Quella contro Bologna era una Dinamo Sassari che doveva rispondere sul campo. Prima a sé stessa, poi a un pubblico che è sì giudice ma soprattutto motore di una squadra che tra le mura amiche del PalaSerradimigni ha sempre dato di più, non solo in questa stagione. Breein Tyree, dopo McKinnie (qui per il nostro approfondimento), era forse il giocatore che doveva dare il segnale più forte all’ambiente ma non solo. Mai in dubbio le sue qualità così come le sue potenzialità , ma le ultime due uscite prima della pausa contro Cremona e Tortona avevano messo in mostra delle difficoltà erroneamente inattese.
DifficoltÃ
Il secondo anno nel Vecchio Continente, dopo un impatto molto positivo al primo, può essere ricco di sorprese. Ancora di più se il livello si alza, com’è giusto che sia visto quanto fatto al primo approdo europeo. Le pressioni si fanno differenti e un cambio in panchina in mezzo alla stagione può complicare le cose in un’annata già non facile. Dopo la gara con Milano, la prima dell’era Markovic e in cui il Banco non riusciva ad attaccare all’unisono e il prodotto di Ole Miss sembrava l’unico in grado di guardare il canestro, Tyree è entrato in un piccolo tunnel in cui è sembrato fare a cazzotti con il proprio carattere e le proprie caratteristiche. Da una parte un’insoddisfazione evidente con sé stesso, resa palese dal linguaggio del corpo, dall’altra i troppi palleggi e i tanti richiami di Markovic alla ricerca di una gestione dei possessi più fluida e meno statica. Con le due gare prima dello stop per le nazionali che si erano chiuse con appena 13 punti in due uscite, quota che paradossalmente rispecchia la sua media punti a gara in Serie A. Un momento non semplice sul campo che Markovic ha capito, con quell’istinto da ex giocatore, e realizzatore, cruciale per entrare in contatto con chi vive in simbiosi con il canestro.
Effetti
Quasi due settimane di lavoro intenso, con il tentativo di adattare i propri istinti a un sistema più ordinato che non esclude però le giocate estemporanee che possono far cambiare il senso di una gara. Un esperimento riuscito almeno nella gara che poteva essere la più complessa nel percorso per diversi fattori, contro una Virtus Bologna con tanta fisicità , esperienza e talento sugli esterni. Alla sirena finale sono stati 17 i punti realizzati, con una tripla fondamentale da oltre sette metri in un momento in cui le V Nere cercavano di girare l’inerzia del match nel quarto periodo, una selezione migliore dei tiri e una gestione più parsimoniosa dei possessi confermata dalle zero perse. Un apporto decisivo, malgrado qualche richiamo, che si è visto anche sull’altro lato del campo, alla pari del resto di un gruppo che è stato capace di restare con la testa e con le gambe nella gara. “Tyree è al suo secondo anno in Europa, è un giocatore che si butta giù da solo quando magari prende qualche scelta sbagliata. Ci ho parlato tanto in settimana, sono convinto che possa crescere e fare uno step evolutivo in questa stagione“. Parole, quelle di Nenad Markovic, a conferma di una fiducia che resta fondamentale per far sì che l’ex Oostende produca quanto la Dinamo si aspetta. Con la più classica delle gestioni bastone e carota che potrebbe essere la chiave per far esplodere definitivamente un giocatore che nelle gambe e tra le mani ha i mezzi per mettere la firma sul tentativo di risalita della classifica dei biancoblù.
Matteo Cardia














