È mancato il classico centesimo per fare l’euro, la spalla avanti sull’arrivo al fotofinish. Gli esempi potrebbero essere diversi, ma l’82-79 finale del Taliercio ha detto quello che in tanti si aspettavano. E cioè che la serie si preannuncia equilibrata e bella da vedere per l’intensità che ci si può attendere da una serie playoff, ma soprattutto che la Dinamo Sassari è più che viva e ha l’intenzione di badare poco alla carta.
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La sirena dice 1-0 Reyer Venezia e fattore campo rispettato guardando solamente alla concretezza. Ma andando oltre e spingendosi già con il pensiero verso gara 2, l’impressione è che Sassari abbia le potenzialità per provare a strappare una partita in terra veneta. A rendere più forte le convinzioni sassaresi è il cambio di passo netto nell’ultimo quarto, tallone d’Achille nell’ultimo mese e mezzo e invece rivelatosi il momento migliore della gara dei sassaresi – oltre al primo quarto – nella prima uscita della post-season. Dieci minuti che hanno permesso ai biancoblù di tornare in corsa dopo essere andati fino al -12 a seguito della tripla di Mokoka e aver dovuto affrontare diversi sforzi per non lasciar scappare gli avversari. Merito soprattutto di un Ousmane Diop, malgrado qualche difficoltà su Watt, trasformatosi in leader della squadra nel momento più caldo, capace di giocate lucide su ambo i lati del campo e in grado di dare un segnale ai compagni sul parquet. Con il rammarico che resta quello di non essere riusciti ad agganciare gli orogranata nell’ultimo minuto, prima con la tripla di Robinson e poi con quella più che impossibile di Bendzius che sarebbe potuta valere il supplementare.
Due versanti
È chiaro che non è tutto oro quello che luccica. La parte di bicchiere mezzo pieno parla di una squadra pronta mentalmente, almeno in gran parte. Ed è stato possibile capirlo anche perché almeno tra primo e secondo periodo Bucchi ha ruotato dieci giocatori: una chance spesso non avuta, sintomo di una fiducia verso la squadra necessaria in momenti in cui le energie fisiche e mentali contano di più e in cui ogni secondo può diventare un tassello fondamentale per provare a raccogliere quanto seminato durante l’anno. Da guardare con positività, in primis, c’è l’approccio alla sfida, con una Dinamo capace di leggere bene le diverse situazioni offensive contro una Venezia contratta. Guardando alle statistiche, la limitazione delle palle perse – 10, ben al di sotto della media stagionale di più di 14 – e l’attenzione a rimbalzo sono i primi dati che saltano all’occhio. Unendo ai numeri le sensazioni, è stata però la capacità di andare oltre la cattiva serata dall’arco a dare il segnale più importante, per quanto negativamente impattante sulla gara. Il 4 su 20 dai 6.75, avrebbe potuto condizionare i biancoblù. La cattiva performance al tiro di Kruslin, così come quella più che complessa di Bendzius su cui Willis e Brooks hanno fatto un gran lavoro, è stata un ostacolo che in altre situazioni sarebbe potuto diventare insormontabile. Sassari però ha avuto la forza mentale di trovare soluzioni alternative, provando ad attaccare con convinzione il ferro specialmente con Dowe e Robinson e creando qualche problema nella gestione dei falli ai veneziani. Ma soprattutto, nel momento più importante, il gruppo di Bucchi ha saputo aumentare l’intensità difensiva, con almeno tre recuperi fondamentali nel quarto finale che hanno consentito di spaventare gli uomini di Spahija. La parte di coppa mezzo vuota dice invece che Sassari dovrà fare necessariamente qualcosa in più sul lato della continuità nei 40’, specialmente sul lato difensivo. Troppi i 50 punti subiti nei primi due periodi, con un focus specifico che dovrà essere fatto su due situazioni: da una parte sarà fondamentale provare a limitare Watt, dall’altra evitare che Venezia possa far male in transizione. I colpi più bassi i biancoblù li hanno subiti quando gli orogranata hanno potuto correre il campo, con Michael Bramos specialista nel punire ogni singolo errore del Banco, spesso in situazioni in cui la squadra isolana provava a rientrare definitivamente in gara. Servirà poi qualcosa in più da alcuni singoli, da Stefano Gentile, troppo confusionario in attacco, ma soprattutto da Jamal Jones, apparso timido sul lato offensivo e troppo altalenante in quello difensivo. Sassari ha estremamente bisogno di aggiungere pericolosità per far respirare chi Venezia nella prima gara ha cercato di limitare incessantemente. E per l’ex Bahcesehir è arrivato il tempo di qualche responsabilità in più.
Matteo Cardia














