Equilibrio, concentrazione, cattiveria, fiducia. Sono le parole che risuonano nella sala stampa del PalaSerradimigni dopo la sconfitta con la Reyer Venezia per 62-73, sono le parole che mancano nell’agenda della Dinamo Sassari della seconda parte del 2023. Il desiderio alla mezzanotte sarà quello di imparare a scriverle e farle proprie in un 2024 in cui i biancoblù dovranno imparare a convivere con le paure ma soprattutto a saperle affrontare con freddezza.
Emozionale
Il lato negativo dell’emotività di questa squadra si è evidenziato anche nella sfida che al PalaSerradimigni ha visto vincere gli uomini di Spahija 62-73, più incisivi e solidi rispetto al gruppo guidato da Bucchi. Le montagne russe sono ormai il gioco preferito all’interno dei 40′ biancoblù, ma non sempre le corse, ancor di più contro avversari di questo genere e così come era stato con Brescia o Reggio Emilia, possono terminare con un ritorno tranquillo al punto di partenza. Diventa invece più plausibile un deragliamento, come accaduto anche nell’ultima uscita. Il Banco con gli orogranata ha approcciato bene, poi ha perso la via, ritrovata solo parzialmente a cavallo tra finale di terzo e inizio di quarto periodo, per poi subire la nuova accelerata della Reyer e la propria mancanza di lucidità . Assenza resa evidente dalle scelte offensive a partita ancora aperta (vedasi il coast-to-coast di Gentile sul possesso del -5 con 8′ da giocare) dai dettagli mancati (il tagliafuori su Tucker ancora sul -5 dopo la tripla di McKinnie e il fallo offensivo successivo di Diop) ed esemplificata dal tecnico alla panchina che ha indirizzato la gara definitivamente verso la Laguna a 3′ dalla sirena conclusiva. Perché sì, il campionato è salito tanto di livello e davanti c’era l’attuale capolista, ma l’impressione è che Sassari al momento riesca a farsi male anche da sola.
Sforzo
Guardando ai parziali, quella giocata all’antivigilia del nuovo anno potrebbe essere letta come una gara equilibrata. Ma scavando poco oltre la superficie si capisce il motivo per cui la Dinamo sia mancata ancora una volta nel momento in cui avrebbe potuto girare l’inerzia della gara visto anche la possibilità di avere PalaSerradimigni pieno dalla sua parte. Dopo 3′ giocati nel secondo periodo l’attacco di Sassari si è completamente fermato, segnando solo 4 punti fino alla seconda sirena, diventati appena 5 tenendo in conto i primi 3′ del terzo periodo. Un frangente in cui inizialmente Venezia ha messo la freccia ma in qualche modo è stata tenuta a bada, poi invece è riuscita ad azzannare la partita, toccando il +16 dopo pochi minuti sul 29-45 nel terzo periodo. Lo sforzo arrivato successivamente da parte di una Sassari strattonata da Bucchi nel primo timeout chiamato, che ha messo in luce il lato più voglioso della squadra, è stato tuttavia pagato quando la gara sembrava poter essere raddrizzata. Il risultato è stato opposto a quello voluto, con Sassari che senza Jefferson e Tyree (non nella sua serata migliore) è parsa non avere le capacità di creare vantaggi e ha continuato a litigare con le proprie percentuali fino ad arrendersi a una Venezia tornata difendere forte e più razionale.
Spiragli
Tuttavia, nel buio a volte anche la più piccola luce può dar speranza. Subito 27 minuti in campo, dato che qualcosa dice sullo stato di Sassari al momento, per un Jefferson che in campo ha portato quella personalità necessaria per alzare la pericolosità offensiva della Dinamo. La condizione fisica non è ancora ottimale, ma fino a quando Venezia non ha alzato ulteriormente nel finale la propria intensità difensiva la differenza di energia si è fatta notare meno del previsto. Inoltre, Sassari ha sbagliato diversi tiri aperti, più di uno anche ben costruito: segnale che restando strettamente sulla gara è negativo, ma che rende chiaro come le basi su cui lavorare sul lato offensivo esistano e debbano diventare solamente più solide. Per far sì che la luce diventi forte e illumini la via per uscire dal tunnel, Sassari ha però bisogno di risposte da tutto un gruppo che ha necessità di togliere frenesia dal proprio serbatoio e di aggiungervi concentrazione e fiducia. Due elementi che saranno necessari in diverso modo a elementi come un McKinnie ancora alle prese con un adattamento che sta diventando troppo lungo, o ai Charalampopoulos e Kruslin che non riescono ancora a ingranare al tiro. Il lungo dialogo post partita negli spogliatoi è il segno di dove si celi la risposta per evitare di complicare ulteriormente una stagione in cui al momento il primo obiettivo è diventato allontanare la zona rossa della classifica. Per riuscirci, cuore e concretezza non si potranno per questo vedere solo a sprazzi, ma dovranno essere spalmati prima all’interno dei 40′ e poi tra una partita e l’altra. Il muro alle spalle si avvicina sempre di più: per evitare di non avere vie d’uscita la Dinamo deve imparare a esserne consapevole. Solo così l’inizio del 2024 potrà strappare qualche sorriso in più rispetto al finale di un 2023 dal sapore agrodolce.
Matteo Cardia














