luce da parte di Viola e sfruttando le difficoltà dei primi 45 minuti del duo Pessina-Gagliardini nel chiudere le linee di passaggio. Difficoltà corrette nella ripresa quando la coppia centrale del Monza è riuscita a correggere il proprio limite tattico e chiudere maggiormente lo spazio di manovra del classe 2003 ravennate.
Matteo Zizola














