Il Cagliari ricorda quel tipo che ha acquistato una bella Cabriolet e la usa solo per andare a comprare il giornale la domenica mattina. Ha una rosa di giocatori con caratteristiche diverse e complementari tra loro che, unitamente alle tante qualità individuali, rendono la rosa molto competitiva.
Tuttavia, questa potenzialità rimane spesso inespressa e qualche volta si ha la sensazione che la squadra proceda in modo composto e regolare, ma senza mai inserire la quarta. Lo dico in virtù della grande considerazione che ho di giocatori di valore internazionale come Godin, Joao Pedro, Nandez, Marin o anche Pereiro (che tra infortuni e Covid non ha ancora dimostrato il suo reale valore), di individualità ormai affermate come Cragno, Simeone, Pavoletti, Walukiewicz, Rog o di giovani talentuosi quali Zappa e Sottil. Credo che in termini di qualità il Cagliari sia la nona forza del campionato insieme al Verona e alla Fiorentina.Al momento guardando la classifica mancano pertanto 5 punti e i gol segnati (18), rispetto a quelli subiti (23), sono troppo pochi. Vediamo nello specifico come gioca la squadra di Di Francesco.
LA FASE OFFENSIVA – La fase offensiva del Cagliari è come un libro scritto bene, ma di cui si conosce già il finale. Voglio dire che ha nell’equilibrio una delle doti migliori, ma la sua ricerca ossessiva talvolta rende prevedibile la manovra. Spesso, infatti, in rapporto alle qualità individuali a disposizione, offre trame di gioco di facile lettura e nel tentativo di non offrire il fianco agli avversari, tende a rallentare il ritmo della partita in fase di possesso palla. È difficile trovare grossi difetti alla squadra di Di Francesco, così come si fatica a trovare un tratto distintivo: fa tutto bene, ma non eccelle in nulla. La costruzione da dietro è ben preparata e senza correre grossi rischi. Quando subisce un pressing molto aggressivo, ne esce con palle lunghe sugli esterni alti, ossia nelle zone più lontane dalle torri centrali avversarie e per questo più facili da conquistare. Altrimenti attraverso il movimento dei difensori centrali che si allargano e di uno dei centrocampisti che viene incontro, provano a portare palla attraverso le linee avversarie. Nella fase di possesso nella metà campo offensiva prova invece a creare spazi facendo girare palla. In questo la aiuta molto Joao Pedro, che coi suoi movimenti su tutto il fronte riesce a sbilanciare gli avversari e suggerisce l’inserimento di centrocampisti ed esterni bassi negli spazi.
La punta centrale ha il compito, oltre che di finalizzare, di essere un punto di riferimento, offrire sponde (ad esempio il gol di Marin contro il Verona) e far respirare la squadra. Nel caso di Pavoletti si ha un certo peso specifico, nel caso di Cerri, come confermano i suoi 4 gol in serie A in 54 presenze o l’errore decisivo da 5 metri all’88’ contro l’Inter, un altro. A mio parere Simeone potrà aiutare molto la squadra con la sua generosità, caparbietà e bravura ad attaccare gli ultimi 25 metri. Il gioco sulle zone laterali è molto ricercato e dà spesso i suoi frutti, grazie alle sovrapposizioni (secondo gol contro l’Atalanta con Lykogiannis che viene liberato per il cross), agli inserimenti nello spazio lasciato libero dal winger che si accentra (cross di Zappa contro Spezia e Bologna per i gol di Pavoletti e Simeone) o ai guizzi di Sottil (primo gol di Joao Pedro contro il Bologna). Importante per il lavoro di quantità, ma anche per i suoi inserimenti è ovviamente Nandez, giocatore destinato a breve ad altri palcoscenici. La grande versatilità e poliedricità della rosa consentono a Di Francesco di poter cambiare sistema di gioco e optare per una difesa a 3 (ad esempio negli ultimi 20 minuti contro l’Inter) e, come già detto, per un centrocampo con due interni e un regista tra di loro. Spesso cerca gli inserimenti dalle seconde linee (lo stesso Marin, ma soprattutto Nandez, Rog e gli esterni) e in questo i movimenti di Joao Pedro e le sponde di Pavoletti sono fondamentali.
Va detto che per il lavoro serio e scrupoloso del suo allenatore dal punto di vista del gioco ci possono essere ampi margini di miglioramento anche nel breve termine, a patto che l’atteggiamento equilibrato, ma talvolta un po’ scolastico e guardingo venga arricchito dalla voglia di azzardare ed essere più imprevedibile.
LA FASE DI NON POSSESSO – In fase di non possesso è tutta la squadra a muoversi con grande spirito di sacrificio ed avendo ben chiari i principi fondamentali, su cui il loro allenatore lavora molto e bene. La partecipazione immediata da parte di tutti i giocatori, fin dai primi momenti in cui l’avversario entra in possesso della palla, permette di reagire prontamente (infatti recuperano molti palloni entro i primi cinque secondi) e di farsi trovare raramente esposti (mi vengono in mente solo il gol di Muriel contro l’Atalanta e in parte quello di Zaccagni contro il Verona). I primi difensori sono Pavoletti e Joao Pedro che provano a pressare e in ogni caso a chiudere la zona centrale per schermare il centrocampista che va a ricevere palla e obbligare gli avversari a ripartire da dietro.
I due esterni Sottil e Nandez assecondano il pressing degli attaccanti, ma sono pronti a ripiegare e chiudere in diagonale con palla sul lato opposto, mentre i due centrocampisti centrali generalmente si coprono a vicenda, non facendosi trovare piatti, né lasciando spazi per imbucate centrali. La linea difensiva, ordinata e reattiva, è guidata da centrali di esperienza e da uno tra i migliori portieri italiani in questo momento. Interpreta la palla scoperta o le accelerazioni avversarie, “scappando” e risalendo coi tempi giusti, muovendosi come Sacchi definiva ad elastico. In questo Di Francesco è sicuramente uno dei migliori allenatori in serie A e sinceramente è il modo di difendere che io preferisco e su cui lavoro molto, per cui è possibile che io sia di parte nella valutazione.
LE SBAVATURE IN FASE DIFENSIVA – Tuttavia, ci sono alcune sbavature ricorrenti, che rendono il Cagliari vulnerabile in determinate situazioni.
1) La difesa spesso continua a scappare anche all’interno degli ultimi 23 metri, schiacciandosi troppo verso la propria porta. Così facendo consente al portatore di avvicinarsi troppo alla “red zone” e poter calciare da posizione pericolosa (vedi i gol subiti da Soriano, Barrow e Gomez).
Invece ai 23 metri l’uomo più vicino dovrebbe uscire aggressivo a pressione, mentre gli altri tre stringersi alle sue spalle per chiudere gli spazi ed eventualmente uscire sul raddoppio, secondo il concetto comune di triangolo difensivo. Lo stesso atteggiamento si verifica sui corner con la squadra tutta dentro i propri 10 metri e spazio libero sulla respinta (gol di Barella domenica scorsa e Molina su out battuto lungo come un calcio d’angolo contro il Crotone).
2) Sui cross laterali, soprattutto se provenienti dal lato corto dell’area, la distanza tra portiere e linea della difesa è eccessiva e questo consente agli avversari di infilarsi e segnare agevolmente (ad esempio contro Spezia e Lazio coi gol di Gyasi e Lazzari). Sarebbe opportuno coprire quella zona per poter attaccare la palla e non dover rinculare, rischiando di lasciare spazio o addirittura l’autogol.
3) Soffre gli 1 vs 1 in prossimità dell’area, nel movimento dell’avversario diretto a rientrare soprattutto da sinistra verso il centro (ne hanno approfittato Ronaldo, Barrow e Zapata)
4) Su cross o calci d’angolo indirizzati sul secondo palo non riesce a intervenire tempestivamente (vedi i gol di D’Ambrosio, Colley in coppa Italia, Ronaldo e Belotti)
In generale, quindi, anche per quanto riguarda l’aspetto difensivo il Cagliari è una squadra molto equilibrata e disciplinata, con un’ottima organizzazione, ma anche qualche punto debole su cui si può puntare per batterlo. Nelle ultime cinque partite il Cagliari ha raccolto soltanto tre pareggi e due sconfitte e la partita di domenica contro l’Udinese, che viene da tre vittorie e due pareggi, sarà tanto dura quanto importante. Per tutto quello che abbiamo detto finora sulla carta ci sarebbe da aspettarsi una partita tranquilla ed estremamente controllata, ma la mia speranza è che il Cagliari prenda consapevolezza dei propri mezzi e giochi con ambizione diversa.
FOCUS ON: Răzvan Gabriel Marin
Răzvan Marin è forse il miglior prodotto della scuola rumena degli ultimi anni. Cresciuto nell’accademia di Georghe Hagi, maturato nei tre anni di Standard Liegi e Ajax e diventato un punto di riferimento della sua nazionale, è approdato al Cagliari ancora giovane, ma già con personalità ed esperienza.
Nonostante non sia velocissimo o straordinario nella corsa, riesce anche a inserirsi negli spazi ed essere decisivo negli ultimi 20 metri. È un centrocampista centrale di qualità, che può giocare sia a 3, da interno o da regista, sia a 2. Il suo rendimento migliora quando gioca vicino ad un compagno “di gamba” o con profilo più difensivo, non per niente allo Standard era affiancato da Cimirot, all’Ajax (dove ha giocato meno) da Blind e adesso da Rog. Se in Belgio ha trovato consapevolezza nei propri mezzi grazie alle molte partite giocate e alle ottime prestazioni (108 presenze, 18 gol e 22 assist), l’avventura olandese ha migliorato la sua capacità di palleggio e di gestione del possesso, oltre che l’attitudine a recuperare palla nel minor tempo possibile dopo averla persa.
L’Ajax fa di questo concetto uno dei principi della sua filosofia, utilizzando infatti spesso nelle sue esercitazioni la regola dei 5”, per la quale occorre recupere il possesso in quel breve tempo. Visione di gioco e buona tecnica individuale gli consentono di verticalizzare e cambiare gioco con estrema facilità, ma anche di andare al tiro dalla distanza in modo pericoloso. L’intelligenza e il buon timing fanno invece sì che Răzvan riesca a dettare i ritmi di gioco della squadra.
È un giocatore completo, di caratura internazionale, che a Cagliari potrebbe trovare la serenità ed il calore per diventare un top player del calibro di gente come O’Neill o Oliveira, capaci di far sognare i tifosi sardi.
Mister D.