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Dinamo Sassari | Difficoltà e aspirazioni: a Bologna una sconfitta da cui imparare

Alfonzo McKinnie durante Dinamo Sassari -Treviso | Foto Luigi Canu
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Una sconfitta sul campo della Virtus Bologna è qualcosa che si può mettere in conto nel proprio cammino. Ancora di più se la si affronta nel proprio momento migliore, viste le buone sensazioni lasciate anche in Europa nell’ultima settimana e la voglia di proseguire il proprio percorso in Italia senza sconfitte. Motivazioni e qualità che hanno avuto la meglio su una Dinamo Sassari che ha avuto il merito di provare a non farsi scivolare via la partita, anche quando lasciarsi andare sembrava un esito conveniente. In una serata che però oltre ad alcuni miglioramenti ha messo in luce le difficoltà di una squadra che ancora patisce quanto accaduto in estate.

Situazione

Piero Bucchi aveva avvertito. La vittoria contro Treviso era sì un “mattoncione” per la stagione, ma la scritta lavori in corso all’ingresso del PalaSerradimigni non poteva essere scomparsa all’improvviso. Anzi. La Virtus Bologna per idee e profondità del roster, unita a una condizione mentale favorevole, era il peggior avversario da incontrare per i biancoblù. Almeno da una parte, perché dall’altra è stata utile a dimostrare ad alcuni elementi ancora alle prese con l’adattamento all’Italia e al basket europeo quale sarà la durezza fisica e mentale richiesta. Non è un caso in questo senso che le prestazioni migliori siano arrivate da giocatori come Diop, Treier e Cappelletti. Elementi che conoscono bene il campionato e sanno cosa significhi affrontare un’avversaria che si può permettere il lusso di non giocare la propria miglior partita, ma di avere sempre la risposta giusta da interpreti diversi quando la palla pesa di più. È accaduto ogni volta che Sassari ha provato a riavvicinarsi, sia nel terzo che nel quarto periodo. Tentativo che è l’aspetto che deve far sorridere l’ambiente sassarese, ma che deve essere anche da considerare un insegnamento prezioso. A Bologna, la Dinamo ha potuto vedere a cosa deve ancora aspirare dal punto di vista mentale prima che tecnico per avere quella voce in capitolo desiderata. Lucidità nelle letture, nella comprensione dei frangenti e del peso di alcuni possessi: obiettivi da raggiungere per considerarsi al termine del processo di apprendimento. Se la condizione fisica è il volano per conquistare le tappe più velocemente, il gap per il momento deve essere colmato da attenzione e fame, un connubio che al PalaDozza ha funzionato a intermittenza ma ha fatto capire di esistere.

Campo

È quasi naturale che la sconfitta ponga in risalto ciò che non è andato bene. L’organizzazione da un lato e dall’altro del campo è ancora in progress. Con quella difensiva che desta qualche preoccupazione in più al momento (seconda peggior difesa del campionato con 88,3 punti subiti a gara di media) e che limita, di conseguenza, le opportunità di andare in campo aperto. Bologna ha messo più in evidenza le difficoltà nel timing delle rotazioni e nell’incisività delle scelte difensive, soprattutto in un primo tempo in cui le V Nere, una volta messa la palla in post, hanno quasi sempre avuto troppa facilità nel ribaltare il lato. La forza sotto le plance della squadra di Banchi ha creato più di un grattacapo a Gombauld, ma anche a un McKinnie che spesso si è trovato a fronteggiare Shengelia senza la giusta consistenza. Mentre la grande pressione sulla palla ha invece creato più di un problema anche in attacco, con la Dinamo che per larghi tratti non è riuscita a eseguire e pure sul lato offensivo paga un feeling e una fiducia ancora in costruzione quando i giochi si rompono del tutto. Oltre a una condizione fisica di giocatori fondamentali come Charalampopoulos e Tyree in evidente ritardo. Guardando a tutta la gara però i segnali di miglioramento, così come accaduto a Stettino, esistono. In difesa la zona si è dimostrata ancora una carta da giocare, anche se l’ultima. La match-up ha messo qualche granello di sabbia nei meccanismi bolognesi, ma non va comunque lasciato da parte il tentativo di mettere più intensità da parte di Cappelletti e Whittaker soprattutto contro i portatori di palla avversari. In attacco, Sassari ha avuto sì problemi a dialogare, complice la bravura di un sistema rodato come quello bolognese che ha limitato fortemente anche la transizione, ma quando è riuscita a sfruttare il roll di Diop o ad aprire il campo con i suoi numeri 4 ha creato i presupposti per dei buoni tiri. Cominciando a rispettare quelle che dovrebbero essere le proprie caratteristiche, almeno a difesa schierata.

Il segnale più importante resta però quello della capacità di reazione. Sassari ha sì una vittoria in quattro partite, una in meno della scorsa stagione dopo quattro turni, ma rispetto alla scorsa annata sembra avere dalla sua parte un gruppo che è consapevole di poter fare di più e che appare più unito rispetto all’annata 2022-23. Sarebbe stato difficile, altrimenti, avere un impatto positivo sulla gara e due tentativi concreti di riavvicinamento in un palazzetto caldo come quello della Virtus. Il tempo per adattamenti e crescita delle intese non è infinito, ma la squadra sassarese ha ancora davanti a sé le opportunità per fare il passo in più. La prima occasione è quella in Bcl contro la favorita del girone Aek Atene, la seconda, quella contro una Tortona che sta accelerando ma che ancora patisce in parte i tanti cambiamenti nel proprio roster. Chance da sfruttare per mettere in mostra il proprio potenziale, e allontanare naturali paure di un’ambiente che ha dovuto fare un’altra volta i conti con diverse penalità da scontare prima della partenza.

Matteo Cardia

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