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L’Analisi | Agostini ci prova, ma il Cagliari non funziona in (quasi) nulla

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Il ritorno al passato di quando correva sulla fascia sinistra del Sant’Elia non è bastato ad Alessandro Agostini per trovare un risultato positivo contro l’Inter. Una sconfitta passata da cambi tattici in corsa, la ricerca di diverse soluzioni, uno stesso minimo comune denominatore: non c’è schema che tenga se mancano tecnica, anima e cuore.


Vecchio Cagliari

Il tecnico rossoblù ha messo in campo una squadra che ricalcava il 4-3-1-2 di maraniana memoria. Sporco, non statico, ma comunque vicino a quel rombo di centrocampo che ha fatto le fortune del Cagliari in passato.

La contromossa principale di fronte all’Inter è stata provare a schermare il tessitore del gioco nerazzurro. Rog, dunque, praticamente a uomo su Brozovic almeno fino al gol del vantaggio di Darmian. Poi il passaggio a una marcatura più collettiva, con Marin che è andato spesso sul regista avversario e Joao Pedro ad alternarsi con i due compagni a seconda delle situazioni. Dalbert, dal canto suo, ha giocato come mezz’ala spuria, più intento a gestire Barella e a raddoppiare su Darmian che a giostrare da interno. Lykogiannis invece si alternava da terzo di difesa a sinistra a vero e proprio terzino a quattro, così come Bellanova passava da quarto a destra a quinto di centrocampo.


Troppo poco

Un’illusione durata il tempo del primo e unico tiro in porta dei primi 45 minuti. Il Cagliari si è fermato alla conclusione di Lykogiannis, il resto è stato un monologo senza nemmeno troppi sforzi da parte dell’Inter.

Eppure l’occasione che ha portato al tiro dell’esterno greco era nata da una pressione alta efficace, con tanti uomini a stringere i nerazzurri sull’esterno del campo e l’Inter portata all’errore nel tentativo di uscita dal basso. Joao Pedro è bravo a rubare palla a Barella e creare i presupposti per il rinvio affannato degli avversari che porta Lykogiannis al tiro.

Quando il greco scocca la conclusione da oltre venti metri sono sette – incluso Marin staccato – i giocatori rossoblù nella trequarti avversaria. Un segnale positivo, che però si ferma dopo la parata di Handanovic, pur avendo un’altra fiammata quando Marin conclude a lato poco prima del vantaggio interista.


Marcature assenti

All’Inter basta poco per portarsi avanti. L’incursione di Perisic sulla sinistra – la superiorità del croato su Bellanova è stata una delle chiavi della gara – crea i presupposti per il gol di Darmian.

A regalare il gol del vantaggio all’Inter è dunque un traversone dalla sinistra chiuso sul lato opposto dal terzo tempo del quinto di destra. Lasciando da parte il fallo o meno commesso dal nerazzurro su Lykogiannis al momento dello stacco di testa, quello che si può notare sono due dettagli. Il primo è come tutti i difensori rossoblù siano concentrati esclusivamente sulla zona del pallone e non sul proprio uomo diretto. Il secondo è la distanza tra l’esterno greco e Darmian, fondamentale per permettere all’ex Parma e United di staccare in terzo tempo sovrastando l’avversario.

Schieramento e distanze che si ripetono anche in quasi tutte le altre occasioni nerazzurre, con un Cagliari incapace di marcare stretto gli attaccanti nerazzurri. Il solo Altare è riuscito in diverse occasioni a restare vicino a Dzeko, mentre Ceppitelli, Lykogiannis, Bellanova e i centrocampisti hanno spesso lasciato troppo spazio ai giocatori dell’Inter.

L’occasione che porta prima al palo di Lautaro e poi alla parata spettacolare di Cragno sempre sull’argentino ne è un ulteriore esempio. Quando Barella si prepara al cross ha tutto il tempo e lo spazio per prendere la mira. Non solo, ma in mezzo all’area il Cagliari non è esattamente schierato alla perfezione. Con Bellanova rimasto alto è Altare a giostrare da terzino destro, mentre Ceppitelli e Lykogiannis diventano i due centrali e Dalbert il terzino sinistro. Tutti guardano il pallone, nessuno sente l’avversario. Il greco è distante metri da Dzeko, mentre Ceppitelli non controlla fisicamente Lautaro restando comunque tra due fuochi. Manca anche la comunicazione e nonostante la situazione sia di 4 nerazzurri contro 7 rossoblù negli ultimi 3 metri, per l’Inter è facile creare il pericolo.


Mix letale

Nella ripresa si attende un Cagliari più agguerrito, ma ancora una volta gli uomini di Inzaghi possono decidere liberamente spazio e tempo delle loro giocate. Il gol del raddoppio è un riassunto di una squadra rossoblù che vive a metà tra ciò che era – gli uno contro uno di Mazzarri – e ciò che vorrebbe essere – scalate, compattezza, attenzione.

Il mix è estremamente dannoso. Perché alcuni giocatori seguono il nuovo corso, altri invece restano impantanati nel vecchio. E così i sincronismi spariscono e ognuno sembra andare per conto proprio non appena affiora un minimo di stanchezza. Quando Barella lancia in verticale per Lautaro, aprendo l’azione del due a zero, Altare fa ciò che dovrebbe fare. Ovvero correre all’indietro e seguire l’argentino. Questo perché in una situazione di palla scoperta, con l’avversario con una totale visione periferica del campo, provare a mettere in fuorigioco gli avversari fin quasi a metà campo è un errore. Infatti a sbagliare è Luca Ceppitelli che si fa attirare fuori dalla linea da Dzeko scegliendo di seguire il bosniaco piuttosto che aiutare il compagno di difesa scivolando all’indietro. I famosi uno contro uno di Mazzarri, insomma. Senza dimenticare Dalbert e Marin che, con la loro poca aggressività su Barella, hanno anche loro una certa responsabilità.


Troppa palla, poco uomo

Tornando al tema delle distanze in marcatura, anche l’occasione con cui Perisic avrebbe potuto portare l’Inter sul 3 a 1 è un esempio lampante delle difficoltà difensive del Cagliari. Assenza di aggressività e attenzione sono le chiavi.

Quando Dumfries va al cross sia l’esterno croato che Correa sono liberissimi a centro area. Nel caso di Perisic è vero che Bellanova e Altare sono in zona, ma in una situazione di questo tipo restare a due metri e oltre dall’avversario equivale a non marcarlo. Per il numero 14 nerazzurro è sufficiente staccarsi verso il limite dell’area per prendere anche maggiore spazio e colpire liberissimo di testa. Anche in questo caso tutta la difesa è concentrata sulla zona del pallone e non sugli uomini di riferimento.


Pressione senza costrutto

Il Cagliari ha anche provato dopo il gol segnato da Lykogiannis a mettere in campo un minimo di orgoglio, con una pressione alta che però è diventata un’ulteriore arma per l’Inter. I nerazzurri hanno così potuto sempre trovare un uomo libero nell’uscita dal basso – l’assenza di sincronismo nel pressing rossoblù è stata lampante – e affondare in verticale con pochi passaggi e un gioco con massimo due tocchi.

La rete di Lautaro che ha chiuso di fatto la contesa è arrivata, appunto, da una verticalizzazione di piede di Handanovic che ha trovato dritto per dritto Correa. Quando il Tucu riceve palla spalle alla metà campo del Cagliari, sia Perisic che Brozovic sono liberissimi per ricevere la sponda, mentre Gagliardini è pronto al movimento in verticale senza palla. Bellanova, Grassi e Baselli sono tutti concentrati su Correa e nessuno spende il fallo per evitare di essere colpiti alle spalle. Lykogiannis, in alto a sinistra, è in ritardo sull’inserimento di Gagliardini che, però, spetterebbe più a un interno di centrocampo che al greco. Il resto è una logica conseguenza delle qualità tecniche dell’Inter, con l’appoggio di Correa, Perisic che lascia sfilare per Brozovic, la perfetta verticalizzazione del regista croato e la corsa senza palla a supporto di Gagliardini da parte di Lautaro in basso.


Matteo Zizola

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