A volte essere il più piccolo in campo ti aiuta a guardare il canestro da un’altra prospettiva. Ti educa a capire l’importanza dei limiti, prima ancora di farti imparare in fretta come superarli e costringerti a portene di nuovi un passo dopo l’altro. La storia di Marco Spissu passa da consapevolezze costruite nel tempo, da gradini saliti uno alla volta per finire a guardare oltre le braccia del lungo avversario di turno e dei pregiudizi altrui. E l’Europeo giocato con la maglia azzurra è la conferma di una crescita maturata nel tempo.
Formato Europeo
Dopo la brevissima parentesi negativa di Malaga, Spissu nella passata stagione aveva visto comunque aprirsi le porte dell’Eurolega, fronte Unics Kazan. Squadra ambiziosa, concorrenza importante tra i piccoli dove figuravano giocatori di livello come il trascinatore della Spagna Lorenzo Brown. Un inizio in salita, con ancora qualcuno che da lontano dubitava sulla capacità di stare in campo in una competizione dove la fisicità è di casa. Poi, invece, qualcosa è cambiato. Con il lavoro in settimana e una durezza mentale che hanno consegnato un giocatore pronto per entrare dalla panchina a dare una mano importante alla squadra, dall’arco e in regia, come quando contro il Real Madrid di Sergio Llull il classe ‘95 ha fatto registrare 9 assist. Poi la guerra in Ucraina ha bloccato un’altra volta tutto, con un’annata che è cominciata a sembrare quasi maledetta. Ma dopo la scelta di restare in Russia per onorare il contratto sottoscritto è arrivato il momento di tornare in Nazionale, dove nel frattempo era arrivato l’uomo capace di credere in lui più di tutti, Gianmarco Pozzecco.
Il rapporto
In fondo Pozzecco lo ha sempre detto che come Spissu di giocatori non ne vedeva tanti in giro. Già quando con la maglia della Dinamo Sassari aveva deciso di affidargli definitivamente le chiavi della regia sassarese, condivisa nell’anno della finale scudetto con Venezia con Jaime Smith. In Azzurro i dubbi sono stati pochi. E dell’uomo con la zero sulle spalle “il Poz” ha deciso di non farne mai a meno. Mai un passo indietro, Spissu sempre in quintetto base tra qualificazioni al Mondiale, tornei di preparazione e infine agli Europei. Accomunati dal ruolo e forse da quella follia data dal talento che è presente, anche se meno vistosa, tra i polpastrelli e la testa del play sassarese, la fiducia tra le parti non è mai mancata. Anche se all’inizio del torneo l’ex Dinamo è rimasto dietro le quinte, almeno dal punto di vista realizzativo. Regia attenta e pronta sì, ma non una grande aggressività offensiva, nel tentativo di essere più collante che protagonista nelle statistiche. Poi però a Berlino l’aria è cambiata e ancora una volta un segnale di Pozzecco è bastato per accendere la miccia, per ricordarsi di essere capace di andare oltre quei limiti posti stavolta anche dal traguardo in palio. L’espulsione contro la Serbia di coach Pozzecco è il momento che forse Jokic e compagni ricorderanno di più. Perché è da lì che la partita di Spissu è cambiata, con un bacio al proprio allenatore dal sapore di vendetta. Cinque triple in meno di due quarti, 22 punti complessivi al termine dei quaranta minuti e una sfacciataggine da giocatore ormai affermato su alti livelli. Un lasciarsi andare al momento e alle proprie convinzioni confermato anche dalla gara con la Francia, poi persa solo dopo un supplementare. Cercato dai compagni, marcato con tanta pressione sul perimetro dai francesi, il sassarese ha risposto presente con lucidità, finendo per ingaggiare un duello con Huertel che negli ultimi due quarti ha acceso la partita. Ventuno i punti finali, non abbastanza per accedere alle semifinali insieme a un gruppo che ha emozionato appassionati e non solo ma sufficienti per confermare che tanti sul suo conto si sbagliavano.
Dalla stanzetta al palazzetto di Bari, nella sua prima esperienza lontano dalla sua Sassari, fino al ritorno al PalaSerradimigni da protagonista dopo aver conquistato i tifosi della Virtus Bologna. Marco Spissu è arrivato in alto a poco a poco, rispettando ma non temendo le sfide, anche nei momenti più complessi. Noi eravamo certi della sua crescita e che l’Europa sarebbe potuta diventare il suo campo, e a nostro modo negli Oscar di Centotrentuno lo abbiamo voluto testimoniare con il premio “Erasmus” finito tra le sue mani. Ora, dopo il riposo, ci sarà la nuova avventura targata Venezia. Un ritorno in Italia diverso, da atteso protagonista. Una nuova veste in cui calarsi, una nuova sfida da affrontare. Un passo alla volta, ma consapevole di un peso diverso delle proprie orme nella storia del basket sardo.
Matteo Cardia