Il PalaSerradimigni in piedi, l’ultima sirena che suona. Una stagione che si chiude, diversi capitoli del libro biancoblù che si concludono. La Dinamo Sassari ferma la sua corsa in semifinale Scudetto, mentre Milano procede spedita verso quel palcoscenico annunciato sin da inizio stagione. Il pubblico però applaude per un’annata ancora conclusa dai biancoblù tra le prime quattro squadre italiane, ma soprattutto ringrazia chi come Giacomo Devecchi e Massimo Chessa ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia della società.
Serie
Il 61-93 finale di gara 3 può comunque imbrogliare. Perché Sassari non ha chiuso il proprio cammino con una debacle in cui non è stata mai in partita. È stata in grado di sopperire alla prima spallata milanese, prima raggiungendo gli avversari nel punteggio tra secondo e terzo periodo e poi mettendosi addirittura avanti nel punteggio grazie al momento in cui anche il tiro dall’arco sembrava poter diventare un fattore a favore. Poi però Milano ha fatto pesare il valore dell’esperienza e del proprio talento, trovando ancora una volta in Gigi Datome la risposta per spezzare il fiato ai biancoblù. Con i sassaresi rimasti vittima della propria stanchezza fisica e mentale oltre che dell’aumento dell’intensità difensiva milanese, che già nel primo periodo aveva mostrato le possibili conseguenze sulla gara. Quello sull’Isola è stato l’ultimo atto di un’opera in cui i sassaresi hanno rischiato di rubare la scena nella seconda esibizione in programma. Ma perso quell’attimo, chi ha sempre avuto l’onore e l’onere di essere protagonista su tutti i palcoscenici non si è lasciato scappare ulteriori errori di lettura del copione. Un po’ di amaro in bocca forse resta, ma l’impressione è che quanto fatto dalla Dinamo in stagione possa far trasformare il dispiacere in una sensazione da lasciare ferma a quei momenti vissuti al Forum. Perché Sassari si è ancora una volta confermata, andando oltre quelle aspettative che si erano create dopo un inizio di stagione più che in salita.
Possibile
Infortuni, ambientamenti e obiettivi mancati. Nella prima parte di annata il Banco ha vissuto più di un momento complesso, facendo spaventare qualcuno sui possibili risvolti futuri. Timori che hanno rischiato di rompere quell’equilibrio perfetto tra la squadra e il PalaSerradimigni. Alla Dinamo però è spesso piaciuto rimettersi in corsa durante la partita, soprattutto dopo l’intervallo. E allora il disegno di Piero Bucchi e del suo staff dai 40 minuti di una gara è passato sull’arco temporale di una stagione. La scelta di sostituire Onuaku con un giocatore come Stephens più propenso all’idea di mettersi al servizio della squadra, la decisione di attendere ogni giocatore alle prese con fisici dispettosi, da Robinson a Dowe, passando per Jones e Gentile, la pazienza nel riuscire a digerire le sconfitte anche più dure e il lavoro quotidiano in palestra. Tasselli di un puzzle che hanno disegnato le parole fiducia e identità, tradottesi in energia sul parquet nel momento più importante dell’annata, quando con ancora tutto in gioco la Dinamo ha fatto capire di poter rivestire i panni della squadra testarda e divertente che è sempre stata, aggiungendo però stavolta più di un pizzico di durezza difensiva che nella prima serie playoff contro Venezia ha avuto il suo apice. Un disegno che ha reso possibile le sette vittorie consecutive in regular season, che ha permesso di costruire un lungo record di imbattibilità interna terminato solo con la sconfitta subita contro Milano nel primo giorno di giugno. E che ha consentito al gruppo di riconquistare a poco a poco l’affetto dei tifosi, ricostruendo quel clima quasi familiare che ha contraddistinto negli anni l’ambiente sassarese.
Avvenire
Il futuro ora è già alle porte. Per quanto sia ancora difficile da immaginare che in campo non ci saranno più né Jack Devecchi, né Massimo Chessa. Colonne fondamentali dello spogliatoio, simboli di come la Dinamo Sassari sia cresciuta nel tempo e di come una maglia possa diventare la propria seconda pelle, sia quando decisi di sposarla senza allontanartene mai, sia quando la carriera ti fa momentaneamente allontanare da casa. Quello che è certo è che Sassari ripartirà da coach Piero Bucchi, dalla sua conoscenza del gioco e dalla capacità di costruire e gestire. E che proverà a creare basi solide per le proprie aspirazioni, con la lista dei desideri che vede al primo posto la voglia di migliorarsi. Per esaudirlo, Sassari dovrà porsi l’obiettivo di provare a cambiare rotta nell’approccio alla stagione. Ad avere sin dall’inizio una continuità e una solidità mentale che possano aiutare a superare le normali difficoltà imposte da un campionato e un’Europa che hanno alzato il proprio livello di competitività e qualità. Qualcosa che potrebbe essere facilitato dalla conferma di diversi elementi del roster che ha terminato la stagione. Ma che come idea fondamentale avrà quella di mettere davanti a tutto la collettività. “Il gruppo andrà sempre messo davanti a tutto” ha affermato Bucchi al termine della sfida contro Milano. La Dinamo Sassari ripartirà così da questo dogma per continuare a scrivere un romanzo che non vuole prendere in considerazione la parola fine.
Matteo Cardia














