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L’ANALISI | Cagliari, non episodi ma errori alla base della sconfitta

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Nel calcio gli episodi sono importanti, ma non sono tutto. Per condurli a proprio favore servono un piano di gioco e attenzione. Il Cagliari di Mazzarri sconfitto nello scontro diretto contro il Genoa è mancato in tanti aspetti, ridurre tutto al caso – gli episodi favorevoli o contrari, appunto – diventa una forzatura nell’analisi della partita. O forse una spiegazione, almeno dal punto di vista del tecnico di San Vincenzo e il suo citare gli episodi come causa dei risultati nel bene e nel male.

Atteggiamento voluto

“Vogliamo fare una gara attenta, dovremo essere accorti”. Il vice di Walter Mazzarri, Claudio Bellucci, si era espresso così nella conferenza stampa alla vigilia della sfida del Ferraris. “Stare attenti non vuol dire che non andremo a Genova per vincere”, ha poi specificato l’ex attaccante di Napoli e Sampdoria. Poi però arriva il campo a certificare il piano dei rossoblù.

Un primo tempo giocato senza giocarsela. Accorti, come anticipato ai microfoni. L’immagine in occasione del tiro di Portanova ne è una conferma. Difesa a cinque più che a tre – Bellanova e Dalbert in linea con i tre centrali – e mediana molto vicina al reparto arretrato. Otto uomini più Cragno nei dieci metri in prossimità dell’area del Cagliari. Non un atteggiamento di chi vuole portare a casa i tre punti, e non inganni il singolo fotogramma. In tutta la prima frazione Joao Pedro e compagni si sono prevalentemente schierati con il 5-3 più le due punte distanti e solitarie.

Occasione persa

L’unica volta che il Cagliari ha provato a ripartire ha dimostrato che con un pizzico – nemmeno tanto – di maggiore voglia di offendere il Genoa sarebbe stato riportato a più miti consigli. Una partita di livello tecnico basso, tanti errori, nella quale sfruttare i palloni a terra piuttosto che i rilanci a campanile avrebbe probabilmente dato maggiore spinta al Cagliari.

L’unica occasione della prima frazione è quella capitata a Joao Pedro, il cui tiro-cross è stato respinto da Sirigu. Keita trova finalmente un pallone giocabile uscendo dalla morsa difensiva e ricevendo la sfera a terra. Il senegalese è bravo a trovare sulla fascia sinistra Joao Pedro, spesso allargatosi per scappare a Bani. Deiola e Bellanova, pur partendo da lontano, sono pronti a sfruttare lo spazio creato da Keita e attaccarlo pur senza successo.

Ogni occasione del Cagliari arriva o alzando la linea difensiva o giocando palla a terra in ripartenza rapida. Poche come poche le volte in cui la trama tattica non è stata affidata alla filosofia degli episodi. Ovvero al lancio lungo nella speranza di raccogliere le seconde palle.

Come nel tiro di Joao Pedro finito sul palo alla sinistra di Sirigu. Altare anticipa l’avversario, appoggia su Marin e scatta senza palla in verticale. Il romeno serve Keita che chiude il triangolo lungo con il difensore ex Olbia. Sarebbe bastata una maggiore continuità nell’utilizzare questo tipo di soluzione per parlare di tutt’altra partita.

Una volta che Joao Pedro riceve palla sono sei, brasiliano compreso, i rossoblù ad attaccare l’area genoana. Il braccetto di destra, Altare, l’esterno sulla stessa fascia, Bellanova, i due interni Deiola e Marin e ovviamente le due punte. Non è un caso che il Cagliari si sia reso pericoloso le poche volte che ha provato a giocare a calcio e che ha portato maggiore supporto – leggasi più uomini – alla manovra offensiva.

Scelte invertite

Un altro dettaglio è la scelta di Mazzarri per il partner di Joao Pedro. L’opzione Keita avrebbe avuto senso se i rossoblù avessero giocato di più come fatto soltanto a sprazzi. Palla a terra, ricerca della verticalizzazione rapida, ripartenze. Invece si è andati avanti con lanci lunghi dalla retroguardia, gioco più adatto a Pavoletti. Una volta che finalmente sono arrivate le trame ideali per il senegalese – e che il Genoa si ritrovava via via costretto a esporsi in cerca della vittoria – Mazzarri ha messo dentro Pavoletti al suo posto fermando di fatto l’inerzia positiva e non avendo il giocatore giusto per la manovra scelta.

L’occasione capitata prima a Keita e poi a Marin arriva, appunto, da una verticalizzazione immediata di Joao Pedro e un due contro uno del senegalese in velocità. Soluzione impossibile con Pavoletti in campo, eppure quella più logica con il tempo che passava. Senza dimenticare che in una sfida dai contenuti tecnici bassi non sarebbe stata lesa maestà puntare sulla classe più che sul fisico, leggasi su Gastón Pereiro nell’ultimo quarto d’ora.

Dopo Keita tocca a Rog – con Pavoletti in campo – e ancora una volta si parla di un Cagliari pericoloso solo quando ha avuto la forza e la voglia di avanzare con più uomini senza temere il Genoa. Il croato, tra l’altro, ha saputo dare quella verticalità e la capacità di andare nell’uno contro uno che nessun centrocampista era stato in grado di mettere in campo fino a quel momento. Strappi, superiorità numerica, tecnica.

Episodio

Una volta è un caso, due può essere nuovamente il destino beffardo, ma se lo stesso fatto capita troppo spesso non si può più parlare di coincidenza. Se così fosse, allora sarebbe inutile preparare le partite. Palla lunga e che il fato ce la mandi buona. Gli episodi, ancora loro, vanno però dalla parte di chi ha la capacità e la forza di prenderli. E, dunque, ecco il gol subito sul finale frutto di una disattenzione sia individuale che collettiva.

Il Genoa ha così avuto quel pizzico di forza in più che il Cagliari ha preferito mettere da parte nella speranza di trovare il pareggio. I cambi offensivi, la voglia di andare su palloni vaganti e sì, anche un po’ di fortuna che aiuta gli audaci. Il gol nasce da un’incursione di Melegoni sulla fascia sinistra d’attacco. Sono tre i giocatori del Cagliari che potrebbero chiudere la linea di passaggio, sia essa un cross o una palla orizzontale. Ma né Altare, né Deiola e nemmeno Nández riescono a chiudere l’unica luce tra Melegoni e Destro.

Quando Destro riceve nel cuore dell’area sono sette i difensori del Cagliari nei propri sedici metri contro quattro maglie genoane. Una situazione di vantaggio e controllo che diventa occasione per commettere l’ennesimo errore di concentrazione.

Il campanile che si crea dopo la respinta sul tiro di Destro viene sporcato da Badelj che sovrasta Rog. La sfera termina a Yeboah e qui è Dalbert a essere leggero. Perde il tempo dell’intervento a spazzare l’area e quando può arrivare sul pallone è ormai troppo tardi. Sceglie dunque un’entrata morbida per evitare un possibile fallo da rigore. Nello stesso tempo Carboni vaga per l’area senza prendere una decisione precisa, mentre Rog è ancora a terra dopo il contrasto aereo ed è troppo lento nel rialzarsi.

È infine incredibile come Badelj possa concludere con ben quattro uomini intorno a lui. Nessuno chiude la linea della conclusione, un rigore in movimento sul quale Cragno può ben poco. Un episodio che ha condannato il Cagliari – parafrasando Mazzarri – ma soprattutto un errore collettivo per il quale non c’è fato che tenga.

Matteo Zizola

 

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