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Da abitudine a incertezza, la Dinamo Sassari e un tiro da tre da ritrovare

Filip Kruslin al tiro durante Dinamo Sassari-Pistoia | Foto Luigi Canu
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Sassari è stata per molto tempo la casa del run and gun. Correre e armare la mano dall’arco in transizione, oppure nei primi dieci secondi o poco più dell’azione con ritmi spesso forsennati. Ma negli ultimi tempi a questo si era aggiunto una pallacanestro più ragionata, ad aprire gli spazi delle difese schierate con tiri piedi per terra ben costruiti. Una filosofia che ha portato la Dinamo ad essere dodici volte su tredici tra le prime cinque migliori squadre per percentuale al tiro da tre, cinque volte prima nell’intera Serie A in regular season. Un’abitudine che si è però interrotta in un’ultima stagione complicata, ma ancora aperta al raggiungimento dell’obiettivo playoff malgrado le difficoltà.

Passo indietro

Sassari è per percentuale la penultima squadra nel tiro da tre in campionato: 32.8% quella fatta registrare finora, la peggiore in stagione regolare da quando i biancoblù calcano i parquet della Serie A. Il dato è ancora migliorabile, ma comunque già lontano da quello che era al momento il più negativo della storia sassarese, il 35.3% della prima annata nel campionato di vertice italiano. La dimostrazione di una stagione in cui il pallone è stato spesso sputato dal ferro dalla lunga distanza c’è stata anche a Trento, con la Dinamo che ha tirato con un 3 su 20 dall’arco condizionando il risultato finale. Anche perché non è riuscita a trovare quella spinta emotiva che una tripla in transizione o aperta a difesa schierata – come capitato nel momento del rientro nell’ultimo quarto con Charalampopoulos e Kruslin – può cambiare le sorti della gara. Eppure l’importanza nell’economia delle vittorie sassaresi del tiro dalla lunga distanza non è cambiata. Solo due volte su undici, nella gara di ritorno contro Venezia e in quella d’andata contro Brindisi, Sassari ha vinto facendo una registrare una percentuale minore rispetto a quella media nelle conclusioni dai 6.75 realizzate. Sassari per caratteristiche, ma anche per adattarsi al cambiamento della realtà, ha trovato altre vie per il proprio attacco, dato dimostrato dall’essere la squadra che ha meno tentativi totali dall’arco, appena 529. Ma probabilmente il rendimento che ci si aspettava era differente e per un finale di stagione migliore in cui si giocherà l’accesso ai playoff servirà subito ritrovare quella fiducia espressa nelle ultime settimane, resa chiara dalle percentuali con Bologna e Brescia (chiuse con rispettivamente con il 54.2% e 40% come dati finali) e possibile anche grazie a un gioco più in equilibrio tra istinto e idee dettate dal lavoro settimanale.

Assenze

Chiaro che sulle prestazioni sassaresi da tre, e sulle scelte offensive, pesi l’assenza di un giocatore come Eimantas Bendzius, la cui presenza garantiva un apporto decisivo sia in termini di punti personali che per il maggiore spazio per i compagni dato dalle difese avversarie preoccupate dal tiratore di Klaipéda. Il lituano la scorsa stagione aveva chiuso dodicesimo in tutto il torneo con il 42.4% da tre, l’anno precedente era stato il terzo miglior tiratore del torneo con il 45% (2.8 di tiri da tre segnati a gara su poco più di 6 tentati). Ma è anche probabile che Sassari si aspettasse continuità da Kruslin47.5% nel 2022-23 – e da Charalampopoulos che nella scorsa annata era stato il secondo miglior tiratore della Serie A ma vive in questa stagione un rapporto ondivago con la retina influenzato spesso dai primi possessi giocati. L’arrivo di Jefferson ha cambiato qualcosa in meglio. Non solo in regia, visto che la presenza di un play-guardia con le idee più chiare ha permesso di avere idee più chiare, maggior fluidità, e di far esprimere meglio Cappelletti. Ma anche in quel tiro da tre in cui Jefferson viaggia con il 42.8% (ottavo in Serie A), l’unico con più di due bombe segnate ogni 40’. L’infortunio patito con Trento preoccupa anche per questo. La Dinamo aspetta fiduciosa gli approfondimenti clinici dell’ultimo lunedì di marzo, con la speranza di non aver perso quel tipo di giocatore che può creare dal palleggio e prendersi responsabilità, come dimostrato dai tiri della buonanotte a fil di sirena contro Bologna e Brescia. E per riprendere così il filo con quell’abitudine che fa parte della storia biancoblù.

Matteo Cardia

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