A volte basta poco per tornare a sorridere. Nello sport è la vittoria che il più delle volte è capace di regalare e di far esprimere le proprie emozioni positive. Ma anche un sorriso nasce da un rapporto causa-effetto, proprio come la conquista di due punti in classifica. La Dinamo Sassari lo sa e lo ha capito maggiormente dopo un inizio nuovamente complesso, che dietro la capacità di rimettere in piedi le cose c’è bisogno di una volontà forte e del contributo di tutti. E di un equilibrio tra quintetto e panchina che si sta lentamente ritrovando.
Responsabilità
La panchina come tentativo di ricercare una reazione da alcuni elementi, la second-unit per far salire i ritmi della gara, trovare alternative. Diversamente da altri sport la pallacanestro non prevede scelte perpetua, salvo stravolgimenti. Il numero alto di opportunità è una caratteristica positiva del gioco che consente agli allenatori di sfruttare al meglio le capacità e le emozioni di chi parte da dietro le quinte. A Sassari si è capito ancora di più nella scorsa stagione, quando Dowe e soprattutto Diop sono stati spesso in grado di spaccare le partite entrando dopo la palla a due. E qualcosa si è intravisto in questa annata con le ultime due esclusioni dal quintetto base di Tyree. Il compito di chi parte dalla panca non è semplice: non abbassare il livello rispetto a chi parte in quintetto, fare qualcosa di diverso se le cose non stanno andando per il verso giusto, riuscire a impattare bene sulla gara per dare il proprio fondamentale contributo. Compiti differenti che diventano ancora più complicati quando il piano causa assenze non può essere chiaro come si vorrebbe. La Dinamo Sassari in tutte le sconfitte della stagione, tranne che nella prima uscita contro Napoli causa punteggio alzatosi nell’ultimo periodo, ha sempre avuto meno di 40 punti della panchina. Sfiorando solamente la soglia nella partita forse giocata meglio dai biancoblù, contro la Virtus Bologna a inizio ottobre scorso terminata a quota 38. È sempre invece andata oltre quando ha vinto: la prima occasione contro Treviso, con 47 punti, poi la gara di Ludwigsburg in Champions League con 44 punti arrivati da chi non aveva iniziato nello starting five, 40 invece quelli segnati nell’ultima domenica contro l’Aquila, l’esatta metà degli 80 finali. Un equilibrio fondamentale e avvertito nell’economia della gara anche per altri aspetti, come l’impatto di un Cappelletti rimasto a secco di punti ma bravo a far salire i giri della squadra con la sua regia.
Distribuzione
Avere un Tyree da 20 punti in uscita dalla panchina, come accaduto nell’ultimo match, è un piccolo lusso momentaneo per i sassaresi. È però chiaro che la distribuzione dei punti sia ancora da migliorare. Si tratta, tuttavia, di un altro aspetto a cui solo completezza del roster e serenità costante del gruppo possono portare. Quanto successo in Germania, con otto giocatori sui dieci utilizzati nelle rotazioni almeno con un canestro a referto, è l’esempio di quello che Sassari dovrà ricercare nel lungo periodo. E che non è un mistero, la Dinamo cercava già quando in estate ha fatto un mercato pensando di allungare potenzialmente le rotazioni trovandosi però di fronte alcune difficoltà impreviste inizialmente insormontabili. Ultima l’assenza di Diop, che ha portato però Treier a salire di tono su ambo i lati del campo occupando lo spot da cinque nei momenti senza Gombauld sul parquet. La risposta necessaria, insieme a quella di McKinnie e Charalampopoulos da quattro nell’ultima sfida di campionato, per sentire meno l’assenza del centro senegalese che fortunatamente per Bucchi avrà tempi di recupero meno lunghi rispetto a quanto pensato. Più che determinante nel dare vita a un altro rapporto causa-effetto che ha fatto riassaporare la vittoria a una Sassari che contro Pistoia dovrà ora dimostrare che tutto non fosse frutto della casualità.
Matteo Cardia














