Il pareggio del Cagliari contro la Fiorentina ha portato i rossoblù di Zenga alla fatidica quota 40 che significa salvezza, mentre il sogno europeo si è allontanato quasi definitivamente dopo il doppio exploit del Milan contro Lazio e Juventus. La partita di Firenze non ha raccontato tanto dal punto di vista tattico, anche se sono comunque arrivate alcune conferme rispetto a quanto visto nelle precedenti gare del Cagliari formato Zenga.
Innanzitutto il 3-5-2, ormai diventato un punto fermo per l’allenatore rossoblù: cambiano gli interpreti, si adattano giocatori a nuove posizioni, ma il canovaccio tattico è restato immutato dall’esordio in panchina di Zenga contro il Verona fino al pareggio del Franchi contro i Viola.
Un 3-5-2 abbastanza atipico e che si trasforma spesso in un 5-3-1-1 in fase di non possesso e soprattutto in un 3-3-3-1 quando la squadra si distende in attacco, il tutto grazie al lavoro degli esterni a tutta fascia ai quali viene richiesto un doppio lavoro continuo e senza alternanza come se fossero allo stesso tempo attaccanti nel tridente con Simeone e difensori aggiunti a supporto dei terzi del reparto arretrato.
Nel primo tempo il Cagliari prova ad andare in vantaggio con una conclusione dalla distanza di Rog finita fuori di poco alla destra di Dragowski. Come si può notare la spinta offensiva di Nández a destra e di Mattiello a sinistra è fondamentale per due motivi, l’apertura degli spazi centrali e il supporto su entrambe le fasce che permette la sfogo sull’esterno. In linea con Joao Pedro a supporto di Simeone, Mattiello e Nández giocano come ali di un 3-1 offensivo che vede il Cholito come centravanti puro e il numero dieci brasiliano come rifinitore con compiti da regista offensivo.
L’importanza dei cosiddetti quinti è evidente nell’occasione capitata a Nández nella ripresa. Sia Mattiello che il León supportano il contropiede del Cagliari, partito da una verticale diretta che ha trovato Joao Pedro a metà campo e Nainggolan pronto a raccogliere la palla vagante per far partire la transizione offensiva. Il Ninja, arrivato quasi al limite dell’area, ha così diverse opzioni: lo scarico su Mattiello, con possibile cross sul lato opposto per la chiusura in porta di Nández, la palla verticale per Simeone o andare direttamente lui sul centrocampista uruguaiano saltando un passaggio.
Un Cagliari che nonostante ciò fatica a segnare – se si esclude la gara contro il Torino – e una causa potrebbe essere proprio la continua spinta dei quinti di centrocampo il cui doppio lavoro non può essere continuo per tutti i novanta minuti, oltre a togliere un po’ di freschezza mentale quando chiamati a chiudere l’azione: le partite ogni tre giorni, il caldo, la situazione contingente sono le cause correlate alle difficoltà di mantenere spinta – e lucidità – se non a fiammate. Non solo conferme positive, ma anche di segno opposto come nel caso di Walukiewicz. Come nelle gare precedenti, infatti, il giovane difensore polacco si è reso protagonista di una gara buona, ma non priva di sbavature soprattutto in marcatura, suo vero tallone d’Achille sul quale lavorare.
In chiusura di primo tempo Ribery prova a battere Cragno, conclusione ravvicinata e il portiere rossoblù che risponde presente. L’azione si sviluppa sulla destra, dove Chiesa ha modo di alzare la testa e cercare il campione francese sul lato opposto. Walukiewicz, abbandonato momentaneamente da Nández, è in posizione corretta, più concentrato sul chiudere lo spazio tra lui e Klavan piuttosto che stare attaccato a Ribery, ma nel momento in cui Chiesa fa partire il pallone il difensore rossoblù è poco reattivo nel “sentire” l’avversario, sguardo fisso sulla sfera in aria e nessun tipo di accorciamento sul numero sette Viola.
In un’altra occasione Walukiewicz si fa trovare fuori posizione, mettendo così in difficoltà la difesa e non permettendo l’uscita su Duncan di uno dei due compagni di reparto. Il palo colpito dal centrocampista ex Sassuolo nasce appunto dallo scavalcamento del polacco, salito in pressione oltre la trequarti, e da un’altra conferma relativa più a Birsa, in difficoltà nel ruolo di playmaker quando chiamato a leggere certe situazioni. Duncan si propone infatti tra le linee, molto strette in verticale, ma troppo aperte in orizzontale, nessuno dei due mediani accorcia per tempo chiudendo la linea di passaggio e i difensori non possono salire sull’avversario perché già accoppiati ai due giocatori della Fiorentina più avanzati.
Il 3-5-2 sembra dunque ormai la scelta definitiva di Zenga per questo finale di stagione e sarà interessante vedere come si svilupperà la gara contro il Lecce sia per le differenti motivazioni sia per le qualità in fase offensiva della squadra di Liverani: un’occasione per testare nuovamente una difesa che si sta dimostrando più solida che in passato e soprattutto per trovare nuovamente la via del gol dopo due partite senza reti e con poche occasioni nitide create contro la compagine più battuta della Serie A.
Matteo Zizola