Play, pause, stop. Una stagione è basata sui tre tasti da schiacciare a seconda del momento: il primo rischia di rimanere pigiato costantemente, perché lo show non deve fermarsi mai; il terzo è quello che si schiaccia quando tutto è ormai finito e si aspetta solo che il tasto play venga riutilizzato; nel mezzo il tasto del respiro, quello forse meno usato di tutti, ma di cui si sottovaluta a volte l’importanza. Una sorta di limbo in cui riflettere su quello che è stato e su quello che può essere. Un frangente in cui si ricaricano soprattutto le energie mentali prima che tutto riparta da capo. La Dinamo Sassari ha visto chiudersi la stagione, ma prima di schiacciare il tasto per fermare definitivamente il disco dell’annata e mettere su un altro album, ha deciso di guardarsi dentro e analizzare un’annata che ha detto diverse cose da approfondire.
Responsabilità
“La maschile quest’anno ha fatto un risultato che non può soddisfare e non mi soddisfa. Questa squadra ha vissuto di troppi alti e bassi e non ha mai dato l’impressione di essere veramente squadra. Questo è il problema più grosso e per me va oltre i risultati”. Ha affermato il General Manager Federico Pasquini nella conferenza stampa che ha chiuso il cerchio. E ancora: “Abbiamo avuto tante scusanti, specie con gli infortuni, ma credo che per qualità fossimo altri. Serviva un andamento più lineare. Abbiamo fatto diverse prestazioni che non sono state belle. Abbiamo commesso degli errori e mi sento il più responsabile di tutti”. Già in apertura di conferenza, Pasquini ha tracciato una linea immaginaria tra responsabili e non. Era stato già fatto nelle settimane precedenti, anche se in maniera differente. La piazza però aspettava di sentire per potersi dare delle risposte su un’annata non all’altezza. Assumersi delle responsabilità davanti ai microfoni della club house era per questo il primo atto utile ad accorciare le distanze createsi tra il pubblico del PalaSerradimigni e la squadra, quella che resta al di là dei nomi che la comporranno nel futuro. Un aspetto che il Gm ha toccato anche parlando di sé stesso seppur precisando che il proprio avvenire sia legato a doppio filo con la voglia di riscatto: “Quando non troverò più energia nel stare a Sassari chiamerò Sardara e andrò via, state certi che Pasquini non è una tassa”.
Motivi
Infortuni, troppi elementi in scadenza di contratto e la multietnicità della squadra. Queste le problematiche messe sul tavolo da Pasquini, a cui va probabilmente aggiunta l’impossibilità di operare sul mercato con tempestività soprattutto quando appariva chiaro che Whittaker non potesse essere il playmaker della squadra. Con la Dinamo che è stata costretta ad attendere che anche il giocatore potesse trovare una casa e uscire dal contratto per dare una sterzata con l’arrivo di Jefferson. I tre aspetti citati che potrebbero essere riassunti nell’impossibilità di vedere trasformarsi il gruppo in squadra. Non una questione di leadership, insomma, come affermato dal presidente Sardara dopo Varese, ma di amalgama e di esperienza nell’essere giocatori con diverso carico di responsabilità addosso. Sostanzialmente l’inverso di quello desiderato a inizio stagione, quando si è deciso di puntare sullo svecchiare il gruppo ma soprattutto di puntare sulla fame dei giocatori che però in molti casi, nonostante la tavola imbandita, di sedersi a tavola non ne hanno voluto sapere. Un rovesciamento della medaglia di cui bisognerà tener conto, soprattutto nel parco stranieri, ma non solo, perché il gruppo italiano andrà ricostruito vista la partenza certa di Diop e di Gandini, quella già fatta registrare di Gentile mai sostituito e quella che potrebbe arrivare di Treier.
Futuro
Treier e Diop sono stati l’ultima scommessa del club sassarese sul lungo periodo. Occorrerà riprendere a lavorare su questo versante, in attesa di capire soprattutto cosa sarà dei propri giovani, su tutti Pisano e Dore, ma specialmente perché almeno l’uscita di Diop impone un nuovo ciclo di approfondimento, che possa far intravedere in Sassari la piazza giusta per la crescita di un giocatore. La chiarezza su come il roster andrà costruito, con la presenza di due trattatori di palla e di fisicità dalla posizione di tre fino a quella di cinque, ma soprattutto la volontà di cercare di ricostruire il gruppo facendo leva, quando possibile, su accordi pluriennali è una buona notizia per Sassari. Gli effetti si sono visti già con un Cappelletti che durante l’anno è cresciuto. Tutto però è legato alla parola budget e alla parola ambizioni, mai pronunciate ma la cui rilevanza si è lasciata intendere soprattutto quando si è toccato il tema delle coppe europee in termini di mercato. La produttività del proprio disegno passa da entrambi gli aspetti. È chiaro che la solidità del progetto venga prima di tutto e la possibilità di affrontare per il quindicesimo anno consecutivo la Serie A non sia un aspetto da sottovalutare. Per convincere però di sposare il progetto servirà non solo la comprensione del giocatore, ma anche la fermezza nel credere di poter dire ancora la propria in una massima serie che alza ogni giorno l’asticella. E offrire così al contempo sicurezze e la possibilità di sfidare sé stessi e gli altri. Un binomio che potrebbe far tornare il cuor leggero, anche dopo un anno difficile.
Matteo Cardia














