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Come cambierà il Cagliari con Semplici in panchina?

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Arezzo, Pisa, Firenze, Ferrara e infine Cagliari. Dopo la provincia, le giovanili viola, il miracolo con la Spal, ecco per Leonardo Semplici una sfida dal doppio volto. Occasione, perché la piazza rossoblù è la più importante della sua carriera. Arma a doppio taglio, perché l’impresa alla quale è chiamato è molto complicata.

Compattezza – Semplici arriva in Sardegna per cercare di salvare una squadra in piena crisi di risultati e non solo. Rimettere in sesto il gruppo, in campo come soprattutto fuori dal campo. Non che ci siano notizie di frizioni, ma una rosa che per livello tecnico dovrebbe avere ben altra posizione non può essere al massimo della forma mentale con una classifica così deficitaria. Compattezza sarà la parola d’ordine, sia psicologica che tattica. Perché Semplici ne ha fatto un’etichetta della sua Spal, una squadra capace di fare il doppio salto dalla C alla A e poi ottenere prima una salvezza all’ultima giornata, poi un tredicesimo posto sorprendente. Il terzo anno è arrivato l’esonero, ma oltre che per via della fine anche fisiologica di un ciclo, la ragione va ricercata in una squadra che aveva perso diversi elementi chiave sul mercato. Ora Semplici trova a Cagliari una rosa di livello, un mix di esperti e giovani, una rosa che però non vince dal 7 novembre e che nelle ultime dieci giornate ha raccolto la bellezza di un solo punto. Tre gare in sette giorni, tre sfide sulla carta abbordabili non fosse per quanto accaduto negli ultimi mesi. Compattezza da ottenere durante la settimana, compattezza che è lo stile di gioco del tecnico fiorentino.

Chiavi – Difesa a tre, nessuna forzatura nella costruzione dell’azione, esterni di corsa che spingono e mettono palloni in mezzo per le punte e per le mezzali pronte a inserirsi. Il calcio di Semplici non cerca invenzioni, se si vuole non è moderno, ma basato su principi classici e senza lasciare troppo spazio alla poesia. Se c’è da lanciare un pallone avanti e attaccare la seconda palla non si ha paura di farlo, ma l’idea di massima è quella di far partire la giocata dal mediano, liberare linee di passaggio con il movimento delle mezzali e della seconda punta di movimento, andare al cross con la spinta degli esterni del centrocampo a cinque. Gioco verticale, squadra corta e compatta, movimenti scolastici ma efficaci. Normalità, quella che serve in questo momento a un Cagliari che con Di Francesco alla guida ha cambiato troppo e troppo spesso, non dando una linea chiara, alla ricerca di un equilibrio quasi mai trovato.

Undici – La rosa uscita dal mercato di gennaio, tra i numerosi centrali di difesa e un Radja Nainggolan al centro, appare un abito quasi ideale per il 3-5-2 di Semplici. Giovani e meno giovani, lui che prima della Spal ha allenato la Primavera della Fiorentina (Babacar, Bernardeschi, un giovanissimo Chiesa tra gli altri) non dovrebbe aver timore di lavorare con questo tipo di mix. Descritto come un padre dai modi fermi, ma bonari, un fratello maggiore, quello che ci vuole in questo frangente per una squadra in crisi d’identità e che soffre la sindrome degli ultimi minuti. Zona Cesarini che è diventata quasi la zona Cagliari, ma al contrario. Un undici titolare da modellare sul suo credo calcistico, a partire dal trio difensivo che tolto Bonifazi è sempre stato composto da giocatori esperti in quel di Ferrara. Godín, Ceppitelli e Rugani come Vicari, Cionek e Felipe, questa probabilmente l’idea di massima. Il treno di destra affidato a Zappa, il nuovo Lazzari o almeno così spera il tecnico, con l’ipotesi Nahitan Nández come alternativa di corsa e cross. Sul lato opposto Lykogiannis non ha le caratteristiche del Fares del secondo anno spallino, non sarebbe strano vedere su quella fascia Riccardo Sottil, in attesa che Asamoah entri a regime e sperando che non sia un’attesa vana. In mezzo al campo manca un regista di ruolo, quello che a Ferrara era Schiattarella o nel primo anno Viviani, anche se il secondo giocava più da mediano che da metronomo. Che possa essere Radja Nainggolan il centro di gravità? Le mezzali di corsa e inserimento in area potrebbero essere così Nández – sempre che non venga rimpiazzato da Duncan in caso di spostamento sulla fascia destra – e Marin, libero di giocare più in verticale e non come da regista centrale, ruolo che ha dimostrato non essere nelle sue corde. Davanti invece lotta serrata con Joao Pedro classico punto fermo a fare da raccordo alla Antenucci, pur se con caratteristiche abbastanza diverse. A giocare da terminale o Simeone – il Paloschi della prima salvezza con la Spal – o uno tra Pavoletti e Cerri – il Petagna del tredicesimo posto. L’attaccante scuola Parma tra l’altro è l’unico della rosa ad aver giocato con Semplici allenatore, non tanto in quei dieci giorni in A prima che Di Biagio subentrasse al nuovo tecnico rossoblù, quanto l’anno della promozione dalla serie cadetta quando Cerri disputò 15 gare, per lo più spezzoni, segnando un solo gol.

Sicuramente il Cagliari di Semplici punterà poco sulla pressione alta e molto sulla compattezza dietro la linea della palla, fatta esclusione per le due punte. Solo in caso di palla persa nella trequarti avversaria si dovrebbe provare l’aggressione immediata, punto forte della sua Spal in fase di non possesso. Il 3-5-2 pronto a trasformarsi in un 5-4-1 soprattutto contro squadre di alto livello, sarà importante in questo aspetto il lavoro di esterni e seconda punta che diventano rispettivamente terzini e centrocampista in aiuto. La gestione del possesso avversario dovrebbe tendere alla chiusura delle linee di passaggio, cercando di spingere il gioco verso una zona circoscritta per poi aggredire con più uomini, senza però sfilacciarsi. Un calcio che chiede sì sacrificio, ma senza l’eccesso di vedere il Simeone del caso giostrare quasi da terzino e perdersi al momento della conclusione a causa della stanchezza. Compattezza, recupero palla e transizione rapida verso esterni e attaccanti pronti ad attaccare lo spazio non da troppo lontano. Il Cagliari punterà su questi aspetti, ma oltre la tattica sarà la mentalità a fare la differenza tra il compimento dell’impresa e un mesto ritorno in Serie B.

Matteo Zizola

 
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