Nona vittoria in stagione, la seconda consecutiva, ma soprattutto la quarta nelle ultime cinque partite. La Dinamo Sassari di Piero Bucchi ha ripreso a correre. Lo dicono i numeri ma lo dice soprattutto il carattere mostrato nelle ultime partite, su tutte l’ultima giocata ieri contro una Trento mai doma ma che alla fine ha dovuto arrendersi con il punteggio di 77-95. Un risultato frutto di una prova corale. Il segnale migliore in vista dei prossimi scontri con Brescia e Venezia, con cui forse Sassari all’andata aveva subito le sconfitte più pesanti dal punto di vista mentale.
Testa
Sassari ormai sa come dover approcciare una partita di una Lba più che equilibrata. Un concetto ancor più valido contro una squadra come Trento che dell’aggressività nella propria metà campo fa una delle prerogative. In questo senso, la sconfitta con Napoli è stata una lezione importante per i biancoblù, che nelle ultime due uscite hanno sempre provato a non far cambiare il proprio livello di attenzione e di intensità nel corso della gara. La continuità nel corso dei quaranta minuti era diventata quasi un’ossessione nel corso della primissima parte di stagione. Sembrava quasi non essere nelle corde di un gruppo in evoluzione e apparso almeno fino a metà novembre alla ricerca di una vera e propria identità. La pazienza è diventata così la stella polare della squadra, in un inizio reso ancor più difficile dalle difficoltà di un campionato in cui tutte le squadre sono in grado di avere il vento a favore e spingersi verso la vittoria andando contro ogni pronostico. Prima contro Pesaro e poi contro Trento, Sassari però ha dimostrato di aver compiuto un ulteriore passo verso la completa maturità. Perché è stata capace di far capire il proprio spirito agli avversari sin dalla palla a due. Dimostrando di poter essere aggressiva e di poter mettere una ipoteca sulla partita grazie alle proprie consapevolezze.
Coralità
La nuova assenza di Gerald Robinson, presente in Trentino ma tenuto precauzionalmente a riposo, ha richiesto un ulteriore sacrificio a tutto il gruppo. Che ha risposto con un primo tempo quasi perfetto dal punto di vista prima di tutto difensivo e poi offensivo. Precisa negli aiuti e fisica come richiesto da coach Bucchi e come la partita chiedeva in difesa, brava a sfruttare anche la zone-press, Sassari è riuscita spesso a correre il campo e a continuare a costruire tiri puliti dall’arco (53,8% finale, oltre il 70% nei primi due quarti). Bendzius e Kruslin sono stati quasi perfetti, ma non soli nella costruzione del primo vantaggio importante della gara. La risposta è arrivata da tutti. Stephens e Jones hanno lavorato in maniera più silenziosa ma cruciale, Dowe ha dimostrato di aver recuperato fiducia nel suo tiro e la panchina, da Gentile passando per un Chessa esemplare, ha lavorato tanto quanto il quintetto per regalare il 34-58 di metà gara. Lo spogliatoio, si sa, può essere nemico per le squadre in vantaggio. Trento nel terzo quarto ha prodotto il maggior sforzo possibile per tornare su. Flaccadori ha accelerato, la Dinamo ha traballato, complice l’infortunio di Jones, ma è rimasta sempre in piedi capendo di dover sfruttare maggiormente l’arma migliore in quel momento e cioè Ousmane Diop. Il centro senegalese ha giganteggiato tra terzo e ultimo quarto all’interno del pitturato avversario, risultando decisivo nel nuovo allungo sassarese firmato insieme a Dowe – freddo a cronometro fermo – Gentile e Bendzius. La chiave, dunque, è stata la capacità di leggere lucidamente la gara. Il riuscire a cambiare registro, oltre che resistere al rientro di Forray e compagni che avevano drasticamente aumentato la propria cattiveria agonistica. Non un elemento banale, così come non lo sono i sei giocatori in doppia cifra, e che dice tanto sul lavoro fatto da coach Bucchi nelle ultime settimane.
“Oggi è stata una partita giocata con tanto acume tattico e spirito di sacrificio quando c’era da resistere nei momenti difficili” ha affermato il tecnico dei sassaresi a fine gara. Elementi che sembrano essere necessari per il piano studiato per raggiungere i playoff. Obiettivo a cui la Dinamo non ha più paura di dire di voler arrivare, come chiarito in settimana dallo stesso Bucchi. La strada è lunga, ma la via imboccata può essere quella giusta. Le partite contro Brescia (12 febbraio) e Venezia (5 marzo) potranno dire ancora qualcosa in più. Ma ora i dubbi sono fugati: la Dinamo è squadra e a dirlo è il campo.
Matteo Cardia














