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L’ANALISI | Crescita e mentalità, contro la Juventus Nicola ha messo le basi del suo Cagliari

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Il Cagliari di Davide Nicola nella sua essenza, pur se parziale. È questo il riassunto del pareggio ottenuto dai rossoblù nella trasferta di Torino contro la Juventus, un copione che ha raccontato di una squadra consapevole, con pochi fisiologici passaggi a vuoto, capace di soffrire, ma sempre con l’idea di proporre un’idea di gioco positiva. Sprazzi già visti in altre occasioni, sconfitta contro l’Empoli esclusa, e che lasciano una sensazione dolce in vista di una sosta che dovrà servire per limare errori e migliorare, se possibile, gli aspetti positivi visti contro i bianconeri.

Cambiaso e Zortea

La strada è stata tracciata, seguirla ora sarà il compito più difficile. Come sempre confermarsi è più complicato rispetto a cambiare pelle e atteggiamento. Ma dopo la gara di Coppa Italia contro la Cremonese, i cui segnali erano stati indeboliti dalla natura di un avversario di categoria inferiore, le due partite lontano dalla Unipol Domus contro Parma e Juventus – e i quattro punti raccolti con merito – sono una risposta chiara alla domanda di fondo. Nicola ha costruito le fondamenta del suo Cagliari? Sembrerebbe di sì e, appunto, dopo la pausa per le nazionali si attende una conferma dalla sfida contro il Torino.

Un cambio che parte da un nuovo vestito tattico di base, chiaro fin dal calcio d’inizio contro la Juventus e già visto al Tardini. Il 4-4-1-1 è la novità, squadra compatta, gioco sulle fasce, difesa uomo contro uomo. Fase offensiva con partecipazione collettiva, fase difensiva altrettanto coordinata. Insomma, dal preambolo delle prime cinque giornate che aveva visto una squadra sí attiva, ma per certi versi presuntuosa e incapace di capire i momenti della partita, si è passati a un’altra consapevole, attenta, quadrata.

La chiave del primo tempo, con conseguente cambio nella ripresa, è stata la scelta di affidare a Zortea i movimenti di Cambiaso ad attaccare la zona di rifinitura. L’esterno rossoblù ha seguito uomo su uomo quello bianconero, ma per lunghi tratti della prima frazione questa soluzione ha creato problemi nelle scalate necessarie per coprire, sempre nella zona di rifinitura, i movimenti di Koopmeiners e delle due ali, Conceição da una parte e Mbangula dall’altra. Il sacrificio tattico di Zortea ha aiutato, ma è stato giustamente corretto nella seconda parte di gara anche grazie all’uscita di Koopmeiners causa infortunio, ma soprattutto grazie al lavoro differente di Adopo e Makoumbou oltre alle scelta di un Luperto dedicato più ad accorciare verso il mezzo spazio che a scivolare verso Scuffet.

 

Testa e voglia

Un aspetto fondamentale visto a Torino e che ha ripreso alcuni spunti del recente passato è stato quello di un Cagliari comunque propositivo, ma senza gli eccessi che avevano portato, ad esempio, allo 0-4 contro il Napoli. Aggressività in pressione, ma con logica, predisposizione alle transizioni rapide con l’apporto di più uomini e non dei soli giocatori avanzati, riempimento dell’area di rigore avversaria quando possibile.

Seppur le cose migliori si siano viste nella seconda parte di gara, almeno dal punto di vista offensivo, anche nei primi 45 minuti i rossoblù di Nicola hanno sempre dato l’idea di voler ripartire e di voler accompagnare l’azione senza paura. Un esempio l’occasione che ha visto Adopo uscire palla al piede dalla propria trequarti, con la chiusura della giocata arrivata con un tiro di Piccoli respinto e con Zappa a dare supporto al centro dell’area. Dal fotogramma proposto è evidente come la predisposizione del collettivo sia quella di restare compatti anche nei movimenti in avanti, senza nessuno sulle gambe, ma con ogni elemento pronto alla corsa verso la metà campo della Juventus.

La prima pressione ha lasciato che i bianconeri gestissero il pallone in uscita dal basso, ma restando pronti per l’aggressione uomo su uomo non appena Gatti e compagni approcciavano l’area prima della metà campo. Questo ha costretto la Juventus ad affidarsi spesso alla palla verticale sull’esterno – quasi sempre Conceição – senza poter andare nei mezzi spazi e nella zona di rifinitura attraverso le rotazioni e le triangolazioni centrali. Portando così i pericoli sulle fasce, situazioni meglio gestibili rispetto a quelle accadute nel primo tempo in zona centrale.

Un ulteriore esempio della predisposizione del Cagliari, prima di arrivare alla rete del pareggio di Marin su rigore, è arrivato con l’occasione che ha visto Luvumbo calciare di destro a metà ripresa. Sono ben sette i giocatori rossoblù presenti o dentro o in prossimità dell’area di rigore della Juventus, con una copertura totale dei sedici metri che ha lasciato la sensazione di una squadra sempre sul punto di poter recuperare il risultato.

L’azione che ha portato al rigore per fallo di Douglas Luiz su Piccoli è un ulteriore esempio dell’atteggiamento propositivo del Cagliari. Certo, si deve considerare il momento della gara, il fatto che i rossoblù di Nicola fossero in svantaggio e che ormai si era prossimi alla fine della partita: tutti aspetti che rendono l’analisi estemporanea e non sistematica. Ma resta una predisposizione positiva che non si affida all’aspetto nervoso, ma che appare figlia di movimenti e strategia consolidati. Il movimento senza palla di Deiola è decisivo, così come lo è quello di Gaetano che porta via l’attenzione di parte della difesa sulla zona lontana dal possesso. Lasciando così Piccoli più libero e, come conseguenza, costringendo Douglas Luiz – che già aveva perso Deiola alle proprie spalle – a un intervento altrimenti meno automatico.

 

Unica pecca

Detto che alcune occasioni capitate alla Juventus – ad esempio il possibile 2-0 mancato da Vlahovic – sono arrivate più per la bravura dei bianconeri che per disattenzioni del Cagliari, com’è normale che sia di fronte a giocatori dalla qualità superiore, l’unica vera sbavatura dei rossoblù ha portato a un’altra conclusione del serbo ben respinta da Scuffet.

Una situazione di palla scoperta a metà campo che ha visto Mina nella terra di nessuno, troppo lontano per attaccare il portatore e per, allo stesso tempo, ripiegare nella linea difensiva. Posizione ben occupata da Zappa che però sbaglia nello scegliere il movimento da fare sull’attacco della profondità di Vlahovic. Il numero 9 bianconero è abile a cercare lo spazio tra i due centrali – Zappa, appunto, e Luperto – e mentre l’ex Empoli proverà a scivolare verso la propria area, il terzino prestato al centro nel momento indicato guarda solo la zona di possesso e non segue Vlahovic come avrebbe dovuto. Una mancanza che comunque può essere considerata accettabile nell’arco di novanta minuti, a maggior ragione di fronte a una squadra come la Juventus, e che non può inficiare il giudizio sulla prestazione sia del collettivo che dei singoli.

Matteo Zizola

 

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