Ingredienti semplici, partendo da una prima parte fatta di densità, pressione e dominio territoriale, passando per un evento che cambia il sapore del piatto, arrivando a un risultato finale per certi versi insipido e per altri nemmeno tanto insapore. Questo il riassunto di Cagliari-Lecce, un pareggio che ha dato diversi spunti tattici e che ha messo alla prova gli uomini di Claudio Ranieri, con l’allenatore rossoblù chiamato a cambiare vestito alla sua squadra senza però riuscire a far raggiungere il porto della vittoria dopo novanta minuti di rara intensità.
Pressione
L’inizio ha visto un Cagliari schierato con un doppio modulo, uno per la fase di possesso e l’altro per quella di non possesso. Difesa a quattro in entrambi i casi, ma con modifiche sostanziali negli altri due reparti a seconda della situazione. Dal 4-4-1-1 quando chiamati ad attaccare il Lecce al 4-3-3 nel controllo difensivo, grazie soprattutto al lavoro di tre uomini chiave dal punto di vista tattico. In primis Nández, che da esterno alto di destra in possesso a interno di destra del centrocampo a tre nel non possesso; quindi Luvumbo, che da ala sinistra diventava attaccante aggiunto per schermare l’uscita dalle retrovie dei salentini; infine Gaetano, vero e proprio uomo di sacrificio che passava dal controllo del regista avversario – Ramadani soprattutto – nel momento in cui si abbassava tra i centrali di difesa per far partire la manovra, al ruolo di filtro tra le linee una volta che il Lecce superava la prima pressione. Il risultato è stato togliere l’ossigeno ai tessitori di gioco degli ospiti, con un dominio del campo che si è fatto via via più costante con il passare dei minuti.


La rete, poi annullata, che aveva momentaneamente portato in vantaggio il Cagliari è un esempio dell’atteggiamento propositivo dei rossoblù nella fase di non possesso. Il Lecce è costretto dagli uomini di Ranieri a stazionare con quasi tutti i giocatori nella propria trequarti, grazie alla spinta dei due esterni difensivi Zappa e Augello e ai reparti corti e compatti. I due mediani sono spesso e volentieri alti, Luvumbo riempie l’area diventando di fatto una seconda punta accanto a Lapadula, Nández sul lato opposto è dentro l’area avversaria. Ranieri, probabilmente sfruttando le caratteristiche dei due attaccanti di Luca Gotti, chiede a Mina e Dossena di restare oltre la propria metà campo, non temendo la velocità di Piccoli e Krstovic e non avendo il Lecce elementi in grado di preoccupare con eventuali transizioni rapide. Fondamentale in questo caso anche il lavoro di Augello, sempre pronto a recuperare la posizione di terzino appena persa palla per aiutare il duo di centrali, mentre il trio formato da Luvumbo, Gaetano e Lapadula non abbandonava la posizione avanzata.
Palle inattive
Un elemento fondamentale in una gara fatta di duelli e fisicità è senza dubbio rappresentato dalle giocate da fermo. E non ha fatto eccezione la sfida tra Cagliari e Lecce, con il gol di Mina arrivato proprio dallo sviluppo di un calcio d’angolo e il palo di Baschirotto nel finale nato da identica situazione.


La curiosità è nello schieramento sia difensivo che offensivo delle due squadre. Che hanno scelto entrambe la stessa tipologia nelle due fasi. Da una parte la difesa a zona con il classico castello, dall’altra una linea verticale per attaccare il pallone che arriva dal corner. La differenza è nel posizionamento iniziale degli uomini d’attacco, con il Cagliari che ha scelto una partenza leggermente più lontana dalla porta di Falcone, mentre il Lecce ha puntato su una presenza più massiccia all’interno dei sedici metri. La rete del padroni di casa arriva dopo la respinta della difesa e la successiva conclusione-assist di Gaetano, il palo dei salentini direttamente dal duello aereo vinto dal centrale difensivo.
Sacrificio costoso
Si è discusso parecchio dell’espulsione di Gaetano arrivata dopo On Field Review da parte dell’arbitro Marcenaro su chiamata del VAR Abisso. Mettendo da parte l’aspetto disciplinare che, come spiegato con la Moviola e ribadito dalla trasmissione Open VAR è supportabile come grave fallo di gioco, l’altro dettaglio poco battuto è quello sulla natura dell’entrata del numero 70 rossoblù.

Il pallone è gestito dal Lecce sulla fascia sinistra d’attacco, all’altezza della metà campo. Il Cagliari prova a creare densità per chiudere gli avversari sul lato e avere nella linea laterale una sorta di aiuto in pressione. In questo contesto entra in gioco il lavoro difensivo di Gaetano, chiamato a fare la spola tra la pressione alta e la schermatura delle linee di passaggio in mediana. Da notare che siamo in prossimità della fine della prima frazione, aspetto che serve a sottolineare la poca lucidità mentale del numero 70 del Cagliari. Che, all’interno dei compiti richiesti, decide di intervenire in scivolata per fermare la gestione orizzontale del pallone e chiudere sul suo uomo designato in questo caso specifico, ossia Ramadani. Una scusante per Gaetano che, nell’ottica di sacrificio tattico esagera nella volontà di aiutare il reparto di centrocampo e impatta così, con la sua entrata in ritardo, sulla gamba dell’avversario. Una scelta che probabilmente non avrebbe preso con meno stanchezza e dunque maggiore lucidità, una scelta che viene pagata con un cartellino rosso legittimo e più figlio dell’eccesso di foga che di un errore arbitrale.
Seconda gara
Una partita nella partita o, meglio, due partite completamente differenti da un tempo all’altro. Perché Ranieri, una volta costretto all’inferiorità numerica, opta per un cambio tattico sostanziale che crea i presupposti per la svolta nell’inerzia della sfida. Il tecnico rossoblù passa dal 4-4-1 del finale di prima frazione al 5-3-1 di inizio ripresa, cercando di dare maggiore densità centrale alla retroguardia e subendo così i tentativi di cambio di fronte orizzontali da parte del Lecce. Con gli avversari in dieci contro undici, infatti, fa parte dell’uso tattico comune il tentare di aprire spazi spostando il più velocemente possibile il possesso da un lato all’altro, anche attraverso la chiamata alla pressione sull’esterno per poi trovare la zona scoperta dal centro alla parte opposta del campo.

Tra i principali indiziati come responsabili del gol del pareggio del Lecce è stato indicato da più parti Makoumbou, colpevole di aver perso palla a inizio azione. Vero che il centrocampista ex Maribor è leggero nella gestione, ma non si possono dimenticare il momento della partita – e la relativa stanchezza – e l’assenza di compagni a supporto della manovra in fase di disimpegno. D’altronde Gallo, che dà il via alla transizione del Lecce, riceve il pallone appena oltre la propria metà campo e con la difesa del Cagliari schierata e tutt’altro che impreparata. Anzi, il terzino giallorosso può condurre la sfera per circa trenta metri, con una sorta di incomprensione tra Wieteska e Nández nella scalata e Makoumbou fisiologicamente in ritardo e poco coperto da uno statico Sulemana.

Nel momento in cui Gallo supera ben tre rossoblù, arrivando in prossimità dell’area di rigore, si crea la situazione cercata a lungo dal Lecce. Il ritardo nella scalata crea una densità “sbagliata” sul lato destro della difesa del Cagliari, aprendo un ampio spazio nella zona centrale e, di conseguenza, nel lato opposto.

Gallo ha così gioco facile nel far girare il pallone in zona centrale, con Almqvist e Gendrey che aprono il campo sulla fascia destra d’attacco costringendo Azzi all’uno contro due, mentre Deiola prova ad accorciare per aiutare il compagno.

Nella gestione della fase di non possesso, Azzi e Deiola riescono a portare Almqvist verso il fondo e non alla conclusione, ma l’esterno italo-brasiliano è poco reattivo nella parte successiva della giocata permettendo all’attaccante di arrivare al tiro-cross senza che ci sia una chiusura della linea di passaggio adeguata. Sul lato opposto è fondamentale la distrazione di Nández. L’uruguaiano, però, arrivava da un’azione che ne aveva mostrato la stanchezza, oltre che da una diagonale estremamente lunga che ne ha ridotto la lucidità. In ogni caso la sua posizione prima che Almqvist superi Azzi è corretta, con il corpo tra la zona della palla e Krstovic e un probabile taglia fuori da eseguire senza troppi problemi. Forse pensando all’impossibilità che il pallone arrivi dalle sue parti, Nández perde il contatto fisico con l’attaccante e si fa superare, lasciando che Krstovic si frapponga tra lui e il cross e non riuscendo così a evitare il pareggio.

A confermare l’abilità del Lecce nel sfruttare la stanchezza del Cagliari – e nel far girare la sfera da lato a lato – arriva anche la doppia occasione con il tiro di Blin respinto da Scuffet e il successivo tentativo di Pierotti murato da Dossena. È ancora una volta Gallo a portare il pallone sulla trequarti dei padroni di casa, mentre in mezzo all’area la difesa schierata è attenta nel respingere il cross. Il problema nasce, appunto, dalla fatica del Cagliari nell’occupare tutte le zone del campo, a partire da quella centrale per l’eventuale seconda palla fuori area. Così Blin è liberissimo e può controllare e caricare il tiro senza che i mediani rossoblù abbiano la forza di contrastarlo, troppo impegnati nello scivolamento verso la propria area in aiuto ai centrali difensivi. Un punto che quindi diventa guadagnato e rimpiazza l’idea di due punti persi data dai primi 40 minuti di gara, evidenziando però la penuria di soluzioni per provare a gestire maggiormente il possesso anche in inferiorità numerica.
Matteo Zizola














