L’ultima partita della stagione regolare può essere strana. In parte puoi conoscere già il tuo destino, ma spesso manca l’ultimo pezzo del puzzle per conoscere definitivamente quale futuro si stia avvicinando malgrado lo possa già in parte immaginare. Un limbo in cui il presente conta ancora tanto, ma quello che verrà forse un po’ di più. E allora il metodo migliore diventa quello del passo alla volta. Passi pesati, in cui la chiave di tutto diventa il lavoro in settimana. “In queste situazioni bisogna concentrarsi molto sull’allenamento” aveva avvertito coach Piero Bucchi all’antivigilia della sfida al Forum tra la sua Dinamo Sassari e l’Olimpia Milano. Una conferenza in cui l’idea di andare ad Assago per vincere non era stata mascherata. E cui è seguita una partita in cui al di là della sconfitta per 79-67, la squadra ha dimostrato di seguire le idee del proprio allenatore e di aver fatto dei passi avanti fondamentali per quella che sarà una serie playoff non uguale alle altre. Perché ancora una volta il luogo del delitto si chiamerà Taliercio e la Dinamo avrà di fronte la Reyer Venezia di Marco Spissu.
Passo avanti
Quello visto in Lombardia è stato uno scenario diverso da quello osservato in Emilia Romagna contro la Virtus Bologna. Allora Sassari non riuscì a pareggiare l’intensità virtussina dopo i primi venti di gioco, facendo sfilare via la partita già nel terzo periodo. Anche contro l’Olimpia il risultato è maturato in una seconda parte di gara in cui i milanesi hanno alzato la propria intensità. Ma dopo due settimane di lavoro, intervallate dalla vittoria di autorevolezza contro Reggio Emilia, a Milano sono stati decisivi gli ultimi cinque minuti, quando le energie sassaresi ormai erano rimaste poche, pochissime. Complice una serata storta per alcuni elementi della panchina, Gentile su tutti, con Milano che invece è andata nella direzione opposta trovando in Ricci e Baldasso due risorse fondamentali nella seconda parte della serata, senza dimenticare l’impatto di Biligha per tutto il match. Per il resto della contesa tuttavia i segnali sono stati più positivi che negativi. Soprattutto in difesa. Costringere Milano ad arrivare a otto palle perse nei primi dieci minuti non è casualità. Ed è stato possibile perché le idee sono state chiare sin dalla palla a due, con la parola aggressività come perno di tutte le letture difensive. Se qualcosa a rimbalzo si è pagato già dall’inizio della gara, la decisione sui blocchi e la reattività nel negare il loro sfruttamento quando Milano veniva indirizzata sul lato, ma anche la pressione sulla palla hanno fruttato, permettendo a Sassari di divertirsi in campo aperto ma trovare anche tiri puliti a difesa schierata. Un leitmotiv che unito all’orgoglio e alla lucidità mostrata nel secondo periodo, vedasi la prova di Stephens, quando Milano è entrata definitivamente in partita, ha permesso alla squadra di Bucchi di restare avanti all’intervallo lungo. La crescita di Napier e la solidità di Melli e Voigtmann nel secondo tempo hanno reso più complessa la gara. Sassari però è rimasta lì, malgrado le sofferenze evidenti sullo short roll studiato per mettere in difficoltà le scelte sassaresi e qualche lettura meno lucida durante i propri possessi. Con Milano che solo sul 67-63, sull’ultimo sforzo Dinamo e dopo 5′ già giocati nell’ultimo periodo, ha potuto realmente accelerare e trovare il modo di affondare il colpo.
Futuro
Ci sono e ci saranno degli aspetti da migliorare. A partire dalla necessità di fare un lavoro migliore a rimbalzo (16 rimbalzi offensivi concessi, ancora troppi) e nel trattamento dei possessi nelle fasi più delicate delle gare (18 perse), così come in difesa ci vorrà più attenzione ai dettagli. Bisognerà, insomma, alzare ulteriormente il livello, perché ai playoff serve la versione migliore di sé stessi. Sassari sa come si fa, lo ha dimostrato nella scorsa stagione con Brescia, per quanto ogni serie e ogni annata sia storia a sé. E anche se le energie fisiche sembrano essere in declino, malgrado il rientro di un Robinson altalenante quanto voglioso. La gara con Milano resta tuttavia il test ideale per misurarsi e prepararsi a quella che sarà una serie playoff con Venezia più che complessa. Con la squadra di Spahija che non è profonda come Milano, ma poco ci manca e che soprattutto arriva in post-season con la forma migliore possibile avendo vinto otto delle ultime nove partite in campionato. In post-season però si sa che tutto riparte da zero. La storia conta, lontana e recente, perché è la base delle motivazioni. Ma poi il resto lo fanno le ambizioni e la voglia di lasciare il segno, di sorprendere. E dopo averlo fatto durante una regular season che nel primo mese sembrava far presagire futuri ombrosi, Sassari potrebbe ancora voglia di farlo.
Matteo Cardia














