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Dinamo Sassari | Responsabilità: la parola chiave della crescita di Cappelletti

Alessandro Cappelletti durante Dinamo Sassari-Virtus Bologna | Foto Luigi Canu
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Nell’arco di 40’ o di un’intera stagione può cambiare tutto grazie agli episodi. Può essere anche solo una scintilla a far scatenare qualcosa di più acceso e che può divampare. Anche solo la fiducia, di un tecnico e del resto della squadra, nel basket possono cambiare le cose. Lo sa bene il playmaker della Dinamo Sassari Alessandro Cappelletti, che nelle ultime settimane ha visto crescere nuovamente il suo rendimento fino alla prova più che positiva contro Venezia.

Difficoltà

La stagione della maturazione, quella della conferma dopo l’anno in A1 da protagonista a Verona compresa la chiamata nella nazionale di Pozzecco. L’annata 2023-2024 per Cappelletti doveva essere quella giusta per trovare il definitivo salto di qualità, pur senza troppe pressioni. Il tutto però sarebbe dovuto andare per gradi che la stagione e gli incastri non riusciti hanno reso impossibili. Prima la necessità di essere in campo dall’inizio e di assumersi più responsabilità viste le difficoltà e poi l’infortunio di Whittaker, poi il passo indietro nelle gerarchie – almeno sulla carta – a cui adattarsi, perché l’uscita dalla panchina sa essere nemica se l’abitudine è poca, ancor di più dopo stagioni da primo violino in A2 e A1. Nel mezzo le complessità generali di un momento in cui la squadra faceva vedere solo a tratti le potenzialità, con il vortice che ha finito per risucchiare anche il classe ‘95 in più di una serata. Perché Cappelletti, nonostante sia il giocatore che in casa Dinamo potrebbe maggiormente ricalcare la definizione di playmaker, si è trovato di fronte a una propria discontinuità nel trattamento del pallone mal digeribile per chi esercita la sua autorevolezza attraverso la gestione dei possessi. Troppe palle perse, ma soprattutto troppa difficoltà a mantenere le premesse di un approccio spesso positivo che poi sfociava in altri esiti. Con il minutaggio che ne ha in alcuni casi risentito. Un andamento che è cominciato a cambiare con l’arrivo di Nenad Markovic sulla panchina biancoblù.

Rinascita

La fiducia si sa è un’energia che può mandare avanti un motore che sbuffa. Cappelletti ha osservato sin dalla sfida con Milano un diverso approccio alle sue responsabilità. Con l’assetto sassarese che ha cominciato a vedere sin dal Forum la presenza di almeno due portatori di palla in campo in più momenti di gara. Una scelta diventata quasi fissa dopo la pausa, altro frangente fondamentale per curare i dettagli, chiarire compiti e decisioni, ma soprattutto recuperare quella confidenza che pativa i troppi blackout. E in cui probabilmente il classe ‘95 ha potuto guardare con Markovic alla gara con Tortona come quella da evitare e a quella con Cremona come esempio di quello che sarebbe potuto diventare: 24’ in campo, 5 punti ma due importantissimi nel finale, 4 assist, una sola persa e un recupero. Il riposo da una parte, il dialogo con l’allenatore dall’altra hanno prodotto quanto visto al ritorno in campo. La scelta di proseguire sulla strada segnata in precedenza, finanche all’estremizzazione con tre piccoli in campo, ha dato alla Dinamo più serenità in attacco, lato su cui le fatiche erano state ancora più evidenti. Tyree, Jefferson e Cappelletti si sono trovati a condividere insieme il parquet nei momenti più caldi già con Bologna, ma è stato proprio l’ultimo spesso a dover portare il pallone avanti e scegliere il piano offensivo da chiamare. Un attestato di fiducia del tecnico e della squadra stessa che gli ha affidato il pallone e che per un playmaker fa tutta la differenza del mondo. L’espressione massima è arrivata così contro Venezia. Trenta minuti in campo, la capacità di sfruttare i blocchi nella maniera migliore possibile per avere più alternative ed esaltarsi tra passaggi nella tasca e un arresto e tiro che può essere letale. “Credo che questo cambiamento sia dovuto principalmente a come lui ha approcciato noi e al fatto che ora tutti in campo sappiano cosa devono fare. Cosa che facilita molto il compito”, ha affermato il playmaker di Assisi a La Nuova Sardegna, pur ricordando che le responsabilità dell’andamento negativo della squadra non erano in capo a coach Bucchi. Di certo resta il fatto che la Dinamo potrebbe aver (ri)trovato l’uomo in più insieme a McKinnie per avere un impatto diverso da quella panchina che per larghi tratti della stagione era sembrata sottotono. E che Alessandro Cappelletti potrebbe aver ritrovato la strada per la definitiva maturazione.

Matteo Cardia

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