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Dinamo Sassari | Jefferson, tra un normale calo fisico e un’importanza che cresce

Brandon Jefferson durante Dinamo Sassari-Pistoia | Foto Luigi Canu
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Cinque partite, sette contando la Champions League. Un impatto molto positivo, poi il fiato che si accorcia e il conto della prima parte di stagione passata ai box che viene presentato senza fronzoli sul tavolo. Brandon Jefferson è arrivato alla Dinamo Sassari con le idee chiare. Sapeva ci fosse poco tempo per prendere condizione e che il Banco cercasse un playmaker che potesse mettere in azione un motore che anziché girare, sbuffava. Così Sassari è sembrata sulla via della guarigione grazie a lui, ma gli effetti collaterali non hanno risparmiato quella che per i biancoblù è stata come una medicina.

Minutaggio

Dall’impegno di Cholet per la gara 3 del Play-in di Champions League a quello con Milano, passando per la sconfitta pesante contro Treviso. Tre gare ad alto dispendio energetico tra testa e gambe. Partite in cui, soprattutto le prime due in ordine di tempo, Sassari si giocava tanto. E in cui Jefferson ha giocato tanto, alzando lievemente la propria media di minuti in campo – già alta – oltre i 28 minuti, diventati 30 al PalaVerde e 33 al Forum di Assago. Il minutaggio dà vita a un rapporto causa-effetto facilmente immaginabile. Il tempo passato sul parquet è un chiaro indicatore dell’importanza del giocatore per avere qualcosa in più soprattutto a livello offensivo, così come lo sono le cifre messe insieme in questo periodo iniziale – 12.6 punti e 4.6 assist a gara. L’effetto è però duplice. Da un lato positivo, perché la squadra rende meglio con chi riesce a dargli ritmo e maggiore pericolosità – 28 di plus/minus generale, unico dato positivo insieme a quello di Diop – ma dall’altra meno, visto il caso di un giocatore che nella prima parte di stagione non era andato oltre a degli allenamenti individuali dopo l’esperienza estiva al TBT (il torneo estivo che vede la partecipazione di squadra composte da giocatori statunitensi che militano soprattutto in Europa e di cui Jefferson è stato Mvp). A dirlo sono soprattutto le diverse facce del rendimento all’interno delle ultime partite. Sassari sia a Treviso che a Milano ha giocato la pallacanestro migliore con l’ex Strasburgo in campo, che ha chiuso entrambe le sfide con 7 assist. Contro la squadra di Vitucci però è stata anche una serata di sali e scendi, tra idee illuminanti in regia ed errori di lettura in difesa. Con il quarto finale a fare da perfetto esempio: due triple improvvise che sembravano poter cambiare tutto, prima di una forzatura di troppo e di una palla persa sanguinosa con la squadra alla ricerca della rimonta. Mentre con Milano dopo il primo tempo da leader, come tutta la squadra anche Jefferson ha sofferto l’alto livello della difesa milanese. E la poca efficacia nelle scelte che ha fatto la differenza per Sassari in attacco, aspetto evidenziato dal parziale di 22-0 milanese che ha chiuso anticipatamente la gara che i biancoblù non hanno saputo interrompere.

Importanza

La possibilità di un respiro in più durante la settimana dopo la conclusione del percorso in Bcl non poteva avere effetti immediati, visto anche il cambio in panchina. Tra Bucchi e Markovic, l’importanza attribuita al giocatore, di certo, non è cambiata. Il nuovo tecnico della Dinamo nell’esperienza in Francia aveva già incontrato Jefferson da avversario, ma tra le sue fila aveva un giocatore simile almeno per caratteristiche fisiche come Holston. Fatto che fa presupporre come il coach bosniaco abbia già nel suo bagaglio delle contromisure per proteggere il playmaker specialmente difensivamente. Sul proprio lato del campo si reinserisce tuttavia il fattore della condizione. Perché anche l’ex Strasburgo dovrà fare la sua parte, ma per mettere la giusta pressione sul pallone e ad avere poi lo stesso rendimento dall’altro lato del campo, saranno le gambe a farla da padrone. Sassari ha bisogno che il processo di crescita sia però il più breve possibile. La pausa di oltre due settimane tra Coppa Italia e pausa nazionale sarà una manna dal cielo, ma per accorciare le tempistiche l’aiuto principale dovrà arrivare da una panchina che sta portando un contributo inferiore rispetto a quanto previsto. Alessandro Cappelletti, ma anche Stefano Gentile, sono i due giocatori che dovranno fare più di un passo in avanti per aiutare Jefferson nella condivisione del lavoro e delle responsabilità. Con la crescita dell’ex Verona che è ancor più fondamentale per tornare ad avere la possibilità di scegliere caratteristiche diverse a seconda dei momenti della gara e dell’avversario, specialmente contro squadre con reparti piccoli più fisici.

Matteo Cardia

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