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Gol e mentalità: con Palomino il Cagliari ha trovato il suo trascinatore

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I dubbi fugati in un momento decisivo, un gol che ha rimesso in piedi una partita all’improvviso persa di mano e destinata a scivolare, con la prima vittoria casalinga lontana e un altro passo indietro pronto a manifestarsi. Fermarsi soltanto al colpo di testa che ha regalato il momentaneo 2-2 – e creato i presupposti per la rimonta contro il Torino – non renderebbe giustizia all’importanza dell’ingresso di José Luis Palomino al posto di Yerry Mina, una sostituzione decisa da Davide Nicola che ha dato al Cagliari ben più di quanto possa spiegare la rete dell’argentino. Così come l’aspetto tecnico-tattico non può essere l’unica chiave di lettura, tutt’altro, della presenza del difensore ex Atalanta nella rosa rossoblù.

Risposta

Chi scrive aveva espresso più di una perplessità quando il Cagliari ha deciso di attingere al mercato degli svincolati e tesserare Palomino per rinforzare la propria difesa. Troppi i punti di domanda sulla condizione fisica, altrettanti quelli sugli incastri di una rosa che sembrava avere bisogno di un elemento diverso per completare la retroguardia. Il tucumano arrivava da due anni complessi tra infortuni di varia natura e un caso doping che è tornato alla ribalta nelle ultime settimane, con Palomino diventato esempio di scuola per Jannik Sinner e un altro caso doping che ha scosso il mondo del tennis. L’ex Atalanta è stato assolto dopo una lunga battaglia legale, la speranza del numero uno altoatesino è di arrivare alla stessa conclusione anche grazie al precedente relativo al centrale rossoblù. Messa da parte la vicenda, restavano comunque dubbi non di poco conto sulla tenuta fisica di un calciatore che non aveva mai giocato con continuità nelle ultime due stagioni. In più, altro aspetto da non sottovalutare, il suo piede preferito – il mancino – che poco si sposava con il bisogno di un braccetto di destra che potesse giocarsi il posto con Zappa, mentre l’acquisto di Luperto e la presenza di Obert creavano traffico nella parte opposta di un’eventuale difesa a tre. Alla fine, però, la soluzione è stata quella forse più ovvia: Palomino e Mina, una poltrona per due al centro, due leader che si alternano anche nella stessa partita per non abbassare mai il livello di concentrazione e garantirsi quel tocco di esperienza sempre utile alla causa. Il tucumano è, in fondo, la risposta a errori del passato dai quali la società rossoblù sembrerebbe aver imparato. La prima parte della scorsa stagione senza una guida per il reparto difensivo aveva portato all’arrivo di Mina, la condizione fisica spesso altalenante del colombiano – viaggi in Sudamerica per la nazionale inclusi – qualcosa da tenere in conto per mettersi al riparo contro ogni evenienza negativa. Insomma, Palomino ha dimostrato di essere acquisto utile, perché se i dubbi di carattere tecnico-tattico erano e sono tutt’ora leciti, non si può negare che la sua personalità abbia fatto bene a tutta la rosa, partendo proprio dall’ingresso contro il Torino e quanto visto in campo.

Leader

“Attaccare!”. Se si volesse creare un meme con protagonista Palomino, forse la combinazione migliore sarebbe quella con il video con Silvio Berlusconi protagonista nello spogliatoio di Milanello davanti a un imbarazzato Filippo Inzaghi e la faccia del tucumano al posto di quella dell’ex presidente rossonero. Perché il difensore classe ’90, ogni volta che è entrato in campo – quattro le presenze, tutte in corsa – ha messo subito in chiaro il suo modo di giocare gasperiniano. Petto in fuori, corpo rivolto verso la metà campo avversaria, richiami ai compagni invitandoli a salire e tenere la linea alta. Uomo su uomo, con un atteggiamento da leader non solo a parole, ma anche nei movimenti e nei fatti. Un capopopolo della difesa, con difficoltà che non sono mancate (rigore a Parma) e con un ruolo non da titolarissimo che sarebbe potuto essere duro da digerire, ma che al contrario lo ha visto prendere ancora più per mano lo spogliatoio. Il gol di testa dopo un attacco dell’area partendo da fuori i sedici metri – e la sponda di Luperto a trovarlo libero sul secondo palo – è stato solo un fotogramma, il più luminoso, di una prestazione che ha dato segnali soprattutto a gioco fermo. Perché basta rivedere le immagini dopo la rete per capire quanto Palomino sia entrato nelle grazie del gruppo. Il sorriso, i compagni che senza nessuno escluso corrono verso di lui, l’abbraccio speciale con Gaetano e, soprattutto, la corsa verso la panchina per il cinque a Nicola e a tutti i suoi collaboratori. E poi, dopo l’autogol decisivo di Coco, un’altra corsa per raggiungere i compagni che esultano e il richiamo all’ordine e alla concentrazione in vista del tentativo di ritorno scontato del Torino nei minuti finali. Un assalto granata che ha trovato in Palomino e in tutta la difesa un muro quasi insormontabile e quando si è aperto uno spiraglio ci ha pensato Scuffet a correre ai ripari. Dopo un gol che mancava da due anni (13 novembre 2022 contro l’Inter) e una condizione che cresce, ora il tucumano cercherà di trovare maggiore spazio, ma con la consapevolezza che anche pochi minuti possono essere fondamentali per mettere la propria firma. In un Cagliari che dagli uruguaiani è passato ad altre nazioni sudamericane, cercando di dimenticare il passato di leadership mai davvero tali con il duo Godín-Caceres per un presente e un futuro che ha in Palomino la propria stella polare da seguire.

Matteo Zizola

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