Un talento sbocciato presto ma con il bisogno di confrontarsi con un calcio diverso per crescere e tornare maturo. Dario Del Fabro, centrale di difesa classe 1995 cresciuto tra le fila del Cagliari, è uno dei volti più importanti del Cittadella che lotta per un piazzamento per i playoff di Serie B. È lui il giocatore isolano scelto per inaugurare il nuovo approfondimento di Sardi On The Road. Non solo il solito monitoraggio settimanale dei calciatori sardi che si dividono tra la penisola e i campionati esteri ma anche interviste ad alcuni protagonisti: il 24 marzo, nel giorno del suo ventisettesimo compleanno, Del Fabro ci ha parlato della sua esperienza in Veneto ma anche del proprio passato e del proprio futuro.
Iniziamo subito con le impressioni di questa nuova avventura con la maglia del Cittadella. Hai iniziato l’anno in Belgio, poi a gennaio sei arrivato in una squadra giovane e ambiziosa.
“Sono molto soddisfatto per come sta andando la stagione e spero che prosegua nel migliore dei modi. Ho iniziato la mia stagione in Belgio, dopo la scorsa annata in Olanda, in Eredivisie, ho deciso di continuare all’estero per migliorare sotto determinati aspetti tecnici e tattici. Ho scelto di andare in Belgio, un campionato molto fisico e tanto dinamico, con un’intensità molto alta. Conoscevo anche l’allenatore spagnolo Jordi Condom, quindi ho fatto questa scelta. I primi mesi sono stati ottimi anche perché ho sempre giocato e non ho avuto alcun problema. A gennaio però abbiamo cambiato allenatore, è arrivato un tecnico francese che comunque puntava su di me, ma a un certo punto il mio agente mi ha detto che c’era l’offerta del Cittadella e non ci ho pensato due volte. Perché comunque l’obiettivo era tornare nel mio Paese e di ritornarci da protagonista. Così ho deciso di prendere la palla al balzo e tornare in Italia. Per questo devo ringraziare il direttore Marchetti e il mister Gorini perché mi hanno voluto fortemente e sarò sempre grato per questa opportunità che mi hanno concesso“.
Ti sei ambientato in fretta alla difesa a quattro di Gorini, che tra l’altro è un ex difensore centrale proprio come te. C’è una particolare attenzione del tecnico per la difesa?
“Sì, mister Gorini è stato un difensore centrale che tra l’altro ha giocato a Cittadella e in altre squadre importanti. A noi difensori ci aiuta tantissimo, è maniacale nella cura della fase difensiva infatti lo si vede dalle statistiche perché il Cittadella è la miglior squadra in Serie B sia per clean sheet che per gol subiti. Siamo molto preparati ma poi come si sa è un lavoro di squadra, è un lavoro globale di tutto il gruppo se prendiamo pochi gol. L’allenatore però ci lavora tanto e a noi difensori centrali chiede tanta personalità e tante giocate aggressive in avanti per cercare di recuperare palla il più in alto possibile e ripartire“.
Ti sei ambientato molto bene ma non sei però ancora riuscito a segnare. Ti chiedo quindi, l’obiettivo è segnare il primo gol o continuare a tenere la porta inviolata?
“Sono entrambi due miei obiettivi naturalmente. Sono stato sfortunato all’inizio di stagione con il Cittadella perché ho avuto diverse occasioni per far gol, un palo, alcune parate e anche alcune mie imprecisioni. Sono dispiaciuto perché avrei già potuto avere due o tre gol in queste otto, nove partite. Sono stato sfortunato ma magari ho peccato anche io di lucidità sotto porta e devo migliorare sotto questo punto di vista“.
Il Cittadella ha anche affrontato il Cagliari in Coppa Italia, tu non c’eri ancora e la formazione era rimaneggiata. Però l’impressione è stata che nella vostra squadra ci siano tanti giocatori che devono ancora esprimere il proprio massimo potenziale come Baldini, Antonucci, Okwonkwo, Kastrati tra i pali. C’è ancora lo spazio per fare un passo in avanti e quindi raggiungere la Serie A?
“Questo è quello che tutti vogliono tutti quanti nell’ambiente Cittadella. Il nostro direttore sportivo non si è nascosto dietro un dito e ha detto che l’obiettivo è andare in Serie A. Sarebbe il chiudere un cerchio per una società che ha fatto negli ultimi anni delle cose importanti e cerca in maniera ossessiva questo sogno, perché sempre di un sogno si tratta viste le statistiche della società. L’obiettivo è quello di sognare in grande, la squadra è ricca di giocatori talentuosi che magari ora non sono maturi al 100% per fare quel salto di qualità ma la società è brava a scovare questi profili e a metterli poi a disposizione del mister. Io sono molto fiducioso perché oltre a essere un gruppo di calciatori forti a livello umano sono tutti dei bravi ragazzi, con tanta fame e voglia di arrivare lontano. Bisogna restare positivi, fare sempre più gruppo e otterremo ciò che vogliamo“.
Tornando alla tua carriera, ti abbiamo conosciuto da giovanissimo nel settore giovanili del Cagliari, poi Leeds, Kilmarnock, Ado Deen Hag, Seraing in Belgio. A ventisette anni hai già fatto tante avventure tra Italia ed estero. Come mai l’estero così giovane? Rifaresti tutte queste esperienze?
“Estero così giovane perché secondo me era la scelta migliore in quel momento della mia carriera. Avevo bisogno di crescere sotto tanti punti di vista e secondo me ogni tipo di campionato mi ha completato. È stata una sorta di formazione, come uno può andare all’università e fa i suoi anni di formazione io ho fatto così con il calcio. Ogni campionato estero mi ha dato qualcosa che in Italia, per un motivo o per un altro, non riuscivo a trovare. Ora che sono tornato in Italia mi sento molto più maturo e completo rispetto a quando ho cominciato con il Cagliari o nelle mie diverse esperienze in Serie B. Oggi sento un calciatore pronto e molto più maturo e voglio dire la mia in Italia.
Sei cresciuto in fretta nel vivaio del Cagliari. Hai esordito in Serie A a 17 anni, vivendo anche il cambio di proprietà. Speri di tornare al Cagliari un giorno?
“La Sardegna è la mia terra, tutta la mia famiglia e tutti miei amici sono lì. Sono cresciuto nel Cagliari, dire che non lo tifo o che non lo segua sarebbe delirante. Tutti i giocatori sardi sperano di tornare a vestire la maglia del Cagliari. La risposta è scontata“.
Quanto ti senti legato alle tue origini algheresi?
“Quando torno ad Alghero il primo posto in cui vado è Capo Caccia. Mi sento molto legato, torno sempre a fine stagione, c’è la mia famiglia e ci sono i miei amici, è casa mia. Non so parlare l’algherese ma lo ricordo bene quando da piccolo lo usavo con i miei nonni. La mia famiglia legata alla Dinamo Sassari? Sì, e prima di iniziare a giocare a calcio ero un bambino che vestiva la maglia della Dinamo. Poi però a un certo punto ho smesso per il calcio, i miei amici a scuola giocavano tutti a calcio e decisi di iniziare. Poi però ho dovuto fare una scelta e mi è andata bene“.
Se Dario Del Fabro ricevesse la chiamata della Natzionale Sarda per gli Europei di Nizza cosa direbbe?
“Come potrei non accettare? Ho saputo degli Europei di Nizza, qual ora avessi la disponibilità da parte della società e non ci fossero impegni con i playoff accetterei molto volentieri. Portare in alto il nome della Sardegna è una cosa molto bella e dà grande valore“.
Francesco Aresu